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Una net.history tutta speciale

02 Aprile 1998

Una net.history tutta speciale

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Esce negli Stati Uniti un libro assai stimolante - che probabilmente non vedrà mai la luce in italiano - dove vengono ripresi articoli, saggi e interviste apparsi su "Rewired.com", il sito curato da David Hudson, giornalista-artista texano da anni trapiantato in Germania

“rewired: a brief (and opinionated) net history”
David Hudson (in associations with eLine Productions)
McMillan Technical Publishing, Indianapolis, IN, USA
pg. 327, 1997, US $ 29.99
ISBN 1-57870-003-5

Pare ormai passata la fase dell’ubriacatura da Internet o, volendo, della “frontiera elettronica.” Almeno negli ultimi due anni, infatti, è stato uno solo il trend imperante anche in Italia: sbatti Internet in prima pagina! Meglio se con “mostro” incluso.

In altri termini: l’effetto galvanizzante (e talvolta, terrorizzante) della crescita esponenziale della Grande Rete, con annessi e connessi, ha attirato come miele tutti i media tradizionali del pianeta, provocando notevoli esagerazioni e neppure poca disinformazione. Un fenomeno che oggi, per fortuna, sembra quantomeno in fase calante. Mentre al contempo va emergendo un diffuso bisogno di “sobrietà,” di ricercare cioè prospettive socio-culturali più ampie, più variegate secondo cui interpretare e prendere parte all’evoluzione della comunicazione interattiva veicolata tramite Internet. Ovvero: come partecipare al divenire continuo di una tecnologia che sia e rimanga funzionale alle persone anziché viceversa?

Lungo questi sentieri, per nulla in discesa, ci conduce il volume “rewired: a brief (and opinionated) net history” da David Hudson, giornalista-artista texano da anni trapiantato in Germania e assai attivo online oltre che nei vari ambiti della cultura digitale (inclusa la eLine Productions di San Francisco, sorta di think tank sulle tecnologie emergenti). Un libro assai stimolante — ma che, temo, mai vedrà la luce in italiano — dove vengono in buona parte ripresi, riadattandoli per il formato cartaceo, articoli, saggi e interviste apparsi nell’ultimo anno, o giù di lì, sull’omonimo sito-rivista reperibile sul Web, rewired.com, sempre curato dell’autore tuttofare.

Solcando variamente il mare grosso di Internet dai suoi primi vagiti (BITNET, ARPAnet e dintorni) fino all’attuale fase di rampante info-intrattenimento e commercializzazione, la net.history qui presentata si guarda bene dall’essere lineare e prevedibile, né indulge in inutili dietrologie o futurismi vari. Piuttosto, ci si ritrova spesso in immersione profonda a esaminare alcuni banchi corallini e altre creature senza fissa dimora, nel viavai continuo che, teniamolo bene a mente, caratterizza la vita quotidiana in queste acque. Con un chiaro leitmotiv di sottofondo: sono le persone, gli individui l’applicazione vincente della telematica, Internet inclusa.

Ecco allora l’ormai affermato trionfo del Web (grazie all’incipit irresistibile tirato da nomi quali Microsoft da un parte e Wired dall’altra), dove però non si capisce bene chi intaschi davvero il gran flusso di denaro che vi gira oggi (le agenzie pubblicitarie? le multinazionali di hardware-software? la nuova industria culturale?) e neppure se e come sia possibile crearvi nuove forme artistiche interattive-multimediali che non siano meri rifacimenti del passato (i Truisimi alla Jenny Holzer? la “dead art” dei web-musei o la “cyber-art” nelle gallerie di SoHo? Le video-performance di Nam June Paik e Paul Garrin?).

