La chiusura di Google Reader è una storia che interessa una nicchia e un ottimo modo per capire come Internet stia cambiando e come rischi di diventare – al netto delle mission aziendali – un luogo più chiuso.
Richard Gingras – Senior Director dei prodotti News & Social di Google – scrive che la chiusura è legata intimamente al modo in cui sono cambiati l’accesso e il consumo dei contenuti nel corso degli ultimi anni:
Come cultura, siamo entrati in una fase in cui il consumo di notizie è un processo praticamente costante. Gli utenti con smartphone e tablet consumano frammenti di notizie durante l’arco dell’intera giornata, e hanno abbandonato l’abitudine di consumare notizie durante la colazione, insieme a una lettura più piacevole alla fine della giornata.
Questo ragionamento non considera – più o meno intenzionalmente – una fascia di utenti ugualmente dotati di smartphone e tablet ma legati a un accesso diverso ai contenuti, dettato da esigenze e necessità diverse.
La storia di Google Reader scritta da Rob Fishman su BuzzFeed – lettura consigliatissima – è la storia di questi utenti: un’incredbile comunità di persone che ha trovato il suo collante non tanto nell’identità di interessi particolari quanto nella passione per la ricerca, la selezione e la condivisione di contenuti di qualità.
Ancora più che di tecnologia, si tratta di costruzione della propria identità: poter dire – scegliendo con cura le fonti della dieta informativa – che cosa ci piace, in cosa ci riconosciamo, chi siamo e chi vogliamo essere. Si tratta anche di tempi e modi diversi di accesso ai contenuti. Un lettore RSS è – potenzialmente – un luogo in cui leggere con calma, quando si ha tempo, salvare per dopo, concedersi lo spazio per riflettere, sottolineare, ritornare sulle cose. È – tra l’altro – uno strumento di studio e ricerca: attività che per forza di cose non possono essere svolte all’interno di un flusso di contenuti in costante aggiornamento.
Oltre a questo, c’è altro. Come osserva Marco Arment, collegare la chiusura di Google Reader con il suo scarso utilizzo o con la difficoltà di renderlo redditizio è sbagliato. Il punto è un altro: per Google
è necessario che tutti leggano e condividano tutto attraverso Google+, in modo da poter competere con Facebook per i dati delle pubblicità, per i dollari delle pubblicità, la loro crescita e rilevanza.
L’obiettivo è costruire contenitori per soddisfare tutte le esigenze degli utenti della rete e in cui chiuderli, progettati e costruiti in modo da non poter essere interoperabili:
servizi così proprietari che, anche potendo esportare i propri dati, sarebbe inutile (nessuna alternativa in cui importare) o disperatamente solitario (social network vuoti).
Le grandi compagnie della rete – che sono nate e che hanno avuto la possibilità di diventare quello che sono grazie a standard, protocolli comuni e interoperabilità – giunto un certo livello di crescita hanno iniziato a comportarsi esattamente come le corporation che hanno sostituito: costruiscono strutture centralizzate, spazi chiusi intesi per non essere lasciati, un nuovo mondo che dà l’impressione di essere aperto soltanto perché non è così semplice vederne i confini. Sempre Arment:
L’RSS rappresenta l’antitesi di questo nuovo mondo: aperto, decentralizzato, proprietà di nessuno, proprio come il web. Consente a chiunque – grande o piccolo che sia – di costruire qualcosa di nuovo e destabilizzare chiunque, perché nessuno deve mandare fuori agenti di vendita per trovare un accordo con gli agenti di vendita di qualcun altro.