Lo scorso 27 giugno avevamo segnalato che le conclusioni dell’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia UE in una causa in materia di digitalizzazione dei libri da parte delle biblioteche facevano presagire una nuova sentenza rivoluzionaria in materia di copyright. La sentenza è arrivata nei giorni scorsi (formalmente è stata resa pubblica l’11 settembre) e ha effettivamente confermato le aspettative.
Nella causa, identificata dal codice C-117/13, si fronteggiano la Technische Universität di Darmstadt (Germania) e la casa editrice tedesca Eugen Ulmer KG, sostanzialmente sull’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 3, lettera n della direttiva 2001/29/CE (sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione): ovvero la norma dedicata alla famigerate eccezioni e limitazioni al diritto d’autore e nello specifico ai casi in cui quando l’utilizzo di un’opera abbia come scopo la comunicazione o la messa a disposizione, a singoli individui, a scopo di ricerca o di attività privata di studio, su terminali dedicati situati nei locali delle biblioteche.
La massima che si estrae dal comunicato divulgato dall’ufficio stampa della Corte è dunque la seguente:
uno Stato Membro dell’UE può, entro certi limiti e sotto certe condizioni, incluso il pagamento di un equo compenso al titolare dei diritti, consentire che gli utenti di una biblioteca stampino su carta o estraggano su pennette USB i libri digitalizzati dalla biblioteca stessa.
In sostanza è un’autorizzazione (anche se condizionata) per le biblioteche a procedere ad un’opera di digitalizzazione dei libri presenti nei loro cataloghi senza l’obbligo di richiedere un preventivo consenso ai titolari dei diritti. Questo almeno a livello di principio giurisprudenziale sovranazionale.
Resta però il prerequisito fondamentale dell’esistenza di una legislazione particolarmente favorevole nell’implementazione a livello nazionale delle norme sulle eccezioni e limitazioni. In altre parole, la Corte di Giustizia dice che secondo il testo della direttiva quello spiraglio è potenzialmente aperto; tuttavia dice anche che spetta ai legislatori dei singoli stati dell’UE dettare le norme per renderlo effettivamente aperto.
L’Italia non sembra essere tra questi, dato che ha scelto a suo tempo di recepire i principi sulle eccezioni e limitazioni con un approccio abbastanza conservatore e restrittivo (si vedano gli articoli da 65 a 71 decies della legge 633/1941); dunque è consigliabile frenare precoci entusiasmi.
Certo è che questa sentenza è un forte segnale e in generale conferma una tendenza abbastanza costante da parte della massima fonte di giurisprudenza europea verso una reintepretazione e rivisitazione dei principi generali del diritto d’autore in un’ottica più liberale e progressista.
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