Di che cosa parliamo
- Chi sono le Search Personas
- Come fare esperimenti sulle campagne
- Come verificare l’andamento di una campagna
- Quali metriche normalmente ignorate conviene analizzare
- Come lavorare con segmenti di pubblico combinati
Chi sono le Search Personas
Dopo aver definito gli obiettivi di una campagna, il passo successivo riguarda i destinatari, il vero centro di gravità di ogni attività di comunicazione e pubblicità. Un prodotto o un servizio viene pensato per rispondere alle esigenze o ai desideri di persone che hanno in comune alcune caratteristiche e necessità: questo pubblico può essere più o meno circoscritto, ma in nessun caso un prodotto o un servizio può soddisfare la totalità delle persone esistenti. Per questa ragione logica e per altre di natura più pratica che vedremo in seguito, riflettere su una campagna di Search Marketing significa proprio partire dalla definizione del profilo di cliente-tipo, ovvero le Personas.
Le Personas sono la descrizione più o meno narrativa delle persone di cui ci interessa l’attenzione. Per definirle, suggerisco di partire da alcune domande, il cui ordine e la cui importanza variano a seconda di che cosa vogliamo promuovere.
- Chi è il destinatario del messaggio?
- Uomo o donna?
- Che età ha?
- Dove abita?
- Quali sono i suoi valori di riferimento?
- Che stile di vita ha?
- Si informa? Quali sono le sue fonti?
- Il suo interesse per il nostro prodotto/servizio è concentrato solo in alcuni periodi o stagioni o, viceversa, non vi è una reale stagionalità?
- Cosa gli preme, cosa lo spinge ad acquistare quel prodotto/servizio?
- Quali promesse attende e a quali leve commerciali farà caso?
- Che cosa, invece, può creare attrito?
- Da quali alternative commerciali può essere distratto?
Tra le tante declinazioni possibili delle Personas (User Personas, Buyer Personas eccetera), qui privilegiamo quella di Search Personas per far cadere l’accento sul principale ambiente d’incontro di una campagna di Search Marketing: i motori di ricerca.
Search Personas: una definizione
Le Search Personas sono utenti caratterizzati da un comune stato mentale proattivo, ossia che volontariamente si mettono alla ricerca di informazioni. Il loro comune atteggiamento è propenso al confronto tra diverse soluzioni che sono tutte a distanza di un clic, e quindi anche attento ai dettagli, già a partire dagli annunci che trovano.
Queste componenti sono comuni a tutte le Search Personas e dobbiamo tenerne conto perché hanno risvolti operativi importanti, dalla selezione delle parole chiave fino alla creazione delle landing page (pagine di atterraggio), passando per gli annunci.
Il concetto di Search Personas è in uso almeno da un decennio, ed è tipicamente più legato agli ambienti SEO che nel corso del tempo hanno prodotto diversi articoli, soprattutto in area anglosassone.
Anche Google, ovviamente, ha prodotto un bel po’ di letteratura in merito a cosa vogliono le persone quando usano i motori di ricerca: già molto prima dello studio sul messy middle, Google aveva prodotto per esempio uno studio sui Micro-Moments in cui spiega che quando le persone usano un motore di ricerca sono mosse da un’intenzione che possiamo catalogare in uno di questi quattro micro-momenti:
- Voler capire meglio un tema
- Andare in qualche posto
- Trovare informazioni per svolgere un qualcosa
- Acquistare
Questa classificazione è importante, perché Google crea le SERP (Search Engine Results Page) sulla base di quello che ritiene essere la nostra intenzione dominante.
Esempio: se Google ritiene che siamo alla ricerca solo di un’informazione veloce ci fornirà il dato che cerchiamo direttamente in SERP. In base ai Search Intent mostrerà alcune tipologie di contenuti anziché altre, ma non solo: riordinerà anche il menu di navigazione. Se infatti ritiene che il nostro Search Intent è più legato all’attualità, accanto alla voce Tutti (i risultati) metterà la voce Notizie; se invece il Search Intent è più legato agli spostamenti, accanto a Tutti metterà Maps.
