Il contenuto di messaggi inviati via e-mail da un dipendente, nell’ambito di una mailing list, per accedere alla quale è necessario il rilascio di una password, non può costituire la causa dell’applicazione di una sanzione disciplinare da parte del datore di lavoro.
Il Tar del Lazio, applicando questo principio nella recente sentenza 9425/01, ha ritenuto illegittimo il rimprovero scritto con cui il direttore generale del personale del Ministero degli esteri aveva sanzionato il comportamento di un dipendente che aveva criticato, a mezzo della posta elettronica, l’operato del Ministero.
La corrispondenza trasmessa per via informatica e telematica, secondo il Tribunale regionale, è certamente equiparabile alla tradizionale corrispondenza cartacea e deve essere ugualmente tutelata, in particolare, sotto il profilo delle garanzie di segretezza.
Il fatto che la mail – contenente espressione di un libero pensiero – fosse stata inviata nell’ambito di una mailing-list “destinata originariamente a soggetti definiti”, costituiva, inoltre, la prova, secondo i giudici, di una scelta consapevole da parte dell’autore, volta a non diffonderne il contenuto in modo indifferenziato.
L’amministrazione perciò – conclude la sentenza – non aveva nessun potere di censura nei confronti di una libera manifestazione del pensiero da parte di un suo dipendente, “dovendo invece essere apprezzato nella giusta misura il fatto che l’autore, nella specie, si era servito di un mezzo di diffusione garantito dalla segretezza”.