Basandosi sui prodotti presentati quest’anno al Mobile World Congress, non è difficile credere che l’evoluzione tecnica dei nuovi smartphone sia a un punto di stasi. Certo, rimane lo spazio per l’aggiunta di qualche megapixel per la fotocamera o una manciata di gigabyte un più per la memoria interna, ma sostanzialmente i dispositivi di fascia media e medio-alta non hanno più nuove caratteristiche da offrire al grande pubblico, almeno fino alla loro prossima tappa evolutiva. Con queste premesse, a chi spetta il ruolo di portatore di innovazione nel mondo del mobile, scivolato ormai via dalle mani dei produttori di dispositivi? La situazione è ovviamente complessa: sono molti i fattori determinanti e spesso mutano anche al cambiare dell’area geografica presa in esame. Ristringiamo allora un po’ il campo d’analisi e cerchiamo di fornire qualche spunto di riflessione riguardante il nostro paese.
Partiamo dall’osservare la diffusione del mobile in Italia: siamo tra i primi paesi al mondo per quanto riguarda il rapporto abitanti/cellulari. Ma tutti questi dispositivi come vengono usati? Dopo 10 anni siamo riuscuti ad andare oltre la classica telefonata–messaggino che tanto ci avevano entusiasmato agli arbori del Gsm? Difficile dare una risposta certa, ma una serie di fattori non portano a pensare che sia così. Per esempio, le caratteristiche più pubblicizzate negli spot televisivi dei nostri operatori non includono servizi o scenari particolari, ma solo tariffe e promozioni. Nei report contenenti le statistiche di accesso in mobilità alla rete non siamo neanche citati come nazione. Non esistono ancora eventi od occasioni d’incontro dedicate agli attori dell’ecosistema mobile in Italia, al contrario di molti altri paesi vicini. La lettura dell’email sul proprio cellulare è considerata ancora qualcosa di inaspettatamente comodo e sorprendente. Siamo un popolo che usa molto il cellulare per parlare e per scrivere, ma raramente va oltre.
Se ne deduce che gli utenti non stati in grado, almeno fino a oggi, di pilotare consapevolmente l’innovazione del settore con i propri comportamenti d’uso. A questo punto, se non altro per esclusione, rimangono gli operatori telefonici. Strutture che hanno a disposizione grandi potenzialità: possono decidere quale programma far partire alla pressione di un tasto del nostro telefonino brandizzato, creano la pubblicità che arriva capillarmente davanti agli occhi di tutti noi, aumentano o diminuiscono il prezzo di un servizio, influenzando la popolarità o pilotandone l’abbandono. Sembrano quindi avere tutte le carte in regola per essere loro i portatori di innovazione. Ma anche qui è necessaria una considerazione: gli operatori, per loro stessa natura, agiscono giustamente secondo la logica del profitto. E per trarre profitti oltre che dalle semplici telefonate, hanno tre possbilità: assumere il ruolo di pipe, creare software e servizi o promuovere piattaforme.
Agendo come pipe, ovvero come semplice conduttura di dati digitali, hanno il compito di trasportare informazioni da un servizio all’utente che lo richiede, senza alcun valore aggiunto e senza alcuna ostruzione, guadagnando su questo traffico. La tariffazione del traffico voce ne è un chiaro esempio. Sviluppando software e servizi, possono creare applicazioni che vengano usate da un numero sempre maggiore di utenti, fino al punto in cui questi non diventano massa critica capace di attirare a sé altri utilizzatori del servizio, ovvero nuovi potenziali clienti per gli operatori. Infine, promuovendo piattaforme, gli operatori si fanno carico dello studio di un intero ecosistema composto da dispositivi, servizi, software, tariffe d’uso dei servizi, processi di acculturazione e molto altro, da offrire ai loro potenziali utenti che, in base a questo paniere, decideranno se diventare clienti, pagando ovviamente per quanto offerto.
In quale di queste tre aree i nostri operatori nazionali stiano agendo? E, nel caso dell’azione, seguono le orme già tracciate da altri oppure sono capaci di fare strada? Se consideriamo il mercato di suonerie, oroscopo, news generaliste, sfondi e semplici servizi a sfondo erotico, c’è solo l’imbarazzo della scelta, come c’era anche 10 anni fa. Ma se andiamo a cercare qualcosa di più recente, il panorama rimane tristemente desolato: nessuno ha ancora mai realizzato qualcosa di riconducibile all’AppStore di Apple o a Ovi di Nokia per distribuire contenuti di varia natura; abbiamo al massimo portali Wap e i-mode poco usabili. Le tariffe per l’accesso alla Rete in mobilità sono tutt’altro che alla portata del cittadino medio e dalla Commissione europea continuano a farci sapere che le tariffe richieste per gli Sms sono ingiustificate. Come ciliegina sulla torta, aggiungiamo le limitazioni imposte all’uso di alcuni servizi da parte degli operatori, come l’uso di programmi VoIP, l’accesso bloccato a siti fuori dal proprio portale e la creazione dei tristemente famosi Walled Garden.
Eccezioni ne esistono: nel 2007, H3G si fede promotrice di una grande innovazione, creando una sinergia ancora mai vista tra un dispositivo, un servizio molto popolare e la possibilità di accesso in mobilità a quel servizio. Sto parlando dello SkypePhone, un semplice cellulare che, grazie a modifiche hardware e software mirate, portava alla massa Skype pronto all’uso, con una tariffa che non aveva paragoni rispetto a quelle concorrenti. Peccato che, in fase di lancio, l’offerta sia stata gestita con scarsa convinzione dal commerciale di Tre e dai centri autorizzati, negando quest’iniziativa tutto il successo che avrebbe meritato. Anche Vodafone, con la sua piattaforma Betavine rivolta agli sviluppatori sta cercando di creare qualcosa di interessante. News, supporto alle community, documentazione tecnica, concorsi dai premi accattivanti e gruppi di beta tester per verificare la bontà di alcuni prodotti prima del lancio ufficiale sul mercato.
Allo stato attuale del mercato è difficile pensare che un operatore abbandoni segmenti di grande profitto per assumersi la responsabilità di guidare l’innovazione in un settore che pure presenta grandi potenzialità, facendosi piattaforma per applicazioni ad alto valore aggiunto. Dopo quasi due anni dal lancio del primo iPhone, dispositivo capace di rivoluzionare da solo l’intero comparto del mobile su ampia scala, ancora oggi si sente dire in giro che il melafonino piace perchè è semplice e sembra funzionare bene. Basta anche guardare la pubblicità in Tv: vengono mostrate facili routine di tutti i giorni come il casual gaming, la scelta e l’installazione di un’applicazione, la navigazione in mobilità, la scrittura di una mail e telefonate. Facili, ma la vera differenza è che sono servizi, e che sono portatori di ampie prospettive future. Curioso che in Italia nessuno sia ancora riuscito a cavalcare questo nuovo paradigma della telefonia mobile.