Dopo il Santo Panino venduto su eBay, parliamo di Formaggi Francesi. Dopo l’Università americana che usa neuroni di topo per far volare cacciabombardieri virtuali, parliamo di un’Università inglese che ha sviluppato un naso artificiale da formaggi.
Finalmente il profumo del formaggio è un concetto oggettivo
La notizia: l’Università britannica di Cranfield ha sviluppato una metodologia per classificare i formaggi in base al loro “profumo”.
La metodologia è basata sull’integrazione tra i risultati ottenuti da un innovativo “naso elettronico” e le valutazioni emesse da un panel olfattorio umano.
Due commenti personali:
a) più che l’aspetto scientifico qui è interessante guardare l’aspetto comunicazionale del progetto (per non dire promozionale);
b) questa metodologia mi sembra una grossa bufala, o quanto meno ha dei buchi tali da far invidia al formaggio svizzero.
Dove è il marketing a guidare la ricerca scientifica
Per farla brevina, che in questo periodo siamo tutti un po’ presi… tutta questa storia della ricerca scientifica nasce dalla classica azione di marketing volta a promuovere i formaggi francesi in Gran Bretagna.
Mettono su un sito (Frenchcheese.co.uk), danno un nome alla campagna e all’Organizzazione che c’è dietro (Fine Cheeses from France).
Qualche mago o maga della comunicazione decide poi di trasformare un vincolo in una opportunità: i formaggi puzzano? Diamo nobiltà e scientificità alla cosa e incarichiamo un’Università di studiare il fenomeno.
Detto fatto: trovano l’Università che si presta, i ricercatori mettono giù il piano di ricerca, gli esperti di marketing preparano “il pacchetto”.
A sorpresa vincono i formaggi francesi
“Che lo si ami o che lo si odi”, dice Sally Clarke di Fine Cheese from France, “il segno distintivo di un fine formaggio è spesso il caratteristico odore, come pure il suo sapore e la sua consistenza – e abbiamo voluto scoprire se la reputazione della Francia rispetto alla produzione di formaggi odorosi fosse fondata”.
E guarda caso, l’hanno proprio trovata fondata.
La cosa sorprende relativamente poco, specialmente se si investiga un pochino e si scopre che la suddetta Sally Clarke lavora per Sodexa, agenzia di comunicazione specializzata dal 1961 nel marketing e nella comunicazione per prodotti alimentari e vini francesi e che ha curato l’operazione Fine Cheese eccetera eccetera.
Ci sarebbe mancato altro, immagino che la signora Sally ci tenesse al suo posto di lavoro.
Ma siamo andati troppo avanti, torniamo al gran premio dei formaggi olezzanti.
Parte la fase iniziale, si selezionano 15 concorrenti, in Francia e negli UK, con l’aiuto di esperti (dell’agenzia di RP?). Li si sottopone alla batteria di esami (i formaggi, non gli esperti), robotici e umani. Si stila la classifica.
And the winner is…
Un formaggio chiamato… “Vieux Boulogne, un morbido, seppure consistente, formaggio francese” (chi l’avrebbe mai immaginato) “ottenuto dal latte bovino e maturato lavandolo con la birra….”.
Il formaggio è disponibile in un solo punto vendita negli UK (La Fromagerie, a Londra), è disponibile in forme da 500 grammi delle dimensioni di 10 x 4 cm, a un prezzo stimato di 10,99 sterline al kg.
Possiamo poi citare al terzo posto il mitico Camembert (il “formaggio più imitato del mondo”), al sesto il Roquefort, al settimo il Reblochon.
Un piazzamento molto sospetto
All’undicesimo posto mi insospettisco e forse mi indigno.
Mi sorge il dubbio che questa nobile competizione fra prodotti caseari sia stata leggermente manipolata.
Ebbene si, l’undicesimo formaggio più puzzolente, secondo la ricerca sponsorizzata dai formaggiai francesi è… udite udite, un formaggio Italiano.
