È una vittoria giuridica importante per Microsoft: la Corte d’appello di un tribunale federale americano gli ha dato ragione nel processo per violazione di brevetti software intentato dalla società Eolas. I giudici, infatti, hanno confermato che il brevetto di Eolas n° 5.838.906 (detto brevetto 906), riguardante i plug-in relativi alla visualizzazione delle pagine Web, non è valido.
La questione giuridica si trascina ormai da diverso tempo ed è stata più volte oggetto di articoli su questo sito. Tutto è incominciato nel 1999, quando Eolas ha deciso di rivendicare la paternità dei plug-in, dopo avere depositato un brevetto presso l’ufficio competente americano (US Patent Trademark Office, USPTO). La società ha quindi citato in giudizio Microsoft, con l’accusa di utilizzare illegittimamente questa tecnologia nel suo browser Internet Explorer.
In primo grado, nell’agosto 2003, Microsoft era stata condannata a pagare un’ammenda di 521 milioni di dollari. Un giudizio molto pesante, che rischiava di arrecare un serio danno alla comunità Internet in generale.
Infatti, le questioni legate al “caso Eolas” superano gli interessi di Microsoft e avrebbero potuto, in caso di condanna definitiva della software house, influire pesantemente sulla navigazione in Internet. Cosciente del problema, il W3C (il consorzio che definisce gli standard tecnologici del Web) ha richiesto, all’Ufficio Americano dei Brevetti, un riesame in merito alla validità del brevetto 906.
A sostegno della richiesta, il W3C ha addotto “prove di anteriorità” che mettono in evidenza, a suo parere, l’invalidità del brevetto. In una e-mail trasmessa all’amministrazione americana, Tim Berners-Lee (inventore del Web e direttore del W3C) si mostrava determinato “a sradicare (riesaminando il brevetto 906) un ostacolo ingiusto al funzionamento regolare del Web”.
L’istanza è stata accolta dall’USPTO, che ha dichiarato l’invalidità del brevetto, ammettendo di non avere correttamente verificato se una tecnologia di questo tipo esistesse già prima del deposito del brevetto da parte di Eolas.
È questa stessa argomentazione che ha permesso alla Corte d’appello di accogliere l’impugnazione di Microsoft. In particolare, è stato constatato che i lavori di Pei-yuan Wei, artista e informatico all’origine del browser Viola, includevano già il concetto di software addizionali ben prima del deposito del brevetto controverso.
Questa sentenza è di sollievo non soltanto per Microsoft, ma anche per la maggior parte degli sviluppatori di browser Web, che potevano a loro volta temere azioni giudiziarie da parte di Eolas, in caso di conferma del giudizio di prima istanza.