In un precedente articolo ho già toccato il tema delle interfacce utente che abbandonano la metafora del desktop, senza però citare il caso forse più efficace: quello di Sugar.
Non l’ho citato, non perché me ne sia dimenticato, ma perché in quell’articolo si parlava di sistemi in uso su comuni PC. Sugar è un interfaccia che invece nasce specificamente per un device particolare: il computerino verde e con le antenne del progetto One Laptop Per Child (OLPC). Se di primo acchito questi strani aggeggini (chiamati propriamente XO) possono sembrare normali netbook camuffati da computer giocattolo, ad un’analisi più attenta notiamo che la loro peculiarità è quella di essere principalmente strumenti di apprendimento.
Questo aspetto fa cambiare radicalmente la prospettiva. Noi del mondo occidentale siamo quasi convinti che il modo migliore per formare i nostri figli alla vita reale sia farli familiarizzare fin da subito con le tecnologie che poi dovranno utilizzare “da grandi”. Ma facendo usare loro i nostri PC li stiamo già rendendo in un certo senso assuefatti a interfacce utente e tecnologie che non sappiamo quanto dureranno. Come ha detto Nicholas Negroponte, mente del progetto:
It gets you into countries where the minister of education or whoever else is involved are themselves Windows users, and find something like Sugar or Linux so alien that they think their kids will be compromised in the future.
OLPC si è posto in un’altra ottica ed ha potuto farlo poiché l’idea del progetto è proprio portare la tecnologia in Paesi del mondo in cui solo in pochi si possono permettere un computer. Le scuole coinvolte nel progetto quindi possono sperimentare una nuova modalità di insegnamento basata su una tecnologia innovativa (innovativa nello spirito più che nella dotazione tecnica), non proprietaria (le macchine XO contengono solo software open source), ma soprattutto con il bambino al centro, come dice il motto. L’interfaccia di Sugar infatti non ha alcun richiamo con la classica scrivania, bensì mette al centro l’utente (o meglio il discente) e lo circonda di una serie di azioni possibili e di una cerchia di contatti in rete (tra cui ovviamente l’insegnante).
Ma al di là di queste valutazioni, posso dire che ho capito quale sia il vero valore innovativo di queste macchine quando ho provato ad usarle. Io, utente di computer da vent’anni e considerato mediamente esperto, ero davvero impacciato nel capire come muovermi; mentre i bambini del progetto, per i quali quello è il primo calcolatore mai preso in mano, riescono a cavarsela dopo poco tempo. Dunque vien da chiedersi: chi è il vero esperto?
Il testo di questo articolo è sotto licenza Creative Commons Attribuzione – Condividi allo stesso modo 3.0 Italia.