Dentro l’inquadratura torna dieci anni dopo
È un libro che ha avuto grande successo ma che, più di questo, contiene molto di me e di come interpreto la fotografia. Il primo e più urgente motivo per rivederlo e aggiornarlo è che il mio precedente editore, nell’abbandonare il mondo della fotografia, lo aveva mandato fuori catalogo. Dentro l’inquadratura è un libro importante, per me e per molti altri. È parte del mio lascito e non volevo che scomparisse. Credo che continui ad avere rilevanza anche oggi.
Al momento di decidere una ripubblicazione, abbiamo deciso che i dieci anni dalla prima edizione fossero una buona occasione per festeggiare e applicare qualche rifinitura. La stragrande maggioranza dei libri pubblicati non hanno neanche una ristampa, men che meno ne hanno continuamente per oltre dieci anni. È un pensiero che ti rende umile.
Fotografare è questione di emozioni
In fotografia sono molte le cose alle quali reagiamo con le emozioni. Rispondiamo al colore e al movimento, all’energia e alle idee, persino ai ricordi e alla nostalgia. Luci e composizione, la scelta dell’attimo, del punto di scatto o dell’obiettivo, tutte queste scelte possono generare una risposta emotiva. In quanto fotografi, sta a noi esserne consapevoli. Le nostre scelte formano il nostro linguaggio fotografico.
Una delle cose migliori che può fare un fotografo è comprendere come gli altri fotografi abbiano compiuto scelte simili nelle loro immagini. Quando guardiamo una fotografia, dobbiamo essere consapevoli dei sentimenti che proviamo verso essa e perché. Quali scelte del fotografo hanno suscitato la nostra risposta, e come possiamo fare per usare decisioni simili per ottenere la stessa risposta nelle nostre fotografie? Il punto è che queste emozioni dobbiamo averle sentite e questo è ciò che amo della fotografia: mi rende più vivo.
Raggiungere il perfetto equilibrio tra tecnica e sentimento, emozione e inquadratura, pratica e visione
Credo che sia come per la musica. Ti applichi a suonare uno strumento. Padroneggi scale e accordi. Ma è con il cuore che impari a suonare. Con l’anima. La passione. Impari a suonare le canzoni che ami, magari inizi a scriverti le tue canzoni. Non è una questione di equilibrio per me, bensì di fare la prima cosa per poter arrivare alla seconda. Quanto è difficile? Occorre una vita. Quindi è una buona cosa amare la fotografia come amiamo la vita. Come per qualunque altra espressione artistica, passeremo le nostre vite a esplorare la nostra visione che cambia con l’aiuto delle nostre capacità in continua crescita.
Che cosa i viaggi mi hanno insegnato sulla fotografia
Viaggiare mi ha insegnato più sul mondo e sull’umanità che sulla fotografia, ma ho imparato a non avere presupposti ed essere sempre aperto. Ho appreso che il lavoro del fotografo non consiste nel premere un pulsante, ma nell’essere prima di tutto percettivo e attento. Ho imparato a rallentare e a prendermi il giusto tempo, e anche che spesso le capacità delle persone contano più delle capacità tecniche.
Il fotografo non è mai un soggetto neutrale
Quello che cerco di realizzare con la mia fotografia è una interpretazione ed è questo il mio soggetto, non persone o luoghi. Semmai scatto fotografie che riguardano le mie esperienze e i miei pensieri riguardo persone, luoghi eccetera. Conosciamo già l’aspetto del mondo; invece siamo a corto di poeti che lo sappiano interpretare. Nel mio cuore voglio essére un poeta. Un partecipante e non un osservatore. E desidero che la mia fotografia contenga tanto di me quanto delle cose che fotografo.
Istinto e pratica nella fotografia creativa
Sulla base di quanto mi ha insegnato l’esperienza e di quello che ho visto dentro di me, ritengo che di istinto in fotografia ce ne sia pochissimo. Dopo anni di esercizio, di lavoro con gli strumenti, di sessioni di scatti, le cose potrebbero iniziare a sembrare istintive. Tuttavia i fotografi usano un linguaggio loro e la fotocamera non è un oggetto naturale. Per imparare servono rischi e sbagli e tempo, prima di capire come funziona la fotocamera e in particolare come funziona al meglio per noi. In questo non c’è alcunché di istintivo ma, se lo affronti con l’intenzione di imparare, può cominciare a sembrarlo.
Il fotografo cileno Sergio Larrain ha parlato di quando la fotografia può essere sentita come un momento così meditativo, così intuitivo da diventare uno stato di grazia. A chiunque piacerebbe. È una cosa che arriva con il tempo, man mano che impariamo e la conoscenza passa dall’applicazione conscia a quella inconscia. La padronanza è il prodotto della concentrazione applicata nel tempo.
Voglio esprimere un intento, più che una visione
Ho usato molto spesso la parola visione per indicare l’obiettivo ultimo del mio lavoro, ma ultimamente preferisco invece adoperare la parola intento. Niente è cambiato. È solo che visione, applicata alla fotografia, è una metafora e le metafore si prestano al fraintendimento. Inoltre l’ho usata talmente tante volte da cominciare a chiedermi a posteriori che cosa avessi veramente inteso dire in prima battuta. Intento può chiarire meglio il concetto.
Le parole usate contano comunque fino a un certo punto. Voglio solo che i fotografi siano più consapevoli di quello che desiderano e di dove vogliono arrivare, invece di fare quello che fanno tutti. Voglio che i fotografi abbiano la libertà di mettere se stessi nelle proprie fotografie. Li voglio consci che la loro opinione in una fotografia è una ricchezza e non un problema. Voglio sentirli chiedere perché prima di chiedere come.
Che cosa dobbiamo lasciare indietro se vogliamo perseguire il nostro intento
Dobbiamo spere abbandonare le convenzioni e le regole che non ci servono. L’intento, o visione che sia, non è qualcosa che un giorno scopriamo e da lì smettiamo di preoccuparcene. Cambiamo. Cresciamo. Succede anche all’intento. Per questo dobbiamo smettere di pensare al “dovere” fare questo o quello ed essere aperti all’esplorazione di nuove idee e nuove tecniche. Dobbiamo lasciare dietro di noi la paura di sbagliare e, se non fosse possibile, il modo in cui questa paura ci frena nel provare una cosa nuova. Più di tutto, dobbiamo dimenticare la preoccupazione di ciò che penserà la gente delle nostre fotografie. È così che riusciremo a esplorare ed esprimere il nostro intento.
La fotografia può migliorare il mondo. E i fotografi
Più viaggio, più vedo un mondo molto complicato, abitato da persone complicate. Possiamo fare del bene con le nostre fotocamere? Assolutamente sì, a noi stessi e agli altri. La fotografia mi ha dato modo di essere più vivo in questo mondo. Di rendere la vita nel mondo, se non il mondo in sé, un’esperienza più profonda e vitale. Di vedere di più, più in profondità e con maggiore compassione. Di essere più paziente. Di vedere le cose da angolazioni differenti. Di prendermi meno sul serio. Sento che queste cose ci avvicinano alle persone che vogliamo diventare, ci rendono più capaci di stare in questo mondo e fare il bene più che il male. Spero che sia così.
L'autore
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