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Perché Apple sta perdendo anche il mercato scolastico?

03 Ottobre 2002

Perché Apple sta perdendo anche il mercato scolastico?

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Accanto a editoria e grafica, il polo strategico di Apple, quanto meno negli Usa, era dato dalle scuole. Il fatto è che oggi alle classi d'America piace di più XP

Non erano molte le roccaforti sulle quali l’unico baluardo contro l’omologazione al grande fratello dei mainframes Ibm e alla “Microservitù” delle finestre-spia poteva contare. L’Apple di Steve Jobs aveva deciso di concentrarsi sulle nicchie di eccellenza e, probabilmente, se fosse dipeso solo dal rinnovo delle macchine, avrebbe anche potuto riuscirci.

Accanto a editoria e grafica, più qualche ritaglio di multimedia e Web editing, il polo strategico di Apple, quanto meno negli Usa, era dato dalle scuole. Il fatto è che alle classi d’America piace di più XP. C’è da dire che si tratta ormai dell’ultimo ambiente di lavoro che si ponga in qualche modo il problema dell’interfaccia uomo-macchina, che fu il punto forte di MacOS dall’84 a circa un paio d’anni fa. Oggi, l’alternativa a Windows, rimane UNIX nelle sue varie forme: Solaris, Linux e adesso anche Apple.

È noto che il nuovo sistema Mac è il più bel UNIX sul mercato, cosa che fa piacere ai sistemisti (che comunque del “bello” in genere non sanno che farsene), ma non certo agli utilizzatori, da sempre affezionati a quell’ambiente che era “parte di loro” fino a difenderlo contro ogni detrattore, costituendo il vero vantaggio competitivo della casa di Cupertino.
Jobs poteva, inoltre, contare su diverse software house che credevano nella mela rosicchiata e continuavano a metterci qualcosa di diverso, qualcosa in più, nei prodotti per Macintosh.

Agli Expo di Apple anche quelli hanno iniziato a negarsi, a disertare e a farlo senza vergogna, senza cercare di nascondere il disagio nel trovare fiducia in una transizione che non convince i più. “Perché investire nello sviluppo di software che useranno un pugno di potenziali consumatori?” si sono chieste Microsoft, Macromedia, Adobe, che pure fedelmente hanno rispettato i patti con i loro porting, anche se talvolta distratti.

Non è certo possibile rispolverare le alternative, da Copeland-Gershwin a BeOS, anche perché gli sviluppatori di quei progetti oggi sono tutti in Palm a lavorare sui prossimi sistemi operativi palmari, i più usabili e amichevoli. Nonostante siti e riviste Mac stiano forzando la mano a convincerci del contrario, X non ha niente a che vedere con Mac OS e la maggior parte degli utilizzatori storici non lo usa. Quando hanno provato ad utilizzarlo non ci hanno capito niente, hanno avuto una montagna di problemi a far convivere due ambienti simultanei e ancora di più a comprenderne la necessità di un tale spreco.

Una vecchia pubblicità di Apple mostrava un bambino che i manuali li usava solo messi in pila per arrivare a sedersi all’altezza del video. Non è certo più così. Anche gli insegnanti che ieri si trovavano a loro agio con quelle macchine, non capiscono perché dovrebbero rimettersi a studiare, dal momento che la concorrenza è più semplice. In più, è ormai evidente che, dove ieri la scuola influenzava gli acquisti domestici, oggi avviene il contrario: insegnanti e allievi hanno a casa macchine con Windows XP ben curati e non accettano di accontentarsi di un sistema robusto ma farraginoso solo per la fama di facilità che vantava nel passato.

Anche perché nessuno spiega loro che il “vecchio” MacOS Classic è ancora competitivo, perché il multitasking era un’idea vecchia di quando le macchine funzionavano con i DOS, mentre oggi ha senso solo in computer multiprocessori di cui ben pochi di noi sentono l’esigenza. Che il “mono-task” del Classic è molto più veloce efficiente dei “multi-task” Windows e di quelli UNIX messi assieme. Che quello che manca di più è la memoria protetta, ma che se l’OS in background va in blocco e viene fatto ripartire con tutte le applicazioni dentro non c’è stato nessun guadagno (inoltre i blocchi in Linux, in X e in NT non sono così rari). Che la necessità di macchine multi-utente non sono tanti ad avercela e che, oggi come oggi, i sistemi Classic sono più sicuri di Linux, di X e ovviamente di Windows.

Dal ’90 Apple dominava incontrastata nelle aule, nonostante i più arditi tentativi di Gates & c. Laddove l’anno scorso Apple vantava uno share del 20,2% nelle scuole USA, ora, nonostante possa proporre macchine migliori a prezzi più competitivi, come gli e-Mac a 17″, è scesa al 15,2% contro il 35% di una più aggressiva Dell.

Proprio nel momento in cui Jobs lancia il modello del Digital Hub si vede sfuggire uno dei principali target di reti e di condivisione. La competizione fra Airport e Wi-Fi che doveva favorire un’Apple uscita allo scoperto in anticipo, la sta tagliando di fatto fuori proprio a causa dei vincoli di compatibilità posti alle proprie macchine per imporre un mercato difficile da governare come quello del wireless, che nella scuola aveva fra i clienti potenzialmente più motivati.

La programmazione per studenti che vantava le meraviglie concettuali di un HyperCard è stata seppellita da lustri a favore di ben peggiori prodotti importati dal mondo PC, come il triste Real Basic.

C’è chi dice che si tratta di una guerra ormai persa, e forse ha ragione.
Apple è comunque una Fenice che ha saputo stupire tutti in più di un’occasione. Chissà che, sotto-sotto, affascinato com’è dal modello Sony, Jobs non voglia abbandonare il mondo dei “computer” vecchia maniera a favore dello sviluppo di device personali, indipendenti, diversificati, portabili e in fondo indifferenti ai sistemi operativi con cui dialogare?

Questa storia infatti ha una morale: assieme ai Game Boy, alle consolle taroccate, agli iPod con i files scambiati fra compagni e che fanno anche da hard disk e le fotocamere digitali a poco prezzo, per la scuola ai ragazzi si addice meglio un buon palmare, magari con la tastiera smontabile, che si collega al cellulare con Bluetooth e che scambia dati con tutte le macchine che i professori, la cui generazione non sa staccarsi dall’idea della potenza inscatolata e complicata dei computer, li costringono ad usare.
Forse, a tendere, quella dei PC di scuola potrebbe essere una questione di retroguardia, non fosse che costituisce ancora la sostanza principale dei flussi di cassa.

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