Questa prospettiva – cercare di capire il Search Intent per erogare il contenuto che soddisfi l’esigenza che ha generato la sessione di ricerca – è molto importante per diversi aspetti: ci aiuta a capire che tipologia di contenuti (testuali, immagini, video, audio eccetera) potrebbe essere più aderente alle aspettative. Ci consente anche di porci in ascolto di quelle che sono le esigenze che si nascondono dietro una ricerca, favorendo la produzione di contenuti che siano utili.
Come fare a stabilire il Search Intent di una ricerca? Non è un compito facile: tuttavia, proprio da come Google costruisce le SERP possiamo farci un’idea. Dai contenuti che propone, e come li propone, possiamo intuire infatti come Google stia categorizzando quella ricerca, o almeno l’intenzione prevalente che Google ha identificato. Osservando le immagini possiamo notare una prevalenza di risultati sulle mappe, oppure una presenza frequente di video o di immagini,e così via. Per analisi che riguardano numerose ricerche, la sola osservazione diretta delle SERP che ci interessano non è un approccio economicamente sostenibile. Esistono numerosi tool (Sixtrix, per esempio, ma anche SEMRush) che raccolgono informazioni in questa direzione – sebbene debbano comunque essere soppesate e valutate – e rendono così il processo più scalabile.
Le varie query possono rientrare in più intenti di ricerca, e non si tratta di un errore: ogni ricerca può sottendere a diverse intenzioni. C’è quindi un bel po’ di lavoro di interpretazione da fare.
Quando si lavora sulle Search Personas occorre considerare anche altre domande specifiche: il profilo target quanto ne sa del prodotto/servizio da promuovere? È informato? Se sì, come si informa, oltre che tramite ricerche su Google? È un esperto? Le risposte a queste domande hanno un legame strettissimo con una delle operazioni più delicate da fare con Google Ads: la selezione delle parole chiave e la selezione della Rete Display.
Come fare esperimenti sulle campagne
Quando ci troviamo in una situazione in cui abbiamo campagne su cui abbiamo già lavorato e che funzionano, fare nuove ipotesi di lavoro non è semplice, perché nessuno ha realmente voglia di smontare qualcosa che funziona a dovere per il semplice dubbio che costruita in altra maniera quella campagna potrebbe lavorare meglio.
Google però ci dà uno strumento il cui funzionamento tecnico è semplice, ma che tuttavia ha enormi potenzialità: sono gli esperimenti sulle campagne, che possiamo usare per la rete di ricerca e la Rete Display (quindi non per le campagne Shopping, le campagne discovery e YouTube).
Da un punto di vista logico, questa funzione si comporta in maniera analoga agli A/B test: in sostanza cloniamo una campagna, cambiamo le impostazioni che ci interessa testare (come per esempio due strategie di offerta differenti) e mettiamo la variante in concorrenza con la campagna originale decidendo la quota budget da utilizzare. Se per esempio decidiamo di usare il 50% del budget della campagna originale (qui sotto in figura), le due campagne gireranno in contemporanea, e il sistema le attiverà alternativamente.
Parto dal budget proprio perché è un elemento rassicurante: stiamo lavorando su una campagna che funziona e giustamente non la vogliamo mettere in pausa. Con la condivisione del budget e la sua gestione in base alle percentuali che abbiamo stabilito, siamo certi che la campagna originale continuerà a girare, mentre la variante avrà solo lo spazio che noi abbiamo deciso.
C’è un aspetto tecnico di cui tener conto: se durante l’esperimento apportiamo modifiche alla campagna originale, esse non saranno trasferite alla variante. Questa è un’altra ragione che mi fa suggerire di adottare lo strumento degli esperimenti sulle campagne solo su attività di cui abbiamo già aggiustato i problemi più evidenti: se mentre stiamo svolgendo un esperimento continuiamo a modificare la campagna originale, rischiamo di non sapere quale azione sta producendo risultati.
Ci sono altre caratteristiche importanti da sapere prima di adottare questo strumento:
- non possiamo mettere in pausa un esperimento;
- non possiamo riattivare un esperimento concluso;
- possiamo condurre un esperimento alla volta su una singola campagna;
- dopo aver lanciato l’esperimento non possiamo modificare la percentuale della quota budget.
Una volta visti i pro e i contro di questo strumento, vediamo alcune best practice ed esperimenti più frequenti.
