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3 domande per le tue playlist mentali

20 Marzo 2024

3 domande per le tue playlist mentali

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Se impari a eseguire nella tua mente playlist di pensieri positivi, la tua vita reale acquisterà positività e le cose andranno meglio. Non è difficile.

La scienza dietro la sostituzione delle playlist mentali

Bastoni e pietre possono spezzarmi le ossa, ma le parole non mi faranno alcun male. È una bella frase, peccato che non sia per niente vera. Le parole sono così potenti che possono farti invecchiare più velocemente di quel tipo che ha scelto il calice sbagliato in Indiana Jones e l’ultima crociata.

Gli scienziati hanno studiato proprio questo scenario alla New York University. Non credo che il nome dello studio fosse Le parole fanno invecchiare più velocemente di quel tipo dell’Ultima Crociata, ma resta il fatto che è quello che hanno scoperto. I ricercatori hanno iniziato lo studio assegnando a due diversi gruppi di studenti lo stesso compito: creare frasi da un insieme di parole solo apparentemente casuali.

Entrambi i gruppi hanno proceduto a comporre quante più frasi potevano, ma c’era qualcosa di leggermente diverso nelle parole date al secondo gruppo di studenti. Nascoste in quel gruppo di parole c’erano idee legate alla vecchiaia: parole come calvo, Florida [uno Stato caldo, del Sud, prediletto da numerosi anziani] e rughe.

Alla fine di questa sfida delle parole, gli scienziati hanno detto ai partecipanti di camminare lungo il corridoio per completare la seconda parte dello studio in un’altra classe. Mentre scendevano, iniziò la vera prova. Gli scienziati hanno segretamente cronometrato gli studenti, per vedere quanto tempo impiegavano per compiere quel breve tragitto. Gli studenti esposti all’insieme di parole riguardanti la vecchiaia camminavano più lentamente.

La semplice esposizione alle parole sull’essere anziani ha causato in loro un cambiamento fisico. Si tratta di una forma di priming, che il premio Nobel Daniel Kahneman definisce come l’influenza di un’idea su un’azione. Il nome formale del priming è effetto ideomotorio, e funziona in entrambe le direzioni. I tuoi pensieri e le tue idee influenzano le tue azioni. Le tue azioni influenzano i tuoi pensieri. Ecco perché è così importante sostituire le brutte playlist.

Le tre domande che dovresti porre alle tue playlist

Nel 1968, Pyotr Anokhin, un allievo del pioniere della psicologia Ivan Pavlov, pubblicò una ricerca che dimostrava che il numero minimo di potenziali schemi di pensiero che il cervello medio può creare in una vita è il numero 1 seguito da 10,5 milioni di chilometri di zeri.

Ecco qual è il numero dei tuoi schemi di pensiero. Non c’è da stupirsi che la maggior parte delle persone si scoraggi quando pensa di pensare troppo. Se un amico mi dicesse: Posso parlarti di una cosa? In realtà, si tratterebbe di 10 milioni di chilometri di qualcosa, sarebbe una conversazione assolutamente enorme.

Chi avrebbe tempo di ascoltarla? Io, no. Tu, nemmeno. Non sarebbe molto più semplice se ponessimo alle nostre playlist più forti tre semplici domande, per determinare quali dovremmo ascoltare?

Domanda 1: è la verità?

Uno degli errori più grandi che puoi commettere nella vita è dare per scontato che tutti i tuoi pensieri siano veri. Tendiamo a credere che, se un pensiero è nella nostra testa, deve essere accurato. Se lo penso, deve essere vero. Nonostante tutte le brutte cose che i nostri pensieri ci hanno raccontato nel corso degli anni, ci fidiamo di loro. Quando inizi a porre questa domanda a una playlist, ti assicuro che rimarrai sorpreso da quante bugie ti stanno ingombrando la testa.

Quando ho domandato a Cody Skog a che cosa stesse pensando troppo, mi ha risposto: Penso troppo a fare magie per gli spettacoli a pagamento. Mago dilettante, il suo obiettivo era quello di riuscire a fare più spettacoli a pagamento. La brutta playlist che ascoltava era: Non puoi far pagare i tuoi spettacoli, perché qualcun altro potrebbe essere più bravo di te.

