Dalla crisi nasce l’opportunità
Abbiamo sviluppato il sistema di marketing RED perché eravamo nei guai, e nessuno era in grado di proporci una soluzione valida. Le vendite della catena di fast food Taco Bell, per cui lavoravamo, erano in calo e a seguito di un’analisi approfondita dei dati ci trovammo di fronte a una serie di cattive notizie.
Taco Bell veniva ancora proposto come un cibo amato dagli skateboarder adolescenti e da tutti coloro che cercavano un buon rapporto qualità-prezzo. Avevamo investito la maggior parte del nostro budget nella promozione dei prodotti a basso costo, ricorrendo a campagne spiritose ma non particolarmente ricercate: tra gli esempi il classico spot Yo Quiero Taco Bell con il chihuahua (trasmesso dalla fine degli anni novanta ai primi anni duemila).
La campagna aveva certamente contribuito a contraddistinguere il brand dagli altri, ma nel corso degli anni lo aveva reso irrilevante per la moderna cultura alimentare. La strategia pubblicitaria era spensierata e bizzarra e voleva invitare i giovani a mangiare qualcosa di diverso (i taco). Peccato che l’unica cosa che le persone ricordavano dello spot fosse il cane, il cui scopo era rappresentare la mentalità del giovane maschio del tempo, per cui mangiare significava riempirsi la pancia e divertirsi.
Il primo spot della campagna Chihuahua mostra infatti un cagnolino che, pur passando davanti a uno splendido chihuahua femmina, la ignora bellamente per recarsi da un ragazzo che sta mangiando taco e riferirgli: Yo Quiero Taco Bell. Lo spot ebbe un successo incredibile (riuscimmo persino a vendere qualcosa come cinquanta milioni di chihuahua giocattolo): la campagna trasformò Taco Bell nella soluzione più conveniente per riempirsi la pancia. Le vendite, però, continuavano a diminuire e il brand si rese conto che occorreva una svolta.
Le premesse al marketing RED
Nel settembre 2001, Taco Bell lanciò la sua campagna Think Outside the Bun, incentrandola sulla facilità con cui prodotti come Chicken Quesadilla, Grilled Stuffed Burrito e Crunchwrap potevano essere mangiati ovunque. Per cinque anni le vendite crebbero, poi l’aumento cominciò a rallentare e nel 2009 divenne chiaro che occorreva una nuova svolta del brand per accelerare la crescita.
Mentre la cultura continuava a cambiare, anche a seguito della crescita esponenziale dei social media, i nostri clienti smettevano di rivolgersi a Taco Bell e, peggio ancora, i nuovi adolescenti e gli acquirenti orientati al valore non si lasciavano più attrarre dalla semplice promessa di cibo economico e gustoso.
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Qualcosa nella cultura era cambiato e aveva cambiato il nostro destino, ma noi non avevamo gli strumenti per capire quel mutamento e adeguare il brand di conseguenza. Facemmo un ottimo lavoro nel creare un Taco Bell rivoluzionario e distintivo, di facile reperibilità e accesso grazie a diverse migliaia di sedi e punti drive-through; eppure, c’era qualcosa nel brand che continuava a non funzionare. Ci rendemmo conto che, per ottenere un successo costante, ci servivano un sistema di misurazione migliore e un metodo più completo per gestire il brand.
Greg fece subito entrare in gioco un sistema che aveva creato anni prima, chiamato Sales Overnight, Brand Overtime, che cominciò a stabilizzare la situazione, riducendo i momenti di panico in cui decidevamo d’impulso di abbassare i prezzi, gettare l’intero budget nel performance marketing o concentrarci sulle offerte a tempo limitato, producendo invece una spinta costante verso lo sviluppo a lungo termine del brand. Ci serviva però qualcosa di più.
Quello fu un momento cruciale nella storia del nostro brand, quando nacque la metodologia di marketing RED. Greg Creed, presidente di Taco Bell, era stato recentemente promosso a CEO. Ken Muench era a capo del dipartimento strategico di Foote, Cone and Belding, l’agenzia pubblicitaria di Taco Bell, e lavorava a stretto contatto con Jeff Fox e Greg Dzurik. Qualunque cosa fosse successa nei mesi successivi, sarebbe stata colpa nostra e dei nostri team; quindi, non sorprende che fossimo tutti profondamente motivati a raggiungere un risultato finale grandioso. Per arrivarci, però, avremmo avuto bisogno di un sistema di marketing molto più efficace e completo, che avremmo dovuto sviluppare in prima persona.