Diverse strategie di offerta: è il genere di test che uso generosamente. Stiamo lavorando con il CPC manuale e ci interessa produrre più traffico? Possiamo impostare un esperimento che metta a confronto CPC manuale e Massimizza i clic, per esempio. Se siamo invece in una fase più matura, possiamo confrontare i risultati di una campagna Massimizza le conversioni con quelli di una che ha come strategia di offerta CPA target. E, per esempio, per le campagne che lavorano su termini legati al brand: meglio Massimizza impressioni o un’altra strategia di offerta? Tutte le volte che abbiamo dei dubbi su quale sia la strategia di offerta migliore possiamo ricorrere agli esperimenti.
Nella prossima figura vediamo un esperimento sulla strategia di offerta. Nello specifico, si tratta di una campagna che lavora su termini Brand, quindi rivolta a persone che stanno cercando proprio quell’azienda.
La campagna originale ha come strategia di offerta il Massimizza impressioni (quota target: 90%). Si potrebbe pensare che coprire la quasi totalità delle impressioni per le chiavi legate al brand ci permetta di non perdere neanche un’occasione, soprattutto quando lavoriamo su keyword così precise come i termini Brand. Tuttavia, a questa campagna viene affiancato un esperimento, che lavora invece con la strategia Massimizza i clic: la macchina lavora per ottenere il massimo dei clic con il budget a disposizione.
Quindi, ricapitolando: entrambe le campagne lavorano su termini Brand (quindi ricerche effettuate da chi sta pensando proprio a noi), ma una punta ad avere il massimo delle impressioni, l’altra il massimo dei clic. Si potrebbe pensare che alla fine non ci sarà una grande differenza di risultato: se ottengo il massimo delle impressioni (e quindi il massimo della visibilità) dovrei avere anche il massimo dei clic possibili, e quindi risultati analoghi. Ma così non è. Non solo le due campagne generano un numero diverso di conversioni – anche se per ora la differenza non è così marcata – ma generano risultati in termini di valore conversione/costo (ROAS) che sono uno il doppio dell’altro.
Se anche in un contesto molto circoscritto è sufficiente cambiare la strategia di offerta per ottenere risultati così differenti tra loro, cosa potrebbe accadere per campagne più delicate, che lavorano su molte più keyword e che hanno una concorrenza più spietata? Ecco: a volte farsi venire dei dubbi, e verificarli, è un gesto che può cambiare le sorti di una campagna.
Targeting per pubblico: cosa succede se aggiungiamo o togliamo delle Audience a una campagna (o anche se usiamo segmenti di pubblico differenti)? I risultati migliorano o peggiorano? Facciamo un esperimento.
Le Audience sono un aspetto molto importante – e a mio avviso stanno diventando più importanti delle keyword – tanto quanto la strategia di offerta, quindi ha senso dedicargli un’attenzione particolare. Nella prossima figura vediamo i risultati di un test in cui volevo verificare se per quella specifica campagna su rete di ricerca, che stava andando piuttosto male, riuscivo a migliorare le performance aggiungendo segmenti di pubblico in osservazione.
Quindi, senza cambiare nulla se non appunto aggiungendo nella variante i segmenti in osservazione, ho effettuato un esperimento. I risultati parlano chiaramente: il valore conversione/costo è triplicato.
In altri casi potremmo voler fare esperimenti mettendo a confronto Audience costruite in maniera diversa, per esempio una che si basa sui segmenti in-market e una sua variante che invece lavora su segmenti personalizzati. Ci sono poi anche altri esperimenti che possiamo ipotizzare, come quelli elencati di seguito.
- Aggiustamenti delle offerte per dispositivo: nel corso del tempo abbiamo scoperto che con alcuni dispositivi abbiamo metriche con risultati al di sotto delle aspettative? Possiamo fare ulteriori valutazioni creando una variante con aggiustamenti di offerta per dispositivo diversi dall’originale, per vedere cosa cambia e come cambia.
- Pianificazione degli annunci: abbiamo notato che ci sono risultati diversi a seconda del giorno/ora di pubblicazione? Possiamo aggiustare le offerte (o proprio non pubblicare annunci nei giorni meno proficui), ma se vogliamo un approccio più morbido ricorriamo ai test.
- Esperimenti su annunci, sitelink, callout e altre estensioni di annuncio.