Leggi anche: Il pensiero reattivo soffoca la creatività

La trappola è che nelle brutte playlist c’è sempre un po’ di verità. Se questo nostro pensare troppo fosse solo una bugia, sarebbe facile sconfiggerlo. Ma, invece, è vero: ci saranno maghi migliori di Cody, e questo vale per qualsiasi professione. Ci sono scrittori migliori di me. Non è falsa umiltà, è un fatto. Ma che cosa diceva, veramente, la playlist di Cody?

Se cerchiamo il vero significato, vediamo che la brutta playlist Non puoi far pagare i tuoi spettacoli, perché qualcun altro potrebbe essere più bravo di te in realtà sta dicendo: Finché non sarai il più bravo del mondo, non potrai far pagare i tuoi spettacoli. Quindi, tutto ciò che Cody deve fare è diventare il più grande mago del mondo, e solo allora potrà farsi pagare per i suoi spettacoli. Questo, ovviamente, è impossibile, perché per diventare il miglior mago al mondo avrebbe bisogno di organizzare spettacoli a pagamento per poter finanziare questo suo sviluppo. Un perfetto ciclo di pensare troppo.

Esaminiamo la sua playlist attraverso il nostro primo filtro: è la verità?

È vero che devi essere il miglior mago del mondo prima di poter far pagare i tuoi spettacoli? Esiste una sorta di torneo di magia ufficiale che devi vincere per essere incoronato come il più grande? Oppure è come nel film Highlander? Devi vagare di città in città, sconfiggendo ogni mago, uno per uno, sottrarre loro il potere finché ne resterà uno solo, ti troverai in una landa muschiosa e proclamerai: Ora posso fare soldi con la magia!?

La risposta è ovvia. Quella playlist non è vera, quindi Cody ha già almeno un indizio per gettarla via.

Domanda 2: è utile?

La domanda È la verità? non basterà a stanare la menzogna di una brutta playlist. Ecco perché è così fastidioso sentirsi dire: Smettila di pensare troppo a quella situazione: non è vero!. Grazie, Oprah. La tua saggezza mi ha cambiato la vita. Non basta sapere che qualcosa non è vero. Le nostre playlist sono ben più tenaci, ecco perché dobbiamo porre questa seconda domanda.

La playlist che stai ascoltando in questo momento, quella che continua a ripetersi, è utile? Ti fa andare avanti o ti tiene bloccato? Favorisce o limita una decisione? Genera azione o apatia?

Erin Zieren conosce il potere di questa domanda. È un’architetta di Flowood, Mississippi, e come molti di noi, quando finisce una conversazione con qualcuno, inizia il processo di rimuginio.

Avrò detto la cosa giusta? Avrei dovuto dire qualcosa di diverso? Quali parti di quella conversazione potrebbero essere state fraintese? Quando ha detto che non aveva bisogno del mio aiuto, che cosa voleva dire? C’è stato un piccolo battibecco: forse dovrei risolverlo con una telefonata, un’e-mail o un SMS? Affrontarlo risolverebbe il problema o lo ingigantirebbe? È un punto fermo da difendere o qualcosa che dovrei lasciar perdere, perché siamo amici?

Questo è uno dei costi reali del pensare troppo. Ci impedisce di intraprendere i passi, spesso semplici, che potrebbero alleviare la situazione. Invece, Erin resta ad ascoltare una serie di brutte playlist. Quando le ho domandato quanto tempo spreca in questa attività, si è affrettata ad ammettere: Giorni. Mi vergogno di dire perfino settimane in alcuni casi complicati. Al punto che mi fa impazzire; poi mi arrabbio con me stessa per non aver stretto i denti e risolto il problema prima.

Ora moltiplica questo problema per un’intera azienda e immagina le implicazioni in termini di produttività.

Pensa meno, pensa meglio, di Jon Acuff

Pensare troppo è una delle forme più insidiose di paura. Ruba tempo, creatività e obiettivi. È la cosa più costosa e meno produttiva in cui le aziende investono senza nemmeno rendersene conto. Ed è un’epidemia.

