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Quale futuro per FreeBSD?

15 Ottobre 2001

Quale futuro per FreeBSD?

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Se Wind River molla, Daemon News è decisa a risollevare le sorti di FreeBSD. Grazie anche all'aiuto (indiretto) di Apple.

Le attuali difficoltà economiche del mondo high-tech vanno ponendo seri problemi anche ad uno dei progetti più interessanti del mondo open source. Nell’ennesimo passaggio di consegne, sembra che Daemon News, già rivenditore delle varie versioni BSD di Unix, abbia comunque deciso di produrre e commercializzare la nuova edizione del pacchetto FreeBSD. Manovra resasi necessaria dopo la vendita dell’unità, con conseguente licenziamento degli addetti, da parte di Wind River Systems che pure ne aveva promesso il rilancio appena in primavera. Sarebbe insomma un peccato se il progetto FreeBSD non potesse continuare a vivere e prosperare — ancor più ora che una delle sue recenti diramazioni (Darwin, componente open source incluso in Mac OS X) finisce con l’abbracciare gli appassionati del giro Apple.

Partendo da quest’ultima notizia, cresce il numero di utenti in grado di far girare il nuovo sistema operativo Apple su vecchi modelli quali 7300, 7600, 8500 e simili. Ciò nonostante le nette controindicazioni fornite dalla stessa azienda di Cupertino. Il segreto? Semplice: la natura open source di Darwin, parte integrante del nuovo Mac OS X. Online circolano già ampiamente svariate release delle estensioni del kernel (offerte, com’è d’uso, gratuitamente dagli stessi autori) tramite cui procedere all’implementazione di quest’opzione. E secondo alcuni tra i più scafati, tali release supportano finanche le schede di upgrade per processori G3 e G4, con prestazioni più che rispettabili. Si tratta in sostanza dell’ampliamento dell’iniziativa avviata ad inizio estate da Apple con l’assunzione a tempo pieno di Jordan Hubbard, uno dei co-fondatori nel 1993 del progetto FreeBSD, nonché uno dei attuali programmatori-leader.

A giugno lo stesso Hubbard aveva infatti spiegato come “la linea di prodotti FreeBSD” fosse oramai di ottimo livello, mentre d’altra parte il rilascio pubblico della versione beta del nuovo OS X avesse “risvegliato il suo grande interesse e la voglia di esserne coinvolto nell’ulteriore sviluppo.” La collaborazione immediatamente avviata mirava altresì ad una maggiore integrazione tra i due mondi, spingendo Apple ad entrare con maggior risolutezza nel movimento open source — nonché capitalizzare sull’eventuale successo dell’operazione. Come primo risultato, Darwin è stato sostanzialmente basato su FreeBSD 3.2, e in tal senso proseguirà il lavoro di Hubbard e soci, inclusa la diffusione pubblica dei sorgenti. Al contempo, le suddette integrazioni dimostrano le buone prospettive di avvicinamento attuale (e futuro) tra due comunità storiche e con alle spalle diversi punti di affinità, quella Apple e open source.

L’iniziativa potrebbe (dovrebbe?) inoltre far da volano all’attività commerciale di Daemon News, la cui versione 4.5 di FreeBSD arriverà a cavallo tra fine anno e il 2002. Stavolta con l’attesa introduzione di nuove opzioni appositamente studiate per il promettente ambiente desktop. In genere gli aggiornamenti del pacchetto vengono prodotti tre volte l’anno, al prezzo medio di 24,95 dollari l’uno. Il gruppo già vende nei propri canali le diverse versioni BSD di Unix, inclusa la release precedente appena messa a punto da Wind River. Ma, evento ancor più importante, la società è attualmente in trattative con l’intero staff di sviluppatori FreeBSD. Obiettivo: rimetterlo tutto insieme e quanto prima al lavoro, come ha dichiarato Don Witt, vice presidente per Daemon News. Il tutto nella speranza di garantire un buon futuro al progetto (meglio: ai progetti) FreeBSD, pur di fronte alla crisi del settore.

Progetto nato insieme ai cugini OpenBSD e NetBSD presso la University of California di Berkeley come riproduzione dei sistemi Unix nella versione di AT&T, e rapidamente cresciuto per la sua strada. la quale sembrava farsi dorata con l’acquisizione, lo scorso aprile, dell’intera struttura di Berkeley Software Design Inc. da parte di Wind River. Quest’ultima dimostrava infatti di voler espandere le strategie del sistema operativo, puntando altresì parecchio sulle dinamiche del mondo open source. Non a caso sono state investiti parecchie risorse per il supporto e lo sviluppo non soltanto di FreeBSD, ma anche del diretto parente BSD/OS, entrambi avviati sotto BSDi. Da allora purtroppo la debacle high-tech aveva costretto al netto ridimensionamento dei sogni di gloria di Wind River.

Questa, pressata anche dall’arrivo di temibili concorrenti nel settore embedded in cui opera da tempo (in primis Lineo e MontaVista), si è presto vista costretta a tagliare fondi onde poter sopravvivere. Dovendo concentrarsi innanzitutto sui “progetti di base”, tra le prime a fare le spese della ristrutturazione è stata così l’area FreeBSD. Dopo il taglio del budget, è arrivato quello (previsto) del personale. A inizio ottobre Wind River annuncia il licenziamento in tronco di 12 programmatori addetti al progetto, mentre i restanti 4 avrebbero lavorato soltanto fino all’ultimazione della versione 4.4, ora in commercio.

Dulcis in fundo, per alcuni FreeBSD sarebbe in qualche modo superiore a Linux, poiché la licenza BSD consente alle aziende di utilizzare il software anche all’interno di pacchetti proprietari. Un connubio tra open source e closed source che sembra promettere bene (Apple docet). Sempre che non intervengano altri intoppi.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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