Niente di meno che il mitico Parmigiano.
Massimo rispetto per il nobilissimo prodotto caseario, di cui mi sento membro sostenitore (e se ne esiste un fan club dovrebbero darmi un posto nel Board of Directors, viste le insensate quantità consumate dalla mia prole).
Solo che non avevo mai considerato il Parmigiano come un formaggio particolarmente profumato.
Forse che il naso elettronico ha bisogno di una sana regolata o di passare ad una versione a prova di bachi? L’esimia Università d’oltremanica dovrà forse rilasciare una patch per il naso? Forse che il panel di annusatori ha ecceduto con il vino (immagino) usato tra un assaggio olfattivo e l’altro per risciacquare il cavo orofaringeo?
Orrore, forse che qualcuno ha manipolato artatamente la selezione dei candidati per assicurare la vittoria ad un prodotto francese?
Vorrei invitare giurati e naso robotico a farsi un giro in una qualsiasi formaggeria italiana. E voglio proprio vedere se il formaggio più profumato che individuano è proprio quel parmigiano che contrabbando dall’Italia nascosto nella borsa porta computer. E se non c’è qualche nostro illustre prodotto nazionale in grado di tener olfattivamente e fieramente testa al vincitore francese.
Sarò nazionalista, ma credo fortemente che come puzza non siamo secondi a nessuno.
Ah,no, ferma ferma… mi sono fatto prendere dal fervore e dallo sciovinismo che in genere riserviamo alla nazionale di calcio.
Nascosto nelle pieghe della press release, in quella parte che nessun giornalista citerà mai, si menziona il fatto che hanno incluso nella ricerca alcuni formaggi meno potenti, come il Cheddar made in UK (piazzatosi al penultimo posto).
Una roba del tipo vediamo come si mettono in scala il Pecorino e la Mozzarella…? Sarò ignorante, ma credo che non ci fosse bisogno di scomodare un’Università per questo. O c’è dell’altro?
Possibile spiegazione scientifica: l’avranno fatto per tarare gli strumenti e i nasi?
Spiegazione dietrologica (teoria del complotto): l’avranno forse combinata in modo da far uscire ai primi posti della classifica formaggi francesi e lanciare un sottile messaggio di metà/fine classifica per formaggi inglesi e italiani? Ah, questi delle Relazioni Pubbliche, Media Relations o chiamateli come volete… veramente diabolici…
Comunque, per maggiori informazioni sulla metodologia della ricerca (ovvero, per leggere la press release rilasciata dall’Università di Cranfield): cliccate qui
L’aspetto tecnologico
Dato che comunque ci sono anche rispettevoli scienziati coinvolti nel progetto, resta da sperare che l’operazione “formaggio che puzza” non sia stata una mera marchetta pubblicitaria cui si sarebbe prestato l’ente formativo.
Il “naso”, in realtà è costituito da una batteria di sensori collegati ad un sofisticato software: ogni sensore è sensibile ad una specifica sfumatura di puzza, il che permette al software di combinare i vari input e costruire una impronta olfattiva del prodotto sotto indagine.
Gli scenari applicativi di una tale tecnologia sono, ovviamente, infiniti. E probabilmente un po’ più seri della mera produzione di markette publiredazionali.
A questo punto, se permettete, chiudo l’articolo e mi dirigo in cucina. Mi è giusto venuto in mente che ho del formaggio di capra, del pane da toast… e mezza Robiola di Roccaverano (DOP) che mi aspettano in frigo… e me li vado a mangiare senza press release o veline di sorta.
Approfondimento: come si passa dalla velina all’articolo
Per chi fosse interessato ad investigare le relazioni tra i comunicati stampa e le notizie che appaiono sui media, tema cui ho fatto obliquamente cenno nell’articolo, invito a confrontare la Press Release citata più in alto e l’articolo (?) che ne ha tratto l’autorevole sito della BBC, cliccando qui.