Eravamo rimasti l’altroieri a nazioni contro aziende e giusto ieri si è diffusa la notizia dell’ammorbidimento degli editori tedeschi impegnati in una prova di forza contro Google. Confronto che non ha portato i risultati sperati.
Per ammorbidimento si intende la concessione a Google di un diritto definito revocabile di ripubblicazione dei loro contenuti, nell’ambito dei risultati delle ricerche e di servizi come Google News. Il motivo sta nel formidabile potere di Google, che in Germania amministra 93 ricerche Internet ogni cento.
Dodici editori teutonici tra i quali Axel Springer e Burda hanno acquisito una quota del 50 percento di VG Media, società di raccolta diritti, e hanno preteso da Google il pagamento dei diritti di ripubblicazione ai sensi di una legge sul copyright approvata in agosto. Legge che in bozza prevedeva l’esclusiva totale sui contenuti e in versione definitiva invece consente il riutilizzo di singole parole e spezzoni limitatissimi di testo; secondo gli editori, tuttavia, spettava a loro decidere se Google avesse varcato il limite.
La quale Google ha messo a disposizione degli editori uno strumento apposito, come il portavoce Ralf Bremer ha scritto a PcWorld:
Alla luce della nuova legge e delle sue incertezze di interpretazione abbiamo sviluppato il Google News Confirmed Consent Tool, come sistema di assenso che gli editori useranno se decideranno di volere ancora i propri contenuti inseriti in Google News. […] Gli editori sono sempre stati liberi [tecnicamente, attraverso il file robots.txt e la modifica dei metatag delle pagine] di evitare l’indicizzazione su Google e questo strumento è una opzione aggiuntiva.
Per gli editori riottosi, solo il nudo link alla notizia, quello ancora legale, privo di abstract o citazioni o immagini in miniatura, tutelato anche da una recente decisione della Corte di Giustizia europea. E la sostanziale esclusione da un mercato pubblicitario che, sostiene Google, genera mezzo miliardo di clic al mese sulle news tedesche e ha portato agli editori stessi un miliardo di euro negli ultimi tre anni.
C’è chi ipotizza per Google anche la violazione della legge antitrust tedesca: il detentore di una posizione dominante sul mercato è infatti tenuto a trattare equamente tutti i clienti, senza discriminazioni. Il solo link potrebbe essere interpretato come una sorta di punizione per gli editori ostili. Oppure no; e se anche fosse, nulla ne consegue rispetto alle richieste economiche per diritto di riproduzione.
Si scriveva che le liti tra Uber e tassisti non riguardano tanto le licenze, ma sono un braccio di ferro tra una multinazionale e una miriade di municipalità su chi decida le regole. La situazione qui è molto simile, con una differenza: si litiga nel mercato creato e organizzato da Google. Alzare la voce con chi detiene la piattaforma difficilmente può essere vincente. Ne sanno qualcosa gli operatori telefonici sulla rete fisica in mano a Telecom Italia, o Italo su una rete ferroviaria di fatto amministrata da un concorrente.
Non è ancora un caso di stato contro azienda, in Germania, dato che il Bundesrat ha deciso di legiferare in modo ambiguo così da compiacere gli editori e lasciare uno spazio a Google, probabilmente per prendere tempo senza sporcarsi troppo le mani. Solo per ora; i politici non hanno capito che ricerca e pubblicità online sono terreno economico strategico come le ferrovie o la grande distribuzione. Su quel terreno, recita la legge senza saperlo, la nazione tedesca non ha giurisdizione. Gli editori se ne stanno accorgendo. Per i politici è solo questione di tempo.