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Olive, fritti e pecore per l’energia del futuro

21 Aprile 2006

Olive, fritti e pecore per l’energia del futuro

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Nella ricerca di fonti integrative, assumono inaspettata rilevanza le risorse biologiche. Nicchie improbabili, che messe insieme fanno un'alternativa

Una facile profezia: il futuro delle fonti energetiche alternative sarà dominato, a breve/medio termine, da soluzioni di nicchia. Di rivoluzioni non se ne vedono, all´orizzonte prossimo. La fusione nucleare calda, progetto pesantissimo, solo tra parecchi anni potrà vedere dimostrata o smentita la sua fattibilità con le tecnologie attuali, e ci vorrebbero comunque decenni per renderla una applicazione industriale. Quella fredda, nelle sue varie incarnazioni, è ancora tutta da verificare (specialmente la fusione indotta da onde sonore, detta sonoluminescenza).

Il tanto decantato idrogeno in realtà è più un modo di trasportare energia che non di produrla: per ottenere l´idrogeno bisogna infatti impiegare elettricità proveniente da qualche altra fonte (e la maggior parte dell´idrogeno prodotto oggi si ottiene scomponendo il petrolio, quindi…). Il solare richiede ancora innovazioni tecnologiche che ne abbassino il prezzo e forti interventi pubblici per incentivarne l´uso diffuso, l´eolico deve fare i conti con l´incostanza di Eolo e il fatto che, come si progetta di impiantare uno di questi frullatori verdi, insorgono associazioni locali ed ecologiche che ne denunciano l´insostenibile impatto ambientale.

Morale: per cambiare scenario, dovremo sempre più affidarci a piccole invenzioni, interventi di piccola scala che però, un due percento di qui, un qualche percento di là, tutti insieme potrebbero migliorare non di poco la nostra situazione. Dell´erba dell´elefante abbiamo già parlato, e sempre sul fonte erbaceo va segnalato un rinnovato interesse per la produzione di alcool da fonti vegetali, da miscelare alla benzina. Ma altre fonti biologiche stanno facendo la loro comparsa, ben intenzionate a guadagnarsi la loro fettina di mercato.

In Spagna fritto di pesce e noccioli d´olive

La Spagna è in questo campo piuttosto attiva: sul fronte automobilistico è già da tempo disponibile una specie di biodiesel, dove un 90% di gasolio tradizionale è accompagnato da un 10% di olio da frittura usato (materia abbondantemente disponibile nel paese iberico, uno dei principali consumatori di pesce del mondo). Sul fronte residenziale viene valorizzata invece un´altra risorsa tipica del paese, ovvero l´olivo. Cultura tradizionale e molto diffusa, è uno dei pilastri dell´economia spagnola (la Spagna è il primo produttore mondiale). Normale quindi che l´occhio dei ricercatori si sia appuntato su questa realtà e sui suoi sottoprodotti: per esempio, i noccioli delle olive, residuo della produzione oleicola e scarto di produzione delle onnipresenti tapas.

A questa materia prima è stata accoppiata una delle tecnologie più antiche: quella della stufa a legna. Di grandi dimensioni. Già oltre 300 case (per un totale di qualche migliaio di appartamenti, quasi tutti a Madrid) sono infatti oggi riscaldate con un impianto centrale composto da una grande stufa alimentata da noccioli di olivo (e/o da residui della lavorazione di mandorle o dai semini dell´uva, altro scarto abbondantemente disponibile in un paese dalla vocazione vinicola sempre più accentuata). Il sistema – traduzione per uso domestico di impianti di generazione di calore a uso industriale – sta funzionando bene e, grazie anche alle recenti impennate del petrolio, sta facendo risparmiare un 30% circa sulla bolletta del riscaldamento agli inquilini che vanno a olive.

Alle automobili ci pensano le mucche giapponesi

Mentre la soluzione olive-based appare applicabile per il riscaldamento domestico o la produzione di elettricità in piccoli impianti, sembra poco pratico pensare di adottare questa fonte integrativa di energia per il trasporto, a meno di tornare a veicoli a vapore (potenziale di mercato scarso, anche considerato il limitato appeal in termini di status sociale rispetto a chi predilige quelle specie di camion da varie tonnellate chiamati Suv, dai consumi irragionevoli in situazioni in cui una auto più leggera, sicura, veloce, piccola e parca nei consumi renderebbe molto meglio).

All´aiuto degli automobilisti stanno però arrivando gli scienziati giapponesi che avrebbero trovato modo di ottenere benzina da prodotti di origine assolutamente naturale, anche se la notizia è da prendere con le pinze. Molti di noi, infatti, ricordano ancora il caso della Petrol Dragon, che prometteva di estrarre petrolio dai rifiuti tossici ed ha invece lasciato aree inquinate, debiti e residui micidiali che solo complesse e costosissime operazioni di bonifica hanno potuto sanare (senza che si sia vista una goccia di petrolio). I Giapponesi non prevedono invece di utilizzare rifiuti tossici, ma materie prime naturali: infatti, che cosa c´è di più naturale delle deiezioni bovine? Sgradevoli forse, per chi non ha abitato in campagna, ma con un alto potenziale energetico. Aggiungendo un particolare e segretissimo catalizzatore, gli scienziati del Sol Levante sono riusciti a ottenere circa un litro e mezzo di benzina partendo da un centinaio di chilogrammi di sottoprodotto bovino. Ipotizzando che la produzione bovina nel paese orientale venisse integralmente impiegata in raffineria, si potrebbe arrivare a un massimo di 6-7 milioni di litri di benzina l´anno, una goccia nel mare, ma pur sempre una soluzione interessante per il trattamento degli scarti dell´industria dell´allevamento e una fonte addizionale di profitti per gli allevatori.

Prima però di rallegrarsi, resta tutto da valutare il costo del processo di produzione e il potenziale inquinante dei futuri impianti di produzione. Quanto al potenziale inquinante del combustibile in sé, non posso non pensare all´impiego, come additivo, di un prodotto simile a quello impiegato in certi bus inglesi per ridurre l´emissione degli ossidi d´azoto, ricavato da sotto prodotti metabolici delle pecore. Il futuro dell´energia, nel nostro mondo industriale, rischia sempre di più di passare per il mondo animale e vegetale, applicando l´antico paradigma della saggezza contadina: come per il maiale, qui per sopravvivere non si butterà via più niente.

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