Il movimento V2V vuole adattare alla creazione audiovisiva i modelli che hanno fatto la fortuna dei software liberi. L’idea è di utilizzare i milioni di video girati da dilettanti e diffusi in tutta legalità su innumerevoli siti e reti peer-to-peer (P2P) come KaZaA o eDonkey. Da qui il termine “V2V”, acronimo di video-to-video ed allusione diretta al P2P.
Per spingere al massimo la diffusione delle “immagini libere”, i promotori del progetto invitano gli autori a incoraggiare i webmaster affinché propongano, sui loro siti, link che permettono di scaricare gli archivi video liberi.
Il quadro giuridico proposto si basa sulle licenze iCommons definite da Creative Commons, un’organizzazione non governativa fondata nel 2002.
Numerosi Paesi stanno ora cercando di adattare la legislazione interna alla novità, riprendendo grosso modo i principi del software libero: riproduzione e diffusione gratuite, distribuzione commerciale, modifica, integrazione parziale o totale ad un’altra opera ecc. I vari diritti e/o divieti che l’autore intende legare alla sua opera sono espressamente stipulati.
Oltre alla rivoluzione giuridica (è infatti la prima volta che un’alternativa al diritto tradizionale dei diritti d’autore viene proposta per i video), il grande interesse del V2V è di favorire la creazione di videoteche mondiali che offrono informazioni e fiction ad accesso libero.
Affinché quest’obiettivo sia raggiunto, occorrerà tuttavia che questo movimento superi realmente i confini all’interno dei quali è sorto. L’approccio V2V è perfetto per riportare, senza censura, uno scontro di piazza, una manifestazione no-global, ecc. Ma le sue potenzialità vanno ben oltre.