Pensa a quanti colleghi sprecano tempo, creatività e produttività con playlist che non sono utili, invece di fare le cose semplici che, lo sanno, risolverebbero il problema. Quanto costa? Giorni? Settimane? Milioni di dollari? E non è nemmeno un’iperbole.

Domanda 3: è gentile?

Le brutte playlist sono ostiche, e spesso possono superare le prime due domande senza essere rilevate. Sono bravissime a mascherarsi da verità. E come potrebbero essere il contrario? Ad alcune di loro credi da anni! Sono brave anche a fingersi utili. Ti portano subito alla mente esempi di situazioni in cui ti hanno salvato. Ma quest’ultima domanda è quella che avrà ragione di loro.

È gentile?

La playlist che stai ascoltando è gentile con te? Dopo averla ascoltata un paio di volte, ti fa sentire meglio? Ti incoraggia a riguardo della tua vita e delle tue opportunità?

Quando il dottor Mike Peasley e io abbiamo domandato a più di diecimila persone come li facesse sentire il pensare troppo, il 73 percento ha risposto inadeguato. Alla domanda se pensare troppo li facesse sentire esausti, il 52 percento delle persone ha risposto di sì. Sai perché pensare troppo ti fa sentire inadeguato e svuotato? Perché hai ascoltato ripetutamente playlist poco gentili su te stesso.

Google ha tentato di comprendere questo problema a livello dei team quando ha lanciato il Progetto Aristotele. Ha investito milioni di dollari per capire che cosa avessero in comune i team di maggior successo in azienda. Ha misurato 180 team utilizzando oltre 35 diversi modelli statistici con centinaia di variabili. Probabilmente sarebbe stato molto più veloce cercarlo su Google, ma se Google cercasse se stesso su Google, probabilmente ciò causerebbe un collasso dell’intero sistema solare.

Sai che cosa hanno trovato? I dati di Google indicano che la sicurezza psicologica, più di ogni altra cosa, è fondamentale per far funzionare un team. La sicurezza psicologica è un termine che Amy Edmondson, della Harvard Business School, definisce come una convinzione, condivisa dai membri di un team, che esso sia sicuro in termini di assunzione di rischi interpersonali. Puoi porre domande, suggerire nuove idee e ammettere di avere torto senza essere trattato scortesemente. Quando hai brutte playlist che ti sparano addosso tutto il giorno, non c’è da stupirsi che poi ti senti bloccato.

Il vantaggio di ascoltare playlist gentili è maggiore di quanto tu possa pensare. Quando Herbert Benson, un medico di Harvard, studiò gli effetti della consapevolezza sulla salute cardiovascolare, scoprì due attività che avevano l’impatto maggiore. La prima consisteva nel ripetersi deliberatamente una frase (che poi è un altro modo per dire playlist) per un determinato periodo. La seconda era riportarsi con delicatezza alla frase dicendo Oh bene… ogni volta che ti distraevi e pensavi a qualcos’altro. Quell’Oh bene… è importante, perché è un modo gentile e non giudicante per tornare a concentrarsi.

Identificare le playlist che non sono gentili potrebbe sembrare una pratica troppo indefinita, ma i vantaggi sono chiari e sorprendentemente pratici. La prima volta che l’ho provato, ha migliorato ogni mio viaggio d’affari, molto di più dell’accesso al Delta Sky Club.

Questo articolo richiama contenuti da Pensa meno, pensa meglio.

Immagine di apertura originale di Kenny Eliason su Unsplash.

L'autore

  • Jon Acuff
    Jon Acuff è autore di best seller del “New York Times” con sette libri, tra cui Start, Do Over e Finish. È nella Top 100 dei cento relatori della rivista “Inc. Magazine” e tiene conferenze in tutto il mondo in aziende come Microsoft, Nissan, Walmart, FedEx e Comedy Central. Ha dedicato gli ultimi vent’anni ad aiutare marchi, team e individui a costruire il tipo di aziende e di vite che desiderano. Jon vive vicino a Nashville, Tennessee, con sua moglie Jenny e due figlie adolescenti: L.E. e McRae.

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