Home
Quanti pesticidi ci sono nel tuo piatto

26 Febbraio 2024

Quanti pesticidi ci sono nel tuo piatto

di

I pesticidi sono utili all’agricoltura e dannosi per il nostro organismo. Saper valutare il rischio che corriamo ci aiuta a mangiare bene e vivere meglio.

Frutta, verdura, ortaggi e pesticidi

La contaminazione da pesticidi di frutta e verdura è una delle principali preoccupazioni per il consumatore attento alla salute e una delle principali ragioni alla base della proliferazione di prodotti biologici. Lo United States Department of Agriculture (USDA) pubblica annualmente una valutazione dei residui di pesticidi nei prodotti alimentari per garantire che l’approvvigionamento sia sicuro; i dati presentati qui sono tratti da quelli elaborati durante l’anno solare 2016. L’agenzia ha analizzato oltre diecimila campioni di prodotti per individuare circa 450 pesticidi. La cattiva notizia è che il 78 percento dei campioni testati conteneva residui di pesticidi rilevabili; la buona notizia è che solo lo 0,5 percento circa dei prodotti li conteneva a livelli superiori ai limiti di tolleranza stabiliti dall’Environmental Protection Agency. In altre parole, il 99,5 percento dei nostri prodotti è da considerarsi sicuro per quanto riguarda i livelli di residui di antiparassitari.

La maggior parte dei pesticidi è tossica per l’uomo, se il livello di esposizione è sufficientemente elevato, ma la semplice presenza di un residuo di antiparassitario su una mela o una fragola non significa che stai mettendo del veleno, ben nascosto tra la frutta, nel cestino del pranzo di tuo figlio. È la dose a fare il veleno. Il rapporto dell’USDA ci aiuta a identificare se e dove esistono rischi e qual è la loro entità.

Otto dei prodotti ortofrutticoli presentati nel rapporto 2016 dell’USDA contenevano residui di pesticidi che, in almeno un campione, erano superiori agli standard stabiliti dall’EPA: questi otto erano patate dolci, spinaci, fragole, uva, fagiolini, cetrioli, ciliegie e pomodori.

Patate dolci

Il prodotto risultato peggiore in base a questo studio è la patata dolce: su un totale di 532 campioni di patate dolci analizzati per individuare la presenza di antiparassitari, quattro campioni (ossia meno dell’1 percento) contenevano livelli rilevabili di bifentrin e due di questi superavano il livello di tolleranza dell’EPA. Il bifentrin è un insetticida piretroide utilizzato per controllare scarafaggi e punteruoli dannosi per le colture. In uno dei 532 campioni analizzati (per una percentuale inferiore allo 0,1 percento dei campioni analizzati) era stato rilevato un quantitativo superiore al livello di tolleranza dell’EPA sia di un altro insetticida piretroide, la deltametrina, sia del fungicida ciazofamid. Cinquantatré campioni di patate dolci (il 10 percento di quelli analizzati) presentavano residui di piperonil butossido, ma soltanto in uno la quantità era superiore al livello di tolleranza definito dall’EPA. Il piperonil butossido non è un pesticida, ma è un sinergizzante dei pesticidi: presumibilmente, era stato utilizzato su quella coltura per aumentare la potenza degli insetticidi piretroidi.

Il peggio potrebbe accadere se una persona sfortunata mangiasse una patata dolce contaminata da uno o più residui di pesticidi in quantità superiore ai limiti di tolleranza dell’EPA: fortunatamente, meno dell’1 percento dei 532 campioni analizzati nell’indagine dell’USDA soddisfaceva questa condizione. Pertanto, è ragionevole supporre che oltre il 99 percento delle patate dolci presenti sullo scaffale dei supermercati contenga residui di pesticidi inferiori ai limiti di soglia dell’EPA. Nel complesso, il rischio di consumare una patata dolce contaminata in modo inaccettabile da un antiparassitario è estremamente basso; in ogni caso, è sempre prudente lavare il prodotto per trenta secondi sotto acqua corrente prima del consumo.

