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Vecchio continente, nuove biblioteche

27 Giugno 2014

Vecchio continente, nuove biblioteche

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L'Avvocato Generale è favorevole alla possibilità di digitalizzare i libri custoditi e offrire la possibilità di stampe parziali.

La Corte di Giustizia UE ci sta abituando a decisioni di indubbio peso che vanno nella direzione di una irrinunciabile presa di coscienza sulla inadeguatezza dei criteri tradizionali del copyright rispetto al mondo digitale.
Dopo la sentenza sulla libertà di link di qualche mese fa e dopo quella più recente sulla portata del copyright nell’ambito della semplice attività di navigazione web, siamo in attesa di una sentenza che potrebbe aprire la strada ad un’altra interpretazione innovativa, questa volta in merito alla digitalizzazione dei libri da parte delle biblioteche. Attualmente disponiamo solo delle conclusioni dell’Avvocato Generale (presentate formalmente il 5 giugno e disponibili in originale francese e in varie traduzioni), che non sono ancora la sentenza vera e propria ma lasciano ben sperare in un altro rivoluzionario precedente giurisprudenziale.
Come sintetizza Guido Scorza, se la Corte dovesse accogliere tali conclusioni (come solitamente avviene),

le biblioteche potranno digitalizzare i libri che hanno in catalogo e porli a disposizione degli utenti, in versione digitale, attraverso appositi terminali, consentendo, peraltro, a questi ultimi di stamparne copie negli stessi limiti ed alle stesse condizioni, nel rispetto dei quali, è già possibile fotocopiare le edizioni cartacee.

Un’interpretazione che non solo inciderebbe ancora una volta sui confini del copyright, ma avrebbe l’effetto collaterale di dare il via libera a tutta una serie di servizi che le biblioteche più innovative potrebbero offrire ai loro utenti. Inoltre verrebbe riconosciuto anche dal punto di vista giuridico il nuovo ruolo che le biblioteche 2.0 stanno assumendo in questi ultimi anni. Lo segnala efficacemente anche Nicola Cavalli in un suo recente libro con riflessioni vari sulla transizione da editoria cartacea a editoria digitale. E a chi provocatoriamente si chiede se in un futuro mondo di libri totalmente digitali le biblioteche come luogo fisico avranno ancora un senso, risponde:

Probabilmente le biblioteche continueranno ad avere senso se il fulcro dell’utilizzo dello spazio non sarà più solo quello di immagazzinare volumi e di darli a prestito, ma se diventeranno dei punti di incontro e socializzazione attorno ai libri (cartacei o elettronici che siano). Intanto un ruolo che sicuramente avranno sempre più sarà quello di centri per la negoziazione dei diritti di accesso e di utilizzo del materiale digitale.

D’altronde è proprio questo che bisogna ormai metabolizzare: il copyright, inteso nel suo senso originario ed etimologico di diritto di fare copie, sta lasciando il passo ad un diritto di accesso, sempre più centrale in un mondo in cui l’idea di copia in sé risulta superata. Lo dimostra anche il successo di Oyster, l’ultima frontiera della distribuzione online di ebook, che appunto applica ai libri digitali il modello usato da Spotify e Netflix per musica e film.
E se qualcuno è comunque affezionato alle biblioteche vecchio stampo, con gli scaffali e l’odore di carta, può sempre prendere esempio da un condominio milanese che ha adibito la vecchia e inutilizzata portineria a biblioteca condominiale. Una bella iniziativa che si spera possa essere replicata altrove al più presto e grazie alla quale potranno trovare una sistemazione molti libri che le famiglie, spesso per banali ragioni di spazio, non possono più tenere.
Il testo di questo articolo è sotto licenza Creative Commons Attribution – Share Alike 4.0.

L'autore

  • Simone Aliprandi
    Simone Aliprandi è un avvocato che si occupa di consulenza, ricerca e formazione nel campo del diritto d’autore e più in generale del diritto dell’ICT. Responsabile del progetto copyleft-italia.it, è membro del network Array e collabora come docente con alcuni istituti universitari. Ha pubblicato articoli e libri sul mondo delle tecnologie open e della cultura libera, rilasciando tutte le sue opere con licenze di tipo copyleft.

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