- Esperimenti sulla landing page.
Queste sono solo alcune delle opzioni più usate, ma possono essercene molte altre: già a questo livello e limitandosi alla lista di esperimenti che ho suggerito, tuttavia, considerando le variabili il numero di test possibili è davvero alto. Consiglio quindi di prepararsi una roadmap, segnandosi tutti gli esperimenti che potremmo fare, ma di riordinare la lista in base ad alcuni criteri. Ne segnalo alcuni.
- Fare esperimenti solo su quegli aspetti che hanno un impatto significativo sul business. Dato che possiamo condurre un solo esperimento per campagna, facciamo in modo di testare gli aspetti che potrebbero cambiare davvero i risultati.
- Ridurre il numero di variabili su cui lavorare. Se decidiamo che per una campagna ha senso testare le strategie di offerta, ci concentreremo solo su quelle. Se invece modificassimo tutto insieme (strategia di offerta, targeting, orari di pubblicazione ecc.), non sapremmo più quale variabile ha inciso di più. Nel caso ci fossero più aspetti che vogliamo indagare, dovremo procedere con test su ognuno di essi nel corso del tempo.
- Dare il tempo necessario alla macchina. Ogni esperimento ha bisogno di accumulare dati e di tempo (circa 14 giorni,ma possono volercene anche 28).Se abbiamo dubbi sulla durata complessiva dell’esperimento, non impostiamo una data di fine, ma lasciamo girare la variante finché non abbiamo dati a sufficienza.
- Privilegiare i test su campagne ad alto traffico. Questo punto si lega al precedente: fare esperimenti su una campagna di nicchia che genera poche impressioni potrebbe portare a un esperimento quasi permanente, perché non riesce a macinare dati quanto dovrebbe.
In sintesi: fare esperimenti con Google Ads è operativamente piuttosto semplice. La difficoltà è organizzare la sequenza di test.
Come verificare l’andamento di una campagna
Queste sono in sintesi le domande fondamentali che dobbiamo porci.
- Le campagne hanno raggiunto un numero ragionevole di impressioni?
- Per la rete di ricerca ci sono keyword con punteggi di qualità inferiori alla sufficienza piena (7/10)?
- Sono state usate parole chiave a corrispondenza inversa?
- Possiamo migliorare le valutazioni sulla pertinenza dell’annuncio?
- Stiamo portando avanti A/B test sugli annunci? Rispettano i requisiti minimi per essere considerati validi?
- Grazie a questi test, stiamo migliorando il CTR?
- Una volta aggiustati i punti precedenti, notiamo casi in cui la valutazione sulla pagina di destinazione è sotto la media?
- La frequenza di rimbalzo di queste pagine è analoga per tutte le campagne?
- Come cambiano le cose in base al dispositivo?
- Rispetto alle altre fonti di traffico la frequenza di rimbalzo è analoga?
- Possiamo migliorare questa valutazione con interventi lievi?
- Per la landing page ci sono problemi legati al caricamento delle pagine?
- Per le campagne con Google Shopping abbiamo risolto eventuali problemi legati al feed?
- Abbiamo creato campagne focalizzate su gruppi di prodotti, come per esempio sui prodotti più venduti nell’ultimo periodo?
- Sulla Rete Display possiamo selezionare le fonti di traffico in base al CTR?
- Abbiamo escluso i posizionamenti fuori target?
- Ci sono singoli posizionamenti che stanno abbassando il CTR complessivo e non sono nemmeno troppo in target?
- Come va il CTR delle nostre campagne rispetto a quello della concorrenza?
- Analogamente al CTR,ci sono posizionamenti che hanno una frequenza di rimbalzo molto al di sopra della media?
- Per YouTube: i nostri video vengono visualizzati? In che percentuale? Ottengono segnali sociali interessanti? Ci sono segmenti di targeting che hanno risultati migliori rispetto agli altri per gli obiettivi prefissati?
Qualità del traffico
- Abbiamo abbastanza traffico da Google Ads per cominciare a valutarne la qualità?
- È passato un tempo ragionevole dall’inizio delle campagne? I tempi alla conversione storici ci aiutano a definire un arco temporale minimo?