Così, nel 2013, Ken fondò la sua società di consulenza Collider Lab insieme a Jeff Fox, Greg Dzurik e altri talentuosi designer e social scientist, facendola crescere fino a impiegare una ventina di strategist prima che fosse acquisita da Yum!.
La filosofia del marketing RED
La filosofia che ha portato alla creazione dell’ambiente culturale e fisico di Collider Lab rispecchia la filosofia che ha portato alla realizzazione del metodo di marketing RED. Per noi non era sufficiente fare bene una cosa sola: volevamo le competenze e le risorse necessarie per aggredire ogni problema di branding e marketing da tre diverse angolazioni.
Il primo incarico di Collider Lab fu sviluppare una prima iterazione del marketing RED mentre cercavamo di risolvere il problema che aveva colpito Taco Bell nel 2011. Una volta completata l’attuazione della metodologia, il successo fu istantaneo: le vendite divennero immediatamente positive e continuarono a crescere per otto anni, battendo la media del settore quasi in ogni singolo trimestre. Grazie a quella crisi, Yum! ottenne una metodologia di marketing completa, che esaminava ogni aspetto del business e poteva rilevare e correggere rapidamente i problemi di un brand prima che divenissero critici.
Il marketing RED è oggi l’ossatura di tutto il lavoro di Collider Lab e del marketing di Yum! Se osservi la tua strategia di marketing attraverso la lente di RED e svolgi le attività che ti suggeriamo, puoi ottenere una strategia rivoluzionaria che ti porterà a una crescita a lungo termine e a vendite sostenute.
Le sirene dei social
Il marketing è fantastico se fatto bene. È potente, intellettualmente affascinante, creativo e divertente. Tuttavia, vediamo sempre più che il settore del marketing in generale tende a diventare a breve termine, con una mentalità ristretta e caratterizzato da un groviglio di strumenti e termini tecnici che non hanno un reale impatto sul brand.
Questo avviene perché i professionisti del marketing si lasciano attrarre dal canto delle sirene degli strumenti digitali, che promettono un successo immediato mirando alla persona giusta, al momento giusto e con il messaggio giusto. Il miraggio delle vendite a breve termine sta distruggendo quello che funziona davvero: lo sviluppo di un brand potente nel lungo periodo, che si distingua nella mente dei consumatori e porti a vendite continue. Secondo la nostra esperienza, la metodologia di marketing RED aiuta a dare un senso al lavoro da svolgere e a renderlo molto più efficace.
Utilizzando RED, porterai a termine il 95 percento di ciò che un marketer deve fare nel mondo di oggi. Non parliamo di 100 percento perché siamo certi di avere dimenticato qualcosa, ma il 95 percento è ancora un risultato eccellente. Finché il tuo brand risulta distintivo, rilevante e facile da notare, tutto andrà bene!
Cambiare modo di pensare per cambiare i risultati: sassolini e onde
Riteniamo che il nostro approccio al marketing ricordi maggiormente un’onda, più che un sassolino. Immagina un marketer, in piedi sulla riva di un placido stagno, con un sassolino in mano: il sassolino è la sua campagna di marketing e il suo scopo è quello di produrre il più grande spruzzo possibile. Un marketer tradizionale spenderebbe enormi somme di denaro e una notevole quantità di tempo per analizzare il sassolino, comprendere l’effetto dei sassi sull’acqua e verificare che il sassolino scelto sia quello più adatto al tipo di acqua a disposizione in quel momento.
La nostra strategia, invece, ci impone di non preoccuparci né del sassolino né dell’acqua: dobbiamo concentrarci sulle onde.
Questo è il vero marketing: non la parte creativa in sé, ma la reazione che tale creatività determina nella gente. I creativi migliori lo sanno bene. Riassumendo, devi concentrarti sull’onda (ossia la reazione alla campagna) e pensare a come trasformarla in un vero tsunami del marketing.
