Al fine di non indurre i consumatori in errore e di non violare i principi di correttezza e di trasparenza della comunicazione pubblicitaria, gli operatori che propongono online servizi Internet gratuiti sono tenuti a specificare chiaramente in che cosa consistano gli eventuali oneri, anche non economici, previsti a carico del consumatore dalle condizioni generali di contratto.
É quanto ha stabilito l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in 6 provvedimenti (il n. 10270 e i nn. 10275-10279) emessi il 20 dicembre scorso, con i quali ha vietato l’ulteriore diffusione, in quanto messaggi pubblicitari ingannevoli, ai sensi del d.lgs. 74/94, dei link e delle collegate pagine Web contenenti offerte di accesso gratuito a servizi Internet, presenti sui siti di sei diverse società: Tiscali, Kataweb, Infostrada, Caltanet, Lasettimana e Infodata.
In primo luogo, l’Autorità ha chiarito che il link – collocato su ognuna delle homepage dei siti in questione e costituito da un’offerta di abbonamento gratuito a un servizio – e la pagina Web, univocamente ad esso collegata, configurano un unico messaggio pubblicitario, del cui contenuto è certamente responsabile il proprietario del sito.
Nei casi in esame, poi, le pagine cui il link rinviava contenevano il modulo di registrazione al servizio, le relative informazioni, le condizioni generali di contratto e l’informativa sul trattamento dei dati personali a norma della legge 675/96.
Proprio tale informativa, si legge nel testo dei provvedimenti, introduceva surrettiziamente oneri accessori in capo al consumatore, in quanto prevedeva che il trattamento dei dati potesse avvenire, tra l’altro, al fine di “inviare materiale pubblicitario ed informativo; inviare informazioni commerciali; effettuare informazioni commerciali interattive”.
L’obbligo di tollerare l’invio per posta elettronica di messaggi pubblicitari può configurarsi, secondo il Garante, come una vera e propria prestazione passiva a carico di chi sottoscriva un abbonamento al servizio che viene definito “gratuito”.
Il fatto che le clausole di adesione al servizio offerto impongano al consumatore specifiche e onerose condizioni di fruibilità – perdipiù non immediatamente e chiaramente percepibili – dell’offerta stessa, assume, perciò, per i destinatari “un rilievo decisivo ai fini della valutazione dell’effettiva convenienza del servizio pubblicizzato”.
I messaggi in questione (link e pagina annessa), ha concluso l’Autorità, sono da ritenere ingannevoli, perché non consentono all’utente di avere la chiara percezione della circostanza che, sottoscrivendo l’abbonamento e prestando il proprio consenso al trattamento dei dati personali, sarà tenuto a ricevere mail pubblicitarie tramite posta elettronica.