- Le campagne, i gruppi di annunci, le keyword e i singoli posizionamenti: come contribuiscono per il raggiungimento degli obiettivi?
- Sono utili in fase di scoperta del sito?
- Sono più rilevanti in fase conclusiva del funnel di acquisizione clienti?
- Sono importanti, invece, perché assistono altri canali con conversioni indirette o generando micro-conversioni rilevanti?
- Oltre al numero complessivo e al ruolo nel Customer Journey, possiamo fare valutazioni più specifiche osservando altre metriche, per esempio il CPA?
- Abbiamo liberato del budget?
- Ci sono campagne che non stanno esprimendo il massimo potenziale possibile proprio a causa del budget?
- Possiamo quindi impiegare meglio le risorse?
Costi a risultato
- Abbiamo raggiunto un numero di conversioni molto alto (per esempio nell’ordine di centinaia o migliaia)?
- Dopo le fonti di traffico, possiamo ottimizzare osservando altre metriche?
- Riusciamo a individuarne alcune che ancora non abbiamo analizzato in profondità?
- I giorni della settimana in cui pubblichiamo i nostri annunci incidono in termini di conversioni?
- Ci sono regioni/città che sono più strategiche di altre?
- I dispositivi utilizzati dalle persone incidono sulle performance?
- Possiamo segmentare il pubblico in base all’età, al sesso o alle loro combinazioni?
- Possiamo parcellizzare le nostre campagne al punto da far lavorare i gruppi di annunci su segmenti di pubblico estremamente definiti?
Quali metriche normalmente ignorate conviene analizzare
Ci sono metriche che spesso non si analizzano. Ciò che suggerisco di fare è osservare almeno le statistiche relative a:
- giorni/orari di pubblicazione;
- località;
- dispositivi;
- età;
- sesso.
Si tratta di una lista che riporto come spunto operativo ma che sarà da adattare alle esigenze del progetto. Per ognuna di queste categorie di dati analizziamo le metriche che ci interessano (CPA, valore transazione media, numero preventivi richiesti eccetera): il senso di questi approfondimenti è capire se ci sono ulteriori margini di miglioramento. Vediamo, per esempio, come incidono i giorni di pubblicazione (nella figura che segue).
In questo caso rileviamo come il fine settimana abbia risultati decisamente peggiori rispetto agli altri giorni, in termini di entrate complessive ma anche e soprattutto in termini di costi rispetto al valore generato. Facendo due rapidi calcoli emerge che a quei due giorni è attribuito il 5% delle entrate totali, ma che il loro costo è pari all’11% del totale speso. Inoltre, il ROAS (nell’immagine: Valore tutte le conv./costo) è decisamente basso. In base a questi dati possiamo prendere alcune decisioni, come per esempio:
- sospendere la pubblicazione nei giorni meno convenienti;
- sdoppiare le campagne:una che lavora solo nei giorni migliori (con budget dedicato) e l’altra nel fine settimana;
- impostare un esperimento: l’originale gira normalmente, mentre sulla variante abbassiamo l’offerta nei giorni peggiori.
Con la prima soluzione significa che siamo piuttosto certi che i dati sono solidi, e siamo quindi persuasi che le campagne avranno risultati peggiori durante il fine settimana anche in futuro. Le altre due opzioni che ho suggerito, invece, sono approcci meno drastici, che lasciano spazio ad altre ipotesi che potremo sviluppare effettuando test.
Un’altra variabile su cui lavorare è la pubblicazione su base geografica (nella prossima figura).
In questo caso ci soffermiamo sulle regioni, ma potremmo fare le stesse identiche considerazioni a livello di città. In situazioni simili, ovvero quando abbiamo risultati così diversi da regione a regione, la valutazione può essere complessa: in alcune zone potremmo andare peggio perché soffriamo di più la concorrenza, oppure perché il prodotto o servizio che promuoviamo non è conosciuto come in altri luoghi, e per ulteriori motivi che potremmo non vedere con le analytics. Come possiamo regolarci? La premessa conduce a una risposta scomoda: dipende. A seconda del contesto e soprattutto delle esigenze del progetto potremmo prendere decisioni differenti.