Spinaci

Gli spinaci sono in genere apprezzati per i loro numerosi benefici per la salute: sono infatti una ricca fonte di vitamina K e del precursore della vitamina A, il beta-carotene, ma anche di antiossidanti e potassio, che combattono il cancro. Nello studio dell’USDA sono stati analizzati 707 campioni di spinaci: di questi, sedici contenevano insetticidi piretroidi (bifentrina, cialotrina o deltametrina) in quantità superiori ai livelli di tolleranza dell’EPA.

La buona notizia è che i piretroidi vengono decomposti molto rapidamente nel corpo umano; quella cattiva è che sono tra gli insetticidi più diffusi, e di conseguenza possiamo esservi esposti da molteplici fonti. Oltre al cibo, infatti, si trovano nei prodotti antiparassitari per la casa e il giardino (per esempio Raid), nei prodotti per il controllo delle pulci, nei nebulizzatori commerciali per il controllo delle zanzare (per esempio Black Flag) e persino negli indumenti impregnati di repellente per insetti (come quelli del marchio BugBeWear). Dal momento che i piretroidi provocano tossicità sempre con la stessa modalità d’azione, possono causare una tossicità additiva della dose se penetrano in combinazione nell’organismo: le sostanze chimiche che agiscono con modalità additive della dose possono causare avvelenamento, anche se gli agenti, presi singolarmente, non sono presenti in concentrazioni tossiche. Pertanto, è sempre bene essere consapevoli delle proprie fonti di esposizione ai piretroidi e, qualora ne esistano diverse, sforzarsi di ridurre tale numero.

La contaminazione degli spinaci con batteri patogeni è molto più pericolosa della presenza di insetticidi. Sono stati infatti effettuati richiami di questo prodotto a causa della contaminazione da batteri tra cui E. coli e Listeria, in grado di provocare malattie e decessi. Tra le nostre colture ortofrutticole, le verdure a foglia verde sono il vettore più comune di batteri nocivi, probabilmente a causa dell’ampia superficie su cui i microrganismi possono accumularsi. Gli spinaci coltivati biologicamente sono ugualmente suscettibili a tale infestazione, poiché le principali fonti di contaminazione batterica includono il concime e il compost organico, ma anche l’acqua di irrigazione proveniente dal deflusso dei pascoli in cui è presente il letame. Inoltre, le confezioni sigillate di spinaci refrigerate in modo improprio assicurano le condizioni ideali per la moltiplicazione dei batteri. Ancora una volta, la migliore misura preventiva contro un brutto caso di diarrea, o peggio, è il lavaggio vigoroso dei prodotti sotto l’acqua corrente.

Uva e fragole

Uva e fragole sono tra i frutti più popolari che compaiono nell’elenco dei prodotti contenenti pesticidi in misura superiore ai limiti dell’EPA. I campioni di uva e fragole esaminati contenevano infatti livelli eccessivi di acetamiprid e miclobutanil; nello specifico, lo 0,5 percento delle fragole e lo 0,7 percento dei campioni di uva contenevano antiparassitari oltre i limiti dell’EPA. Le fragole sono state classificate al primo posto dall’Environmental Working Group (un’organizzazione di difesa dell’ambiente) tra i prodotti più contaminati presi in esame dall’indagine dell’USDA, che ha segnalato residui di ventidue diversi pesticidi tra i 530 campioni analizzati. Tuttavia, circa il 99,5 percento dei frutti è risultato rientrante nei livelli di sicurezza. Il restante 0,5 percento presentava un quantitativo di antiparassitari inferiore al doppio del limite stabilito dall’EPA: in pratica, i residui erano presenti in una misura appena sufficiente a giustificare l’utilizzo di fattori di incertezza nello stabilire i limiti. Ricorda, i prodotti con livelli di contaminanti al di sotto dei limiti dell’EPA possono essere considerati sicuri; a causa dell’applicazione di fattori di incertezza, però, un livello superiore al limite non comporta automaticamente che il residuo sia pericoloso.

