Lo si capisce dal titolo, che il post di Cathryn Sloan su NextGen Journal susciti polemiche (e probabilmente sia linkbait, articolo scritto al solo scopo di dare impulso agli ascolti con una provocazione): Perché qualsiasi Social Media Manager dovrebbe avere meno di 25 anni.
L’argomentazione è sciocca, alla portata di qualsiasi postadolescente e della propria naturale presunzione di immortalità, non c’era bisogno di una specializzazione universitaria in Non Creative Fiction per esprimerla:
The mere fact that my generation has been up close and personal with all these developments over the years should make clear enough that we are the ones who can best predict, execute, and utilize the finest developments to come.
(Di tutti i puntuali tentativi generazionali di sottrarre potere ai “vecchi” per appropriazione invece che per accelerazione, questo è probabilmente il più sciocco in assoluto. Predice un oblìo vicinissimo per la generazione che lo brandisce, a breve calpestata da chi ha cinque o dieci anni meno a causa dei ritmi sempre più rapidi dell’innovazione).
La riflessione è da porre piuttosto sulla trascuratezza con cui troppi anziani (o in verità aspiranti tali) affrontano la tecnologia. Vero che le innovazioni fioccano in continuazione; vero anche che la loro fruizione diventa più facile e accessibile anche se l’elasticità mentale non è più quella degli anni verdi.
È vero, a tre anni i bambini si lamentano perché passano le dita sullo schermo del televisore e non cambia la schermata; ascoltano una canzone dalla stazione radio preferita di mamma e le chiedono di farla suonare ancora.
Allo stesso tempo, una tavoletta è tecnologia immensamente più amica e accessibile per un nonno rispetto a qualsiasi computer apparso nel passato. Le reti sociali brulicano di attività di ragazzi e però, contemporaneamente, vengono scoperte da tante persone avanti negli anni e usate come strumento quanto mai prezioso per mantenere i contatti, sublimare la difficoltà negli spostamenti, esorcizzare la solitudine.
Ho visto ottantenni fare cose con i moderni computer e servizi che voi umani non potreste immaginarvi, per parafrasare il famoso androide di Blade Runner. Ma il punto non è questo. È che gli ottantenni di vent’anni fa non avrebbero avuto la minima possibilità di accorgersene. Ed è questo che sfugge veramente alla tenera Sloan.
Ottantenni (e dintorni): accorgetevene. Parenti: in presenza di un ottantenne distratto, fate che se ne accorga. Magari proprio quest’estate. La tecnologia può ispirare immortalità senza necessariamente accompagnarsi alla presunzione.