Creare un enorme ipertesto personalizzato della vita scolastica di ogni studente: dai primi scarabocchi della scuola d’infanzia, alle lezioni dell’università. Il tutto custodito in un Cd-rom (Dvd o altro) rigorosamente privato e utilizzabile dall’autore con un colpo di clic.
E allora immaginate come sarebbe bello avere a disposizione centinaia e forse migliaia di megabyte con la possibilità di rintracciare la più piccola informazione, parola o immagine, filmato o suono, e navigare nel percorso di conoscenza che insieme agli insegnanti abbiamo tracciato durante i nostri anni di scuola. Magari scoprendo che abbiamo imparato a pensare proprio come un ipertesto.
Tecnicamente la “memoria scolastica” è già una realtà. Bastano computer, scanner, telecamera e masterizzatore e tutte le lezioni “analogiche” possono essere trasformate in bit. In pratica il discorso è molto più complesso perché, nonostante il Piano Berlinguer, le scuole italiane sono sempre molto indietro nel campo delle tecnologie didattiche, e gli ostacoli sarebbero insormontabili.
Però c’è chi ci sta pensando. In Toscana si sta sviluppando un progetto pilota che potrebbe vedere la collaborazione di università, istituzioni pubbliche e di scuole. L’idea è venuta alla Sice (Società italiana di comunicazione ed educazione) che ha preso spunto da un percorso tecno-pedagogico innovativo realizzato dalla scuola media Gamerra di Livorno. Qui i ragazzi, lavorando al computer e creando mappe, percorsi multimediali, parole calde, nodi e animazioni, sviluppano autonomamente ciò che può essere definito “pensiero ipertestuale”, un modo cioè di creare nella mente associazioni tra più materie (interdisciplinarità) e unire e approfondire progetti realizzati in anni precedenti.
“Abbiamo lavorato con un software molto innovativo – spiega Serena Simoncini, docente di matematica e scienze coordinatrice del progetto – realizzato dal professor Seymourt Papert del Mit. Si chiama Microworlds 2.0 (micromondi) ed è l’evoluzione del Logo, il primo software di programmazione dedicato ai ragazzi. Programmando, gli studenti non solo hanno imparato la logica, la matematica e le altre materie, ma hanno navigato idealmente in quel meraviglioso ipertesto che ogni ragazzo si crea nella mente studiando e lavorando in classe, collegando un concetto già acquisito a un altro da approfondire. Una mappa concettuale aperta, capace di evolversi con l’esperienza”.
Insomma, da una parte il ragazzo costruisce materialmente con il software (ma anche usando strumenti didattici tradizionali) l’ipertesto e, contemporaneamente, la sua mente acquisisce quelle competenze e quella forma utili a interpretare il mondo. In altre parole la teoria di Piaget e del cognitivismo applicate alla tecnologia didattica.
Troppo per un semplice ipertesto? No, se si va a vedere cosa hanno fatto i ragazzi della II e III A della scuola livornese. Con un esemplare esempio di integrazione tra insegnamento tradizionale (libri, quaderni, lavagna) e computer: “Gli argomenti sono trattati in modo interdisciplinare dagli insegnanti – spiega ancora la professoressa Simoncini – poi trasformati in unità didattiche. Poi si lavora con Microwolds, che ci consente di realizzare un ipertesto non in modo tradizionale utilizzando programmi autore, ma programmando il nostro lavoro”.
Forse il lavoro finale è tecnicamente inferiore, ma i ragazzi riescono a capire cosa realmente stanno facendo, tutto è trasparente, tutto stimola la comprensione logica. Spiega ancora Serena Simoncini: “L’obiettivo è quello di realizzare un quaderno elettronico nel quale i vari progetti si collegano fra loro con la facilità di un clic del mouse. Non solo questo gratifica e diverte i ragazzi (il computer come medium ludico), ma amplia le loro capacità di apprendimento”.
Insomma, un modo non solo per creare e costruire il sapere e imparare a pensare in modo ipertestuale (quindi associando idee e promovendo l’interdisciplinarità), ma realizzando una prima memoria del lavoro svolto. Memoria che, se il progetto di “Sice” e università andrà avanti, sarà allargato in via sperimentale a tutto il cammino scolastico. In una prima fase sperimentale, l’idea è quella di individuare alcune scuole campione, le più attrezzate tecnologicamente per poi estendere il progetto a chiunque ne faccia richiesta.