Detto in un linguaggio umano, non devi preoccuparti troppo di comprendere un consumatore e non devi perdere tempo nel tentativo di capire ogni sfumatura di ciò che lo spinge ad acquistare il tuo prodotto. Dopo tutto, nessuno sa cosa vuole veramente, perché noi esseri umani siamo un complesso di desideri contrastanti e smanie imbarazzanti. Quello che dobbiamo fare è rendere culturalmente alla moda i nostri brand e allinearli a quelle tendenze da cui i consumatori non sanno ancora di essere attratti.
Il marketing RED sfida gli schemi
Il più grande segreto del marketing è proprio questo: la motivazione psicologica per cui i consumatori potrebbero acquistare un prodotto spesso sfugge agli schemi precostituiti. Il tuo obiettivo è capire il mondo culturale dei clienti e scuoterlo fino al midollo. È impossibile sovrastimare la differenza prodotta da questo modo di pensare, che cambia ogni cosa e che richiede concentrazione, un forte istinto e molto coraggio (e non infinite sperimentazioni con i grafici).
Eravamo determinati ad allontanarci dalle vecchie tecniche della ricerca qualitativa e quantitativa, che portano a un marketing generico, blando e facilmente dimenticabile. La ricerca è il primo ramo di una Y, un metodo tradizionale e sicuro che ogni marketer può adottare quando formula una strategia. Al posto di questa ricerca, abbiamo seguito l’altro ramo della Y e abbiamo iniziato a parlare con chiunque incontrassimo nei mercati locali, con l’obiettivo ultimo di comprendere le tendenze culturali.
Quando un brand di assorbenti del sud-est asiatico ci ha chiesto di aiutarli a migliorare le loro vendite, abbiamo parlato con i professori locali dell’evoluzione del linguaggio legato alle mestruazioni; abbiamo intervistato le influencer per capire che cosa motivava i loro follower e individuare quali post erano più popolari e perché; abbiamo creato un gruppo WhatsApp con alcune giovani donne e raccolto per settimane le loro intuizioni su quanto era popolare; ci siamo fatti spiegare da icone culturali i tabù sulle mestruazioni nella regione. Quello che non abbiamo mai fatto è stato chiedere alle donne: Che cosa vorresti da questo assorbente?.
Le idee prima di tutto
In Collider Lab crediamo fermamente nel valore dell’istinto. Quasi sempre iniziamo un progetto formulando le nostre osservazioni personali su un brand e sui suoi utilizzatori; successivamente, enunciamo un’ipotesi su cosa potrebbe funzionare sul mercato e infine testiamo la nostra idea. Nella metà dei casi l’ipotesi è confermata; nel restante 50% delle occasioni proviamo un’altra ipotesi o, se siamo veramente confusi, seguiamo il percorso più tradizionale del marketing, il cosiddetto approccio tabula rasa.
Questa procedura è l’opposto del metodo adottato dalla maggior parte dei marketer. Se hai lavorato (o stai lavorando) in un ambiente tradizionale, probabilmente ti sei trovato a condurre (o commissionare) molteplici studi di ricerca concepiti appositamente per intervistare il tuo cliente di destinazione; nel corso delle conversazioni, il tuo obiettivo era provare a scoprire alcune intuizioni precedentemente non considerate per il prodotto o il brand di cui ti occupavi. Non è molto diverso dal lanciare un’esca a caso nell’oceano, in un punto del tutto casuale, e sperare che abbocchi qualcosa.
Riesco già a sentire i tuoi ma…. Ovviamente, non tutti hanno un grande istinto e ben poche aziende sono abbastanza coraggiose da sostenere pienamente le intuizioni più bizzarre. È qui che entra in gioco RED: seguendo la metodologia, potrai sviluppare quell’istinto e avere a portata di mano solidi argomenti con cui difendere le tue idee all’interno dell’azienda.
