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Piccole storie di buon business in mezzo alla carneficina delle dotcom

28 Febbraio 2001

Piccole storie di buon business in mezzo alla carneficina delle dotcom

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Dopo un anno di crash delle imprese del Web chi decide di lanciare una nuova start up viene guardato, soprattutto negli Usa, con stupita incomprensione. Eppure proprio dalla Silicon Valley giungono alcune storie di e-tailers redditizi che hanno saputo affrontare la Rete con meno fanta-investimenti e con più buon senso.

Proprio negli ultimi mesi alcuni impavidi imprenditori hanno messo in piedi negozi virtuali consapevoli che la vendita on line è una carta ancora da giocare. I protagonisti di queste piccole storie non dimenticano le vecchie regole della old economy, come ad esempio che creare profitti non è un fatto marginale e investire miliardi in pubblicità non produce un ritorno immediato di clienti. La costruzione di un marchio è qualcosa di molto più complesso.

Il Mercury Center di San José in California ci racconta alcune storie interessanti.
La regola comune è chiara: se è vero che la gente vuole comprare in Rete, è anche vero che si tratta di una modalità d’acquisto secondaria e quindi è bene progettare business adeguati e non sproporzionati nelle previsioni.

La prima storia è quella di Dina Tevas e del suo eWonderfulLife.com. La giovane imprenditrice, rifiutata dal venture capital, ha ridimensionato il suo progetto ed è partita con un investimento di 85mila dollari. Ha lanciato il suo sito a settembre 2000 vendendo abbigliamento esclusivo disegnato dagli stilisti di Holliwood per le celebrità.

Gli stilisti hanno accolto il progetto e Dina sta proseguendo con un business adeguatamente dimensionato che non prevede sconti insostenibili sulle consegne e neanche saldi boomerang. Il sito, che incassa tra i 5 e i 10 mila dollari al mese, si sta espandendo e ha coinvolto alcune boutique vere in cui è possibile valutare la qualità della merce.

Altre due donne, Melinda Konopko e Risa Meyer, sono le protagoniste di un’altra storia interessante. È quella di PlumParty.com, un sito dedicato alle feste specializzato in articoli e materiale per i party normali e a tema. Sono partite nel dicembre 2000, un mese rivelatosi infausto per molte dotcom.

Sanno che il loro negozio può avere successo, ma ci vanno piano con gli investimenti e le strutture. Non assumono migliaia di dipendenti non potendoli pagare, non investono cifre esorbitanti senza prima aver testato il loro giro d’affari. Insomma, anche le due giovani “festaiole” hanno osservato gli errori delle dotcom spendaccione e cercano di non ripeterli (GreatEntertaining.com,sito anch’esso dedicato alle feste, ha chiuso un mese fa).

“Internet non è sparito. È sempre più reale e se lavori in maniera ragionavelo puoi guadagnarci”, afferma Meyer.

Ancora una storia è quella di Nathaniel Gurien. Per due anni ha venduto su aste on line articoli elettronici a prezzi molto scontati. Poi, prima di Natale, ha lanciato World-Exchange.com. Ha già recuperato la metà degli investimenti, ridotti al minimo.
“Lavori diversamente se stai spendendo i tuoi soldi e non ti hanno scaraventato addosso 20 milioni di dollari per il tuo progetto. Bisogna ponderare ogni singola spesa nel dettaglio e se sei pieno di soldi, non lo fai”.

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