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Play It Again, Mac

03 Maggio 2005

Play It Again, Mac

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Le aziende hanno scoperto che giocare fa bene, diverte e rende, soprattutto se a giocare sono i navigatori della Rete

Dal momento in cui si ha l’azzardo di fare capolino nell’adolescenza, il verbo “giocare” comincia ad assumere un carattere negativo. “Smettila di giocare”, “Questo non è un gioco” diventano i tormentoni di una crescita sana e responsabile. Tormentoni che hanno una scarsa efficacia dato che il gioco è una attività antichissima (lo storico Huizinga ci ricorda che è più antico della stessa cultura dato che anche gli animali giocano) e per ogni età (come invece ci ricorda la scatola del Monopoli).

L’aspetto particolare dell’attività del gioco è che le motivazioni che muovono un giocatore molto giovane e quelle che muovono un giocatore molto anziano sono più o meno le stesse. In primo luogo il gioco ha come caratteristica fondamentale quella di essere un luogo sicuro. Ci si può aggredire con cavalli e alfieri, ci si può travestire da sanguinari capi indiani o da spietati capitani di battaglie navali, ma alla fine nessuno rimane ferito (se non nell’orgoglio). Il gioco è il modo più sicuro per esplorare il mondo. Lo sanno i marines che, dopo essersi addestrati giocando a Doom, si sono trovati a dover affrontare la dura realtà nella prima guerra del Golfo. E siccome, come ammoniva Eduardo, gli esami non finiscono mai, fa sempre comodo avere a portata di mano una palestra nella quale affinare i propri riflessi o mettere alla prova le proprie capacità di intuito o strategiche senza rischiare il collo.

In secondo luogo, il gioco definisce un tempo e uno spazio dai confini netti e, diversamente dal caos della vita reale, si può aspirare a prenderne il controllo imparandone le regole. È noto, invece, che nella vita reale l’imprevisto è all’ordine del giorno e che le regole cambiano continuamente. Per questa sua caratteristica di chiarezza, il gioco è diventato il luogo dove sfogare le frustrazioni e può venire usato come chill out dei problemi sempre più complessi che la vita contemporanea pone. Sherry Turkle racconta di un top manager che si divertiva con un gioco semplice come Space Invaders prima maniera, piuttosto che cimentarsi in giochi più complessi che non facevano altro che riflettere le stesse complicate decisioni che lo opprimevano nel suo lavoro quotidiano.

Se ben congegnato, se dotato di sfide interessanti e ricompense adeguate, il gioco stimola la curiosità e la ripetizione dell’esperienza. Se ne stanno accorgendo anche i pubblicitari. Il cosiddetto advergame è ormai da tempo considerato un media molto interessante per la promozione di brands, prodotti, idee e servizi. Se n’è accorta persino l’amministrazione pubblica che, dai comuni ai ministeri, ha commissionato diversi giochi per attirare l’attenzione su alcuni dei suoi servizi.

Il luogo privilegiato per un buon advergame è la Rete Internet, che permette, a costi irrisori, di raggiungere un gran numero di utenti con metodi come la “viralizzazione”, ovvero lo sfruttamento del passaparola (via e-mail) tra i giocatori per promuovere il gioco e dunque il messaggio che porta. La Rete, inoltre, permette la creazione di un ambiente sociale nel quale i giocatori possono comunicare e arricchire l’attività ludica con l’interazione sociale e la competizione.

Sebbene un advergame possa ispirarsi a un comune gioco online o da console, deve tenere conto di alcune caratteristiche importanti. In primo luogo deve esser un gioco accessibile anche a chi non è un giocatore incallito. È necessario ricordare che esso è parte di una operazione pubblicitaria o comunque divulgativa, e che il pubblico di riferimento può non coincidere con i giocatori appassionati di videogames. Persiste una certa difficoltà di utilizzare la tecnologia in ambienti fortemente interattivi, per cui la semplicità delle regole e una tecnologia poco invasiva sono regole d’oro per rendere il gioco piacevole. Il gioco può contenere livelli successivi, nei quali la difficoltà strategica può aumentare, sempre nell’ottica di un assottigliamento del numero degli utenti.

Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, meno plug-in, meno lunghi loadings, meno installazioni sono necessarie e meglio è. Un programma come Macromedia Flash ha aiutato molto la produzione degli advergames, dotandoli di un supporto largamente diffuso, multipiattaforma, ottimizzato per la Rete e relativamente semplice da progettare rispetto ai linguaggi di programmazione tradizionali.

Dal punto di vista tematico più che strategico, il gioco deve essere competitivo. La competizione semplice implica un minor coinvolgimento mentale e il gioco (come già visto prima) può fungere anche da momento di relax, dunque può essere giocato nelle pause dal lavoro o dopo una giornata faticosa con una maggior disponibilità a recepire i messaggi contenuti. La competizione può incoraggiare la comunicazione, creando un’agonismo sia reale (tra colleghi di lavoro o compagni di scuola o i frequentatori di un locale) sia virtuale (tra i navigatori). Soprattutto, poi, se il gioco è multiplayer.

Un ultima annotazione, ma forse la più importante di tutte, è il fatto che nel progettare un advergame non bisogna perdere di vista il punto focale: non il gioco in sé ma il marchio, il prodotto, il servizio da promuovere sono la cosa importante. La progettazione di un gioco in questo contesto ricalca la differenza che c’è tra un film d’autore e uno spot pubblicitario. L’intreccio, i personaggi, la colonna sonora (e nel caso del gioco l’interazione) non sono funzionali alla storia ma alla dimostrazione di una tesi (il prodotto è buono, irrinunciabile, alla moda).

Semplice, immediato, flessibile e personalizzato l’advergame è una opportunità estremamente interessante sia per la pubblicità, sia per la divulgazione di informazioni che altrimenti risulterebbero poco interessanti. Naturalmente non risolve tutti i problemi di comunicazione. Per la trasmissione di messaggi complessi è comunque necessario un sistema di comunicazione più profondo ed esaustivo (non credo ci si possa laureare giocando), ma l’advergame può essere un buon metodo di approccio.

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