Sono convinto che l’unico motivo per cui la gente utilizzi ancora Emacs è perché nessuno ricorda come uscirne.
Nello spazio di un tweet, un utente riassume un tratto comune a molti editor di testo nati agli albori dei sistemi Unix: l’apparente astrusità di diversi comandi.
I am convinced the only reason people are still using Emacs is nobody can remember how to exit out of it.
— Charlie Kindel (@ckindel) January 11, 2012
Emacs e Vi sono due esempi eclatanti in questo senso! Vim (forma contratta di Vi improved) è il clone più famoso di Vi. Il motivo per cui, a più di 20 anni dalla sua prima versione, rilasciata per Amiga, Vim sia un editor di testo largamente utilizzato non ha tanto a che fare con cervellotiche combinazioni di tasti. Ars Technica propone un elenco di buoni motivi in un bell’articolo pubblicato per celebrare appunto un ventennio di produttività con Vim.
Per prendere dimestichezza con i comandi basilari di questo splendido tool si possono leggere i primi due capitoli di Learning vi and Vim Editors (editore O’Reilly) oppure si può decidere di giocare a Vim Adventures: un bizarro incrocio tra La leggenda di Zelda e il text editing. Puro amore divulgativo mi ha portato ad approfondire quest’ultima strada. Il gioco web-based è niente affatto semplice. Del resto le istruzioni del gioco si concludono con parole che avrebbe potuto pronunciare il maestro Yoda:
Non puoi raggiungere il livello successivo fino a quando non avrai padroneggiato una abilità.
La lingua franca del web incontra la lingua franca del text editing per rendere meno ripida la curva di apprendimento di un tool onnipresente come Vim. L’applicativo rappresenta un impiego meno appariscente delle tecnologie web rispetto ad altri proof of concept. Non ha grande impatto visuale ma produce sana alfabetizzazione informatica.