L’Italia si gioca nelle prossime settimane una delle ultimissime chance per prendere il treno, con il resto dell’Europa, verso il futuro della tecnologia. Quello fatto di reti velocissime, da 100 Megabit in su, e molto più affidabili dell’Adsl. Reti basate su fibra ottica nelle case. Ma è anche il futuro dove il digitale sarà pienamente diffuso, penetrerà nella pubblica amministrazione, nelle strade. Nell’agenda della politica e del potere.
Governo e Agcom
Sono due i tavoli più importanti dove si decidono le sorti di questo scenario, per l’Italia. Quello del governo – dove c’è un continuo rimpallo tra ministeri per la caccia alle risorse per il digitale (Sviluppo Economico, Economia, Innovazione) – e quello dell’Autorità garante delle comunicazioni. Su entrambi è il momento delle decisioni fondamentali. Agcom deciderà nei prossimi giorni (forse già il 3 febbraio) se autorizzare la tanto promessa offerta 100 Megabit di Telecom. I motivi del ritardo sono complessi e sono uno specchio dei problemi profondi del mercato italiano, cioè la mancanza di sinergie tra concorrenti e tra pubblico e privato.
Gli operatori alternativi stanno protestando con forza, in questi giorni, perché dicono di non essere in grado di replicare alla futura offerta Telecom. E la colpa, sostengono, è l’assenza di un’offerta all’ingrosso adeguata (quella con cui poter utilizzare la nuova rete in fibra Telecom per lanciare i propri servizi ai clienti). Un’offerta all’ingrosso già c’è, ma secondo i concorrenti, a causa delle sue caratteristiche porterebbe a connessioni in fibra molto costose (circa 67 euro al mese all’utente) e lente (con banda garantita di appena 200 Kbps).
Corsi e ricorsi
Bel dilemma per Agcom. Se autorizza subito, di certo i concorrenti farebbero ricorso al Tar del Lazio e probabilmente otterrebbero lo stop dell’offerta Telecom (come già accaduto, in circostanze analoghe, con Alice 20 Megabit nel 2006). Se chiede a Telecom di fare un’offerta all’ingrosso adeguata, rimanderebbe di altri mesi il lancio di quella al dettaglio (se ne riparlerebbe probabilmente in estate o in autunno). Ma il problema è anche più profondo rispetto a questa bega. Il disaccordo tra le parti è sintomatico perché dimostra la loro incapacità di fare sinergia, che è la sola condizione per dotare l’Italia di una rete di nuova generazione estesa. Il piano di Telecom è limitato: coprire il 50% della popolazione nel 2018 (sempre che mantengano la promessa: non sarebbe la prima che mancano, riguardo alla nuova rete). Già l’Italia sta perdendo posizioni nel mondo, da pioniera che era, per le connessioni in fibra, come rilevato di recente da Ftth Council.
Il salto tra essere coperti da fibra o solo da Adsl nei prossimi anni si rivelerà enorme, nella misura in cui i nuovi servizi banda larghissima penetreranno nella società. Ma come sarà possibile che ciò avvenga in Italia, se solo il 50% della popolazione (nella migliore delle ipotesi) sarà coperto dai 100 megabit, nel medio-lungo periodo? Quello che sconta l’Italia è appunto un problema di penetrazione del digitale nella società. Un recente rapporto dell’ITU (cioè dell’Onu) rivela che l’Italia è uno dei rari esempi di Paese dove il governo non ha predisposto un’agenda digitale. Cioè un piano programmatico, e finanziato (sul serio), per migrare al digitale. Ci fanno compagnia pochissimi: Libia, Corea del Nord, Ghana. Difficile stabilire se la politica italiana sia motivata più dall’indifferenza o più dal timore per internet (e per la sua capacità di distruggere vecchi business e consolidati sistemi di consenso). Fatto sta che questa è la situazione. Ricordiamo che l’Italia è stata pioniera della fibra proprio grazie a un forte ruolo del pubblico (da ripassare la storia dei rapporti tra Fastweb e Metroweb).
L’appello
La sensazione è che siamo sempre più vicini a un punto di non ritorno. Per questo motivo, è partita il 31 gennaio una campagna nazionale in cui cento firmatari chiedono al governo di fare un’agenda digitale. Si trovano i nomi di tutti i top manager italiani delle principali aziende hi-tech, accademici e massimi esperti del settore. È un appello a guardarsi intorno: al resto del mondo che ha già capito l’importanza del digitale. Solo in Italia tocca doverlo ricordare alla politica, con così grande coro di voci.