Possiamo valutare se fare interventi ispirati dalla prudenza, come creare una campagna che lavora sulle località più redditizie e un’altra su quelle che per adesso lo sono meno: in questa maniera mettiamo al sicuro ciò che funziona per condurre esperimenti e test specifici su ciò che lavora peggio (le performance sono più basse per tutti i prodotti? Ce ne sono alcuni che invece lavorano bene?), oltre al fatto che possiamo gestire il budget in maniera più oculata. Oppure possiamo valutare se invece tenere tutto insieme, ma aggiustando le offerte sulle singole località in base alla resa. Questi due approcci sono utili quando non possiamo porre limiti geografici troppo stringenti perché ciò andrebbe in conflitto con gli obiettivi aziendali.
E infine, l’ipotesi più drastica, e che richiede una visione lucida di ciò che stiamo facendo: concentrarsi solo sulle località che danno risultati migliori; potrebbe essere una decisione utile quando abbiamo risorse limitate e un gran bisogno di monetizzare nel breve periodo.
In alternativa, è possibile rivolgere l’attenzione su Personas e dati demografici. Possiamo fare anche operazioni più sofisticate e verificare se le nostre ipotesi sulle Personas erano giuste oppure no, o fare altre riflessioni a cavallo tra la strategia e l’operatività. Nella figura sottostante vediamo i dati combinati di età e sesso.A partire da qui,possiamo prendere un po’ di decisioni, per esempio:
- eliminare le combinazioni sesso+età che non hanno prodotto risultati;
- creare campagne focalizzate sulle combinazioni migliori, valutando, tramite Google Analytics, quali sono i prodotti più acquistati da questi segmenti per creare un set di sitelink pertinente e soprattutto efficace.
Oltre a queste opzioni, possiamo anche decidere di dare l’avvio a nuove ipotesi strategiche. Osserviamo la prossima figura, dove sono riportati i segmenti che hanno i risultati migliori in base alle metriche scelte. Sono rappresentate tutte le fasce d’età e per ognuna di esse possiamo fare riflessioni diverse, dopo aver approfondito i vari percorsi di navigazione sul sito e tutti gli altri dati che ci servono per capire se hanno comportamenti diversi tra loro oppure no. Pur usando le stesse keyword (o qualsiasi altra fonte di ingresso sia stata selezionata come efficace per questa campagna) potremmo creare quindi quattro gruppi di annunci diversi, ognuno dei quali lavora su un segmento altamente profilato.
Come lavorare con segmenti di pubblico combinati
I segmenti di pubblico combinati sono una tipologia di segmenti versatile: li possiamo utilizzare nelle campagne Display,ma anche sulla rete di ricerca e suYouTube.Sono versatili anche perché sono utili sia per avvicinarsi a persone che non conoscono la nostra azienda, sia per fare operazioni di remarketing più articolate di quelle base.
Inoltre, come i segmenti personalizzati, anche i segmenti combinati sono uno strumento che ci consente di creare Audience definite interamente dai criteri che abbiamo scelto, quindi potenzialmente anche più precise di quelle standard offerte da Google; mi riferisco per esempio ai segmenti di affinità o quelli in-market.
Quando usarli?
I limiti sono gli stessi degli altri segmenti di pubblico: se si tratta di segmenti per il remarketing, per poterli utilizzare sulla rete di ricerca o su YouTube devono essere popolati da più di 1.000 utenti, mentre sulla Rete Display da almeno 100 utenti. Se invece combiniamo segmenti in-market, di affinità o personalizzati, possiamo usarli fin da subito, a patto però di non creare un segmento troppo piccolo per essere usato.
Come possiamo costruire i segmenti combinati? La logica è creare segmenti che rispondano a due o più criteri contemporaneamente, per avere Audience più definite. Poniamo di avere un segmento di persone che hanno visto un nostro video su YouTube e poi un altro segmento che ha visto una determinata pagina sul sito (nella prossima figura): con i segmenti combinati possiamo creare un’Audience che comprenda solo chi ha visto il video ma ha anche visitato la pagina (nella figura dopo). Otteniamo quindi una nuova Audience composta da segmenti che soddisfano entrambi i criteri.
Possiamo creare segmenti combinati utilizzando le varie Audience presenti nella prossima figura: ci sono i segmenti basati su dati demografici dettagliati, dove possiamo definire la nostra Audience anche in base al livello di istruzione, allo stato civile o allo stato parentale.