Saltando poi alle rinnovate proposizioni di ataviche manie di grandezza, la tecno-utopia dilagante che dovrebbe condurci all’immortalità cibernetica, magari passando per la democrazia elettronica, il potere all’individuo, la libertà d’espressione senza confini, il dilagare dell’informazione gratuita, la non-ingerenza totale dei governi “reali”; tutta roba che, in breve, si riversa alla grande in esempi arcinoti quali la “Dichiarazione d’indipendenza del cyberspazio” di John Perry Barlow, estate ’96, esaltata replica all’approvazione del famigerato Communications Decency Act (poi annullato dalla Corte Suprema) che avrebbe impedito la circolazione di materiale “indecente” su Internet.

Sull’onda di marginali anarchie telematiche, ecco i sogni da fantascienza degli Extropian (fare l’upload della mente umana nell’hard disk del computer) o all’opposto le remore anti-tecnologia tout court di un pugno di neo-Ludditi alla Kirkpatrick Sale e qualche confusionario scrittore tipo Clifford Stoll. Ma è un altro il centro vitale della breve storia di Internet: il cyber-libertarianesimo, la “rivoluzione digitale” che andrebbe spazzando via tutto e tutti sul globo terrestre — meno i migliori, of course, anzi i più adatti, secondo certi rifacimenti del darwinismo sociale. E qui rewired non manca di fornirci ottimi elementi per garantirci prospettive articolate: una lunga intervista a Louis Rossetto, creatore e boss (meglio: ex-boss, oramai) del gruppo che fa capo al mensile Wired, dal ’92 autoproclamatosi voce e profeta indiscusso di tale rivoluzione; dettagli e rivelazioni sulle contraddittorie politiche della rivista nei confronti di alcuni suoi collaboratori ipercritici della filosofia ivi veicolata, in primis Paulina Borsook, i cui pezzi apparivano regolarmente su Wired con un libro già annunciato per la consociata HardWired, buttata fuori in tronco subito dopo un’intervista diffusa proprio sul website rewired.com; un’attenta disamina dei pro e contro della cosiddetta “ideologia californiana” e relativa onda lunga, fino a suoi indiscussi influssi sulla scena politica (conservatrice) statunitense, da Toffler a Gilder a Gingrich, nell’economia globale della borsa e del libero mercato, nella quotidianità dell’1% della popolazione mondiale che è online, come pure del restante 99% che non lo è.

Last but not least, un vigoroso tuffo nel mondo “comunitario” online, la speranza “ragionevole” della socialità che passa senza soluzione di continuità dal monitor del PC alla piazza, dal villaggio globale all’attivismo di quartiere. L’evoluzione delle comunità virtuali e affini viene affrontata in un’esauriente intervista a Howard Rheingold pre-Electric Minds, mentre si chiude con una serie d’interessanti profili e chiacchiere sparse sui vari filoni del community networking nord-americano (FreeNets, civic networks, BBS locali). Sul tutto, oltre a un’esauriente collezione di URL specifici per ogni capitolo, le note finali di David Hudson ci ricordano che, al pari di ogni storia umana, anche quella riguardante Internet andrà continuamente riscritta, e stavolta ancor più rapidamente, visto il medium e le sue implicazioni a livello globale. “Guardandoci indietro tra 10 o 20 anni, potremo ancora definire quel che sarà accaduto nel mondo delle telecomunicazioni come una rivoluzione? Impossibile a dirsi.”

Rimane comunque un fatto indiscutibile, che fa spesso capolino nelle oltre 300 pagine, scorrevoli ma nient’affatto scontate, del volume. Un evento fin troppo semplice, “sobrio,” che oggi va sempre più sforando anche quella coltre di ubriacatura imposta dai grandi media, e impresso a chiare lettere nel paragrafo conclusivo di Hudson: “Internet ha preso il volo solo grazie all’interesse e all’attrazione reciproca delle persone. Il bene maggiore di questa tecnologia è costituito da quanti la usano per comunicare tra loro, è la gente la killer application di Internet. Non c’è alcuna necessità di farla diventare un altro medium da uno-a-molti, dall’alto al basso. Ne abbiamo fin troppi di simili esempi.
Questa invece potrebbe essere un’occasione davvero unica.”

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L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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