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Primi fallimenti del cyber shopping natalizio

27 Dicembre 1999

Primi fallimenti del cyber shopping natalizio

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Negli Stati Uniti non tutto sembra esser andato liscio in questa prima stagione natalizia di massiccio cyber-shopping. Tra le prima avvisaglie di fallimenti, al primo posto le mancate consegne dei …

Negli Stati Uniti non tutto sembra esser andato liscio in questa prima stagione natalizia di massiccio cyber-shopping. Tra le prima avvisaglie di fallimenti, al primo posto le mancate consegne dei regali ordinati online entro la mezzanotte di Natale. Tra i nomi più grossi ad aver fallito consistente tale limite sembra esserci il gigante Toys “R” Us, secondo il quale però appena il 5 per cento degli ordini ha subito consistenti ritardi. Ma intanto si è affrettato a inviare nottetempo certificati del valore di 100 dollari a quei clienti rimasti a bocca asciutta il 24 dicembre sera nonostante le promesse.

Altro grosso problema, le cui proporzioni dovrebbero materializzarsi però soltanto nei prossimi giorni, sarà il ritorno ai produttori della merce difettosa o erronea. In quest’ambito si prevede un certo caos, essendo gran parte delle società virtuali poco attrezzate per simili gestioni. Più in generale, è l’assistenza clienti il tallone d’Achille dell’e-commerce, come non mancano di mettere in luce i grandi media statunitensi. È il caso ad esempio del Washington Post, che si dice ancora in attesa di una replica alle e-mail inviate oltre una settimana fa sia eToys che a Toysrus.com con richieste su disponibilità e consegna di alcuni articoli.

Infine, questione non da poco riguarda la sopravvivenza di aziende ad hoc quali GiftCertificates.com una volta passata la stagione festiva. I responsabili di quest’ultima sono infatti preoccupati del destino dei 140 impiegati che hanno lasciato lavori stabili per avventurarsi in quest’iniziativa, e per poter restare a galla nel 2000 prevedono persino lo scontato ma apparentemente redditizio lanci in borsa.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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