Leggi anche: Con i prompt giusti ChatGPT diventa (assistente) dietista

L’acetamiprid viene applicato a fragole, uva e altri frutti e verdure per controllare gli insetti succhiatori. È un membro della classe degli insetticidi neonicotinoidi che, come i piretroidi, derivano da un composto vegetale naturale con proprietà insetticide (in questo caso la nicotina). I neonicotinoidi agiscono in modo insolito perché non colpiscono gli insetti predatori né al momento dell’applicazione né quando l’intoccabile parassita atterra su una pianta ricoperta di insetticida. Questi composti, infatti, vengono assorbiti e distribuiti in tutta la pianta, affinché l’insetto riceva una dose letale della sostanza chimica succhiando i fluidi avvelenati del vegetale. In questo caso il lavaggio diventa inefficace nel rimuovere i residui di insetticida dal frutto. Fortunatamente, un essere umano che mangiasse una fetta di torta alle fragole, o un grappolo d’uva contenente il più alto livello di acetamiprid misurato nel campionamento USDA, riceverebbe una quantità di nicotina inferiore a quella che assumerebbe con una sola aspirazione da una sigaretta. Questo è dovuto alla bassa concentrazione di insetticida nel frutto e alla relativa insensibilità della proteina bersaglio umana, il recettore nicotinico, a queste sostanze chimiche.

Il miclobutanil è un fungicida utilizzato nel farmaco clotrimazolo, impiegato nel trattamento del fungo del piede e in modo diffuso per controllare i funghi nei vigneti; sta guadagnando popolarità anche nell’industria della cannabis. Viene utilizzato in misura minore all’interno di una vasta gamma di alimenti, fibre e piante ornamentali. Il miclobutanil ha una bassa tossicità per i mammiferi, sebbene l’esposizione continua al composto a livelli elevati abbia causato effetti sulla riproduzione e conseguenze di altro genere nei modelli di roditori.

Il lavaggio accurato di fragole e uva prima del consumo è la strategia più efficace per ridurre i rischi di pericolo. Convenzionalmente o biologicamente, è la contaminazione batterica di questi frutti a provocare il maggior rischio di danni.

Ciliegie

Le ciliegie sono inserite nella lista dell’USDA dei prodotti potenzialmente rischiosi per una singola infrazione su trenta campioni analizzati: sono stati infatti riscontrati livelli elevati dell’insetticida deltametrina, composto rilevato in quantità eccessive anche su campioni di patate dolci e spinaci e a livelli consentiti su campioni di pere, cetrioli e pomodori. La deltametrina è un piretroide molto diffuso, utilizzato principalmente nell’agricoltura e nella paesaggistica. L’esposizione ad alte concentrazioni (per esempio in un ambiente agricolo) provoca una serie di effetti sull’uomo, tra cui diarrea, tremori, febbre, cefalea e insufficienza respiratoria.

Nonostante questa tossicità acuta, l’esposizione a lungo termine a livelli inferiori a quelli che provocano effetti acuti non sembra causare danni. Un singolo campione oltre il limite dell’EPA può sembrare poco degno di nota, ma occorre considerare che, essendo stati analizzati solo trenta campioni, questo singolo campione equivale al 3 percento dei campioni. Tra l’altro, il livello di deltametrina misurato era tre volte superiore al limite stabilito dall’EPA. Anche se questo singolo campione può rappresentare un’aberrazione, la cautela impone di presumere che il 3 percento delle ciliegie presenti sul mercato contenga livelli eccessivi di deltametrina: lava la frutta prima di mangiarla!

Fagiolini e cetrioli

Domanda: cos’hanno in comune i fagiolini e i cetrioli? Risposta: la parte della pianta che viene consumata è verde, allungata e può contenere livelli eccessivi dell’insetticida clorfenapir. La maggior parte degli insetticidi ha un’azione neurotossica, mentre il clorfenapir, quando viene assimilato, esaurisce quel combustibile che produce energia nell’organismo umano, ossia l’ATP. Se i livelli di ATP sono insufficienti, i sintomi dell’avvelenamento progrediscono dalla debolezza alla sonnolenza, per poi trasformarsi in letargia, insufficienza d’organo, paralisi e morte.