Ci sono poi i segmenti di affinità, tramite i quali definiamo la nostra Audience in base a passioni, abitudini e interessi, e i segmenti in-market, ovvero persone che stanno cercando una categoria di prodotti o servizi o hanno un comportamento che Google interpreta come un interesse verso di essi. Ci sono naturalmente anche i segmenti di remarketing e quelli personalizzati, che abbiamo già visto in precedenza. A livello operativo possiamo creare un segmento combinato utilizzando due o più segmenti tra quelli che abbiamo appena visto. Non c’è un limite al numero di criteri che possiamo utilizzare.
I segmenti combinati lavorano in base a due regole: OR e AND (nella figura seguente). Con OR diciamo a Google che due tipologie di segmenti per noi sono equivalenti. In questo caso stiamo ampliando la Audience potenziale. Con la funzione AND, invece, si restringe il campo, quindi Google mostrerà gli annunci solo alle persone che corrispondono a entrambi i segmenti. Esempio: immaginiamo di promuovere un parco avventura, uno di quei luoghi fantastici dove si possono fare percorsi nella natura, e che per questo progetto si voglia puntare soprattutto su famiglie con bambini e ragazzi. In questo caso, selezioneremo dai dati demografici dettagliati genitori con figli di età specifiche. Per rendere ancora più precisa la nostra Audience, possiamo restringere il campo aggiungendo come affinità personalizzata appassionati di attività ricreative all’aperto.
Possiamo infine escludere da questa Audience determinati segmenti, per esempio chi ha già visitato il sito o si è registrato, ricorrendo all’opzione Escludi segmenti di pubblico (NOT).E la funzione OR? Se aggiungiamo per esempio un secondo criterio di affinità, noi diciamo a Google che ognuno di questi segmenti a noi va bene: Google quindi mostrerà gli annunci a persone che amano le attività all’aperto o che sono appassionate di uno stile di vita ecologico (funzione OR) ma solo se sono genitori di bambini e ragazzi di una certa età (funzione AND).
Come già accennato, gli elenchi combinati possono essere molto utili anche creando combinazioni di segmenti di remarketing: immaginiamo di voler promuovere un e-commerce di prodotti per il giardinaggio e di avere, tra i tantissimi prodotti in catalogo, fertilizzanti per la crescita delle piante, fertilizzanti per la fioritura, e terriccio, e ognuno di questi tre prodotti ha una pagina dedicata (come si deve qui).
- Poniamo che quell’azienda voglia spingere la vendita di questi tre prodotti e che crei quindi un’offerta dedicata a chi li acquista tutti e tre insieme. Abbiamo tre elenchi di remarketing composti da persone che hanno visto i tre prodotti singolarmente:grazie agli elenchi combinati possiamo creare un ulteriore segmento che li tenga insieme, ovvero un segmento combinato che va a lavorare solo sulle persone che hanno visto tutti e tre i prodotti. In questa maniera abbiamo un segmento preciso su cui possiamo costruire una comunicazione specifica, sia a livello di annuncio, dove si fa riferimento all’offerta, sia con una landing dedicata.
- Questo è solo un esempio, e lo possiamo declinare in diverse maniere: possiamo infatti creare anche un elenco combinato composto da persone che hanno visto due di questi prodotti e invogliarlo all’acquisto del bundle con i tre prodotti a un’offerta conveniente, oppure usare altri approcci. Il senso dei segmenti combinati è lo stesso: ridefinire un’Audience per poter costruire una comunicazione più precisa e più efficace. Già con questi esempi è chiaro che le combinazioni possibili sono infinite e altrettanto lo sono le possibili applicazioni. Riassumendo:
- i segmenti combinati sono molto utili quando i segmenti preconfezionati da Google, come i segmenti in-market o quelli di affinità, sono troppo ampi o generici rispetto alle Personas che abbiamo in mente;
- usando con criterio le funzioni OR e AND possiamo ridefinire le nostre Audience;
- i segmenti combinati, infine, possono essere utili anche sulla rete di ricerca, soprattutto per keyword che da sole non inquadrano in maniera precisa le Personas che abbiamo in mente.
Questo articolo richiama contenuti da Google Ads.
Immagine di apertura di Joshua Earle su Unsplash.