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Scherzi da swatter

28 Marzo 2013

Scherzi da swatter

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Guai a indagare sui crimini informatici sbagliati: si rischia di ritrovarsi le forze speciali davanti a casa e non per protezione.

Gli americani ci fregano con la loro lingua. Lo ribadiva Francesco Guccini quando parlava della differenza tra effettuare una tirata unica da Omaha a Tucson piuttosto che una analoga da Piumazzo a Sant’Anna Pelago.

Capita infatti che chiunque annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti susciti allarme presso l’Autorità, sia punito con l’arresto fino a sei mesi o l’ammenda fino a 516 euro. Una classica contravvenzione, rubricata sotto il titolo di procurato allarme.

Ora immaginate di trasportare lo stesso comportamento negli Stati Uniti. Guadalupe Santana Martinez è stata probabilmente la prima swatter condannata per aver causato l’intervento della celeberrima SWAT. Si parla di 30 mesi di carcere e quasi 25 mila dollari di danni.

Vero è che Martinez aveva causato oltre 250 interventi e per farlo aveva messo in piedi una vera e propria organizzazione criminale.

Lo swatting è un’attività piuttosto in voga negli Stati Uniti, normalmente messa in atto camuffando la provenienza delle chiamate in modo da trarre in inganno chi risponde e fargli pensare che la chiamata provenga davvero dalla vittima. Molte celebrità sono state vittime di questa pratica. Nel caso di Ashton Kutcher il responsabile si è rivelato un dodicenne. Non sempre è facile catturare i responsabili che spesso la fanno franca.

Brian Krebs è stato ultimamente vittima di questa pratica, con effetti spettacolari e inquietanti da lui stesso descritti:

Ho udito gridare “Non muoverti e alza le mani!”. Con la coda dell’occhio ho visto un agente al riparo di un’auto di servizio, con le braccia tese e una pistola puntata su di me. Nel girare con estrema lentezza la testa verso sinistra ho notato un’altra mezza dozzina di auto, con i lampeggianti accesi e altri agenti con armi puntate nella mia direzione, tra le quali un fucile semiautomatico e uno a pompa. Mi hanno ordinato di guardare verso la casa e camminare all’indietro verso il parcheggio, dove mi hanno ammanettato.

Da notare come l’eventualità fosse temuta e la polizia fosse stata invano informata da oltre sei mesi. Brian Krebs è infatti uno dei più apprezzati giornalisti investigativi in tema di sicurezza online. Dopo aver pubblicato un articolo relativo a ssndob.ru (sito specializzato nella vendita di informazioni personali), ha subito la poco amichevole visita della SWAT e contemporaneamente un attacco di Distributed Denial of Service sul suo sito. Il racconto in prima persona, così come quello della sua successiva investigazione, vale il tempo di una attenta lettura e di una riflessione sugli effettivi confini tra il mondo digitale e quello reale.

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