Nella primavera del 2016, trenta persone del Punjab, in Pakistan, morirono dopo aver mangiato un prodotto contaminato con il clorfenapir. Un commerciante che doveva ristrutturare il suo negozio aveva trasferito nel magazzino di una pasticceria nelle vicinanze alcuni prodotti presenti sugli scaffali della sua proprietà: tra gli articoli vi erano delle confezioni di insetticida clorfenapir, che riuscì a farsi strada nell’impasto dei popolari laddu proposti dalla pasticceria. Il lotto fu acquistato per il consumo in occasione dei festeggiamenti in famiglia per la nascita di un bambino: nel giro di due settimane, trentatré persone che avevano partecipato alla festa, tra cui cinque bambini, erano morte e altre tredici erano ricoverate in ospedale. Il comproprietario della pasticceria, in seguito, confessò di aver aggiunto il clorfenapir all’impasto dei laddu dopo aver discusso con il fratello, suo socio in affari.

È la dose a fare il veleno, di Gerald A. LeBlanc

Il pensiero critico e l’alfabetizzazione scientifica possono aiutarci a vivere con meno paura e ansia, mettendoci nella condizione di fare le scelte giuste di fronte a potenziali pericoli.

Solo uno dei 567 campioni di fagiolini presi in esame dallo studio dell’USDA conteneva clorfenapir in eccesso, ma questo livello era di ben sei volte superiore al limite stabilito dall’EPA. Undici dei 754 campioni di cetrioli analizzati presentavano valori elevati di clorfenapir, con una concentrazione massima di cinque volte superiore al limite dell’EPA. Sebbene esista chiaramente un pericolo associato al clorfenapir, come evidenziato dall’avvelenamento avvenuto nel Punjab, anche il consumo dei cetrioli più contaminati non garantirebbe l’assunzione di una dose sufficiente a provocare tossicità. Per essere del tutto sicuro, come puoi ben immaginare, conviene lavare accuratamente fagiolini e cetrioli prima di tagliarli o consumarli.

Pomodori

Che cosa richiama l’immagine dell’estate più che un frutto rosso e succoso? I pomodori sono tra i frutti più versatili nella maggior parte delle cucine, dove vengono utilizzati per preparare salse, succhi, insalate, panini e guarnizioni in grado di rallegrare anche la portata principale più arida. Sono anche relativamente benevoli per quanto riguarda la contaminazione da pesticidi: certo, sono stati rilevati residui di sessanta composti diversi sui 717 campioni analizzati dall’USDA, ma solo uno di tali agenti, il tetraidroftalmide, è risultato superiore al limite definito dall’EPA. Tre dei campioni analizzati (meno dell’1 percento) contenevano livelli eccessivi di questo metabolita del captano, un fungicida ad ampio spettro utilizzato per trattare una varietà di infestazioni fungine su un’ampia gamma di colture, sempre in quantità inferiori al doppio del limite EPA. Sia il captano che la tetraidroftalmide presentano una bassa tossicità per gli esseri umani e non pongono un rischio significativo ai dosaggi associati al normale consumo di pomodori.

Miscele di pesticidi

Le informazioni disponibili ci consentono di effettuare valutazioni ponderate del rischio associato ai singoli pesticidi presenti su frutta e verdura. Come mostrato negli esempi proposti, i residui dei singoli antiparassitari sulla frutta e sulla verdura comportano un rischio minimo di danni. Tuttavia, il consumatore medio potrebbe preoccuparsi dei rischi combinati, associati cioè alle miscele di antiparassitari utilizzate su alcune colture. Supponiamo che tu scelga spesso l’uva come spuntino sano da proporre ai tuoi bambini e che tu sia preoccupato per i rischi per la salute dovuti ai residui di pesticidi. L’appendice H del documento dell’USDA, da cui sono stati ottenuti i dati riportati in questo capitolo, comunica che sono stati trovati ventidue tipologie di pesticidi nel 5 percento circa dei 708 campioni di uva analizzati. Una valutazione cumulativa del rischio di tali pesticidi rivela le informazioni riportate nella prossma tabella.

Valutazione del rischio relativo ai residui di pesticidi sull’uva.