Meglio imperfetti che impeccabili
Infine, ecco la spaventosa verità sul marketing: non potrai avere sempre successo. Questo vale a prescindere dal ramo della Y che hai seguito, il percorso vecchio stile o l’approccio innovativo di Collider Lab. Qualche anno fa, durante l’attesa di un volo, Ken stava bevendo una birra con uno dei CMO regionali del brand presso l’aeroporto di Narita. Mentre consumavano la loro bevanda si ritrovarono a discutere delle caratteristiche che rendono realmente grande un CMO. Dopo averci pensato, Ken affermò: Deve essere abbastanza intelligente da avere ragione in oltre il 50 percento dei casi, ma abbastanza audace da agire con determinazione nel 100 percento delle occasioni.
In Collider Lab abbiamo un insulto particolarmente tagliente, che tiriamo fuori solo nei momenti di intenso stress o delusione. Quando uno di noi rivede il concept di un altro, si rivolge a lui e afferma: Questa è l’idea corretta, noi lo consideriamo un insulto, perché un’idea corretta è quella che colpisce tutti i punti giusti, che è perfettamente valida e che rispetta il mandato del CMO, ma è anche un’idea che non entusiasma nessuno. Preferiamo sempre adottare una strategia che non sia del tutto perfetta, ma che si distingua e appaia molto più emozionante di un’idea corretta ma poco stimolante.
Devi essere coraggioso e disposto a correre dei rischi: se hai un’idea, impegnati a perseguirla. Greg ha perfezionato l’arte di far sembrare quasi casuali le sue decisioni incredibilmente audaci e distintive. Come già accennato, Greg era sotto pressione perché alcuni in azienda volevano espandere le offerte di Taco Bell per includere i panini. Egli disse immediatamente: Niente panini, mai. Più tardi, ampliò questa filosofia specificando: Niente insalate, mai. Era letteralmente una decisione multimiliardaria, ma egli la prese con la massima disinvoltura, come se stesse ordinando il pranzo di un normale martedì. Egli rimase fermo sulle sue decisioni e la scelta si rivelò giusta (i due prodotti più venduti dai ristoranti fast food sono gli hamburger e i panini al pollo; Taco Bell non ha mai venduto nessuno di questi prodotti).
Sii imperfetto, sii inopportuno
Il momento in cui provi trepidazione per qualcosa è il momento in cui devi essere determinato; il momento in cui inizi a sentire che qualcosa potrebbe essere troppo audace è il momento in cui dovresti buttarti a capofitto. Ti stai chiedendo cosa succederebbe se l’idea fosse imperfetta? Pensa ai bizzarri annunci pubblicitari di Mentos della metà degli anni Novanta, assurdamente distanti dalla cultura del tempo e dall’era post-grunge. L’annunciatore ignaro proclamava: Mentos! The Freshmaker! dopo una situazione incredibilmente imbarazzante, come quelle delle sitcom.
Quegli spot infelici riempivano appieno lo spazio pubblicitario, perché seppur sconcertanti, erano particolari e soprattutto memorabili. Scommetto che te li ricordi! Riassumendo, è più importante riempire completamente uno spazio imperfetto che occupare solo una piccola parte di uno spazio perfetto.
Un avvertimento: puoi essere inopportuno, ma mai troppo. Pensa al brand Poo-Pourri, che nei suoi spot mostrava un’attraente attrice seduta sul water e ne descriveva i movimenti intestinali con vividi dettagli. Non ti sembra incredibilmente e ridicolmente imperfetto? Eppure, non c’è nulla di più efficace degli eufemismi velati e della strategia qualunque cosa succeda, non menzionare ciò che il prodotto fa effettivamente.
Imperfetto sarebbe perdere il coraggio e tirarsi indietro dal riconoscere che l’attrice sta, be’, facendo la cacca. Lo stesso vale per la scelta opposta, spingere l’annuncio in dettagli troppo imperfetti e volgari. Così com’era, il contrasto tra i manierismi assurdamente raffinati e gli escrementi funzionava alla grande: gli spot erano perfettamente imperfetti e assolutamente caratteristici. Ricorda:
- devi essere l’onda, non il sassolino;
- parti da un’idea e non da una tabula rasa;
- distintamente imperfetto è sempre meglio che perfettamente impeccabile.
Questo articolo richiama contenuti da Il libro rosso del marketing.