Se qualcuno di voi lettori compirà gli anni in queste settimane di pausa estiva dovrà stare attento alle possibili novità legate all’utilizzo della tradizionale canzoncina Happy birthday to you, da noi diventata Tanti auguri a te.
In effetti qualcosa potrebbe cambiare a livello dei diritti di tutela sulla brano musicale proprio in queste settimane estive per effetto di un’attesa sentenza che finalmente dovrebbe sgombrare ogni dubbio sullo status di copyright dell’opera.
Ma facciamo un passo indietro: di fatto non si è mai capito bene se davvero ci fossero ancora limiti di copyright su un brano popolare e datato come quello o se in realtà il tutto fosse riconducibile ad una leggenda metropolitana. Ebbene sì, c’è qualcuno (per la precisione la casa editrice Warner/Chappell) che grazie ad uno strano giro di cessioni di diritti in esclusiva può tuttora vantare delle privative su quel brano e dichiara di poterle sfruttare fino al 2030.
Poi per fortuna ci sono il fair use, il fair dealing, le cosiddette libere utilizzazioni (e direi anche il buon senso) a far sì che non si debba proprio pagare la SIAE per ogni festa di compleanno in cui dei bimbi cantano quel brano. Ma se vogliamo utilizzarla a livelli – diciamo – più professionali, i titolari dei diritti non abbassano molto la guardia. Ad esempio, secondo il documentario The Corporation, Warner/Chappell chiede circa 10 mila dollari per lasciar utilizzare il brano in un film.
Che poi questi diritti siano vantati legittimamente non è ancora del tutto assodato. È uno di quei casi in cui non ha ragione chi ha ragione, ma ha ragione chi ha la voce più alta e gli avvocati più agguerriti e più pronti a mandare lettere di diffida.
Una situazione abbastanza surreale su cui molti hanno fatto sarcasmo, come ad esempio i nostri Elio e le storie tese con la loro Al mercato di Bonn e con la versione al contrario cantata da Rocco Tanica; per i palati più raffinati consiglio anche la versione jazz di Checco Zalone. Su Vimeo si trova un interessante video con varie versioni alternative del brano, inventate negli anni per non pagare diritti.
Forse però, come anticipavo poco sopra, è arrivato il momento della verità. Finalmente dovrebbe arrivare la decisione della class action avviata nel 2013 di fronte alla Federal Court for the Southern District of New York su iniziativa della filmmaker Jennifer Nelson.
Penso che si stia costituendo un importante precedente sia per questa canzone, sia per altre che vengono considerate sotto copyright e che invece non lo sono.
È la dichiarazione di Randall S. Newman, avvocato della Nelson. Secondo i suoi calcoli infatti la melodia e il testo dovrebbero essere già pienamente in pubblico dominio dal 1921: ben 109 anni prima della scadenza sbandierata da Warner/Chappell. Non ci resta che attendere il verdetto. Magari ascoltando Marilyn.
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