Pesticida

Concentrazione media misurata (ppm)

Livello di tolleranza dell’EPA (ppm)

Quoziente di rischio

Etossazolo

0,007

0,050

0,014

Boscalid

0,112

5,0

0,022

Ciprodinil

0,19

3,0

0,063

Difenoconazolo

0,012

4,0

0,003

Fenexamide

0,134

4,0

0,033

Fludioxonil

0,071

2,0

0,035

Iprodione

0,167

60

0,0028

Miclobutanil

0,053

1,0

0,053

Piraclostrobina

0,040

2,0

0,020

Pirimetanil

0,387

5,0

0,077

Quinoxifen

0,013

2,0

0,020

Tebuconazolo

0,043

5,0

0,0086

Tetraconazolo

0,019

0,20

0,095

Trifloxistrobin

0,017

2,0

0,0085

Triflumizolo

0,004

2,5

0,0016

Acetamiprid

0,161

0,35

0,46

Buprofezin

0,022

2,5

0,0088

Clorantraniliprole

0,027

2,5

0,011

Fenpropathrin

0,079

5,0

0,016

Imidacloprid

0,263

1,0

0,263

Metossifenozide

0,038

1,0

0,038

Spirotetrammato

0,010

1,3

0,0077

Fonte: U.S. Department of Agriculture, Pesticide Data Program Annual Summary (2016), Appendice H.

Presi singolarmente, tutti i ventidue pesticidi hanno un quoziente di rischio inferiore a 1 e perciò non rappresentano un rischio significativo. Tuttavia, il loro quoziente di rischio cumulativo (la somma dei singoli RQ) è di 1,25 (RQ > 1,0) e può diventare motivo di preoccupazione. Tuttavia, un prerequisito per riassumere gli RQ in una valutazione cumulativa del rischio è che le sostanze chimiche abbiano tutte lo stesso metodo di tossicità. Questo particolare gruppo comprendeva tre tipi di pesticidi: aracnicidi (per uccidere ragni, acari e creature correlate), fungicidi e insetticidi, che adottano almeno tre diversi modi di azione. I quozienti di rischio cumulativi per le sostanze chimiche raggruppate in base agli organismi bersaglio sono pari a 0,014 per gli aracnicidi, 0,429 per i fungicidi e 0,804 per gli insetticidi: questi risultati indicano che l’uva non presenta rischi significativi di effetti nocivi per la salute derivanti da questi tre gruppi di pesticidi. Inoltre, non tutti i pesticidi all’interno di questi gruppi potrebbero provocare tossicità con la stessa modalità d’azione. Pertanto, i quozienti di rischio dovrebbero essere ulteriormente ridotti, visto il minor numero di componenti in ciascuna categoria.

Tornando a Paracelso, è la dose a fare il veleno: la semplice presenza di residui di antiparassitari su frutta e verdura non significa che il prodotto non sia sicuro per il consumo. In ogni caso, i consumatori guidati dall’istinto hanno due strategie a loro disposizione: lavare accuratamente i prodotti e, quando possibile, acquistare alimenti biologici.

Questo articolo richiama contenuti da È la dose a fare il veleno.

Immagine di apertura originale di Monika Grabkowska su Unsplash.

L'autore

  • Gerald A. LeBlanc
    Gerald A. LeBlanc è professore di tossicologia presso il Dipartimento di Scienze Biologiche della North Carolina State University. Ha fatto parte di numerosi comitati e commissioni di consultazione scientifica federali e internazionali, tra cui il Comitato per la valutazione del rischio ecologico del Consiglio nazionale delle ricerche degli Stati Uniti.

Iscriviti alla newsletter

Novità, promozioni e approfondimenti per imparare sempre qualcosa di nuovo

Gli argomenti che mi interessano:
Iscrivendomi dichiaro di aver preso visione dell’Informativa fornita ai sensi dell'art. 13 e 14 del Regolamento Europeo EU 679/2016.

Libri che potrebbero interessarti

Tutti i libri

È la dose a fare il veleno

Valutare i rischi delle sostanze chimiche dalla tavola alla cura del corpo

28,25

40,99€ -31%

22,80

24,00€ -5%

16,99

di Gerald A. LeBlanc