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Se l’open source arriva al successo…

07 Settembre 2004

Se l’open source arriva al successo…

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Un'industria altamente competitiva come modello capace di stravolgere il modo tradizionale di fare business e il concetto di proprietà. È la tesi di un nuovo volume di taglio accademico sull'open source pubblicato da Harvard University Press

Il successo dell’open source non è una folle eccezione ai principi che governano l’economia. L’omonima comunità segue una propria serie di standard, norme e procedure decisionali. E il risultato è un’industria altamente competitiva che ha stravolto parecchi assunti tradizionali sul modo di gestire l’attività imprenditoriale in generale. Questa, in estrema sintesi, la tesi di fondo delineata in un volume, di recente uscita in USA per la Harvard University Press, intitolato proprio The Success of Open Source. Curato non esattamente da un addetto ai lavori — Steven Weber, professore di Scienze Politiche presso la University of California di Berkeley — offre un’ampia panoramica su modelli, ricadute e prospettive a livello socio-economico-legale del paradigma aperto e libero.

Prendendo avvio dagli interessi specifici dell’autore, il governo delle comunità piuttosto che la tecnologia di per se, l’analisi porta allo scoperto alcuni importanti elementi alla base del movimento open source: dalla sperimentazione con il tradizionale concetto di proprietà alla ricontestualizzazione della governance comunemente intesa. Elementi ovviamente già noti a grosse linee, ma rivisti per l’occasione in base al patrimonio fortemente teorico dell’autore, scivolando a tratti nel tipico tono accademico ma indagando comunque su aspetti cruciali quali microfondazioni, macro-organizzazioni e modelli produttivi sperimentati finora sul campo.

Anzi, come spiega lo stesso Weber in apertura del primo capitolo: “questo è un libro sulla proprietà e su come questa faccia da sostegno all’organizzazione sociale della cooperazione e della produzione nell’era digitale. Intendendo ‘proprietà’ nel senso più ampio — non soltanto rispetto a chi possiede qualcosa, ma su cosa significa possederla, quali diritti e responsabilità conferisce, da dove derivano queste idee e come si diffondono. La storia di come le organizzazioni sociali possano modificare il significato stesso di proprietà e, per contro, come una differente nozione di proprietà riesca ad alterare le possibilità dell’organizzazione sociale”.

Pur se è vero che la stessa proprietà rimane “naturalmente un concetto complicato in qualsiasi contesto”, simili infrastrutture basate su beni comuni possono essere create e mantenute in modo a contribuire al welfare generale, fungendo da canali per l’innovazione economica e l’attività creativa. In altri termini, occorre prendere atto una volta per tutte che l’antica equiparazione tra conoscenza e proprietà è roba del passato, e quel che va imponendosi non è niente di meno che un nuovo modello di efficace organizzazione sociale — a partire proprio dall’emergere del software aperto e libero. A dimostrazione di tale teoria l’opera abbraccia l’approccio interdisciplinare, indagando i primi passi e (soprattutto) le prospettive future a livello legale, tecnologico, sociale e politico connesse in qualche modo all’avvento dell’open source negli ultimi anni. Il tutto a dimostrazione, appunto, di un successo che va imponendosi a macchia d’olio. O meglio, come spiega Weber in chiusura, a conferma di ipotesi e modelli concreti che hanno rivelato e rivelano notevoli potenzialità a tutto campo.

Tocca infatti all’ultimo capitolo, significativamente intitolato “Il codice che cambiò il mondo?”, puntualizzare i capisaldi teorici di tali potenzialità: il processo open source funziona al meglio, ad esempio, in presenza di contributi disaggregati, positivi effetti a catena nel network e comunità di volontari in interazione continua. E quando i vari soggetti coinvolti (qui definiti “agenti”) siano guidati da motivi che, tra le varie caratteristiche, vadano al di là del semplice guadagno economico e mantengano una valenza etica positiva lungo l’intero processo. Un percorso sostenuto da prove sul campo, sia con la riproposizione della storia dell’open source (dagli albori di Mr. Torvalds in poi) sia riportando dati e grafici vari sia passando brevemente in rassegna alcuni case studies.

Se l’analisi si fa via via complessa e articolata, a conferma del target in buona parte mirato all’ambito della ricerca accademica, la lettura resta comunque scorrevole. Un lavoro dalla ‘lunga’ durata, dunque, i cui rilanci troveranno certamente maggior spazio e attenzione nel futuro anche non immediato.

The Success of Open Source
Steven Weber
Harvard University Press
ISBN 0-674-01292-5
320 pag., Euro 27,70

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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