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Priorità, rischi e scenari della Net neutrality

19 Aprile 2006

Priorità, rischi e scenari della Net neutrality

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Negli Stati Uniti, Congresso e carrier vogliono corsie preferenziali per la banda larga, mentre aziende Internet, associazioni e utenti puntano a salvaguardare il principio di neutralità e gli interessi dei consumatori

Sul tema sempre bollente della regolamentazione di Internet, va suscitando un certo clamore negli Stati Uniti la complessa questione della Net neutrality, uscita allo scoperto per via di una proposta di emendamento alla bozza di riforma federale delle telecomunicazioni, in discussione tra breve al Congresso. La Sottocommissione su energia e commercio della Camera (controllata dai Repubblicani) ha respinto tale proposta, avanzata da Ed Markey, Democratico del Massachusetts, che avrebbe imposto, appunto, la neutralità ai provider di banda larga (telco e operatori del via cavo, tra cui AT&T, Verizon, Comcast), impedendo loro di offrire connettività migliore e più veloce a partner o affiliati a danno di entità meno potenti e danarose – nonché dei comuni cittadini. Proprio a supporto di «una legislazione non discriminatoria e a tutela favore delle decine di milioni d’utenti che sfruttano i servizi di Internet», l´emendamento aveva invece ottenuto il sostegno di nomi quali Amazon, eBay, Google, Microsoft e Yahoo!, i cui rispettivi Ceo all´ultimo momento hanno recapitato ai parlamentari un appello in cui la modifica veniva definita critica. Aggiungendo come, oltre a «salvaguardare il principio di neutralità e gli interessi dei consumatori», per il futuro stesso di Internet fosse cruciale mantenere aperte l´innovazione e competizione tipica del settore «senza sottostare alle discriminazioni dei carrier che ne controllano l’infrastruttura telecomunicativa».

Ma se la proposta di emendamento è stata respinta con netta maggioranza (8 a 23), l´iter legislativo proseguirà a fine aprile con l´esame della Commissione al completo. Altra occasione, c´è da giurarlo, per tornare ad affrontare il nocciolo della questione: la libertà concessa ai provider di progettare i propri network come meglio credono dando priorità a certi tipi di traffico, tipo lo streaming video. Una priorità, ha chiarito per tutti Mark Wegleitner, dirigente di Verizon, che è necessaria onde rendere tali servizi «economicamente sostenibili». Dello stesso avviso i parlamentari repubblicani, che hanno bollato la proposta come un inutile eccesso di timori, sull´onda della posizione del chairman della stessa Commissione Joe Barton: «Non sono affatto convinto che esista veramente un problema sulla neutralità di Internet». Tuttavia, ribatte il fronte opposto, l´assenza di paletti di salvaguardia porterebbe allo sviluppo di una sorta Rete a due velocità, basata «sui favoritismi e progettata per dare la possibilità a certi servizi di avere enormi vantaggi rispetto ad altri», ha scritto Declan McCullagh, reporter/attivista sui temi a cavallo tra Washington e telecom. Mentre per il papà del Web, Sir Tim Berners-Lee ora «Internet rischia di perdere la caratteristica più importante, la sua struttura aperta».

Semplice allarmismo? Tutt´altro, insistono i critici. Potendo bloccare qualsiasi contenuto che «interferisca con la qualità del servizio», come recita vagamente l´attuale testo, i provider potrebbero non soltanto bloccare spam o virus ma anche lo scambio di grossi file e l´accesso alle reti peer-to-peer, obbedendo così alle forti pressioni di Hollywood che le sta provando tutte pur di eliminare queste pratiche che identifica, per lo più a torto, con la pirateria cinematografica. Le telco da parte loro sono certamente interessate, per dirne una, a prevenire la nascita di reti locali wireless o Wi-Fi, oltre che a spingere per la cosiddetta convergenza delle comunicazioni, dove i giganti industriali puntano all´imposizione di un quasi-monopolio di fatto tramite il controllo delle condutture che veicolano quella banda larga necessaria a distribuire video e multimedia nelle case. Mentre a livello culturale e pro-utenti, lo stesso termine convergenza tende invece a indicare un pubblico più interattivo e partecipativo nell´integrazione dei media, cioè sempre meno couch potato passivo e statico.

Estesa a livello globale, poi, tale normativa differenziata non farebbe che alimenterebbe note pratiche repressive, basti pensare al caso della Cina, che impedisce l´accesso a certi siti con la complicità di Google per i ritorni oscurati di determinate ricerche. E in quest´ottica discriminatoria rientra anche la Internet tax proposta recentemente da AOL, che creerebbe una divisione di classe tra quanti (mega-spammer inclusi) possono permettersi di pagare tale tassa per la consegna garantita e quelli che invece dovranno accontentarsi dell´incertezza o, peggio, della perdita delle proprie missive elettroniche. La stessa AOL è stata tra l´altro colta con le mani nel sacco a censurare email indirizzate ai suoi utenti che includevano il link alla campagna in atto contro il proposto balzello. Neppure è il caso di replicare casi come quello dello scorso anno, quando la FCC dovette intervenire contro il carrier telefonico Madison River Communications per aver impedito ai propri clienti Dsl di fare telefonate via Internet tramite il VoIP.

Non mancano, insomma, gli esempi e le motivazione per cui Comcast, AT&T e soci possano effettivamente attuare simili attentati alla neutralità della rete e alla libera circolazione dei materiali online. Motivo per cui, al di là della cronaca dei fatti e della contrapposizione in atto, quel che più conta in questo frangente è informare al meglio e dare voce al pubblico, ai netizen, onde evitare che simili scenari rimangano appannaggio esclusivo di Capitol Hill e delle grandi lobby. Cosa che va succedendo in salotti virtuali e mailing list, dove tra le varie discussioni c´è anche chi, pur opponendosi alle manovre dei carrier, nemmeno gradisce le intrusioni governative, nel tipico approccio da libertarian sfegatati. Nel frattempo si stanno dando da fare anche associazioni quali Free Press, Common Cause, Consumers’ Union e soprattutto quelle più attive nell´ambito dei cyber-rights, come Public Knowledge che ha stilato un´articolata White Paper in cui si ribadiscono i principi-base dell´intera questione: «Le reti a banda larga aperte sono d´importanza vitale per la nostra società, per la futura crescita economica, per il settore high-tech e per il diritto ad un´informazione libera da censure o controlli. Anche se una policy di non discriminazione dovesse imporre qualche lieve aggravio agli operatori dei network, queste preoccupazioni micro-economiche impallidiscono di fronte ai benefici macro-economici derivanti alla società e all´economia complessiva nel mantenere aperta Internet».

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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