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Partito il processo di revisione pubblica della GPLv3

24 Gennaio 2006

Partito il processo di revisione pubblica della GPLv3

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Una conferenza internazionale ha dato il via al dibattito sulla nuova versione della storica licenza-manifesto del software libero e open source

«Aiutateci a preservare il vostro diritto a personalizzare, manipolare, condividere e studiare il codice»: questo lo slogan sotto cui è stato avviato un momento cruciale per la GNU General Public License. Meglio: per l’intero movimento del software libero e open source. La Free Software Foundation ha rilasciato la prima stesura della versione 3 della storica GPL onde aprirne la discussione.

Rispettando in pieno la pratica della partecipazione collettiva, ciò si è concretizzato in un vero e proprio evento pubblico: la First International Conference on GPLv3, da poco svoltasi al Massachusetts Institute of Technology di Cambridge. Con apertura affidata, ovviamente, prima a Richard Stallman e subito dopo a Eben Moglen (nelle vesti di chairman di una recente entità, denominata Software Freedom Law Center), la manifestazione ha impostato al meglio la dinamica di pareri e opinioni sulla prima stesura, mirata comunque a risolvere svariate questioni sorte nei 15 anni trascorsi dall’implementazione della GPLv2, nonché sulle sue implicazioni complessive, incluse quelle a livello internazionale.

L’evento ha rappresentato soltanto il primo passo del lungo processo di revisione, che, oltre ad un’ampia documentazione disponibile online (con annessa possibilità di inviare ulteriori annotazioni), prevede una seconda sessione di discussione pubblica dal vivo in giugno e, se necessaria, una terza in autunno – con il rilascio della release finale a inizio 2007, o appena raggiunto l’accordo generale. Va aggiunto che, manco a dirlo, il dibattito è già fervente su Internet.

Si tratta di un progetto assai importante non solo per il mondo informatico, dove la GPL viene impiegata per migliaia di programmi liberi e/o open source, da Samba a MySQL allo stesso kernel Linux. In realtà nell’attuale versione si estrinseca la filosofia e la visione di Stallman, fondatore della FSF e unico estensore della GPLv2 nel 1991, dopo aver raccolto le opinioni di avvocati e di programmatori sulla prima versione stilata nel 1989. Da allora la licenza si è imposta, oltre che come documento strettamente legale, come manifesto cultural-politico per l’intero movimento legato alla libertà di software e, per estensione, contro la privatizzazione delle idee e a favore della condivisione della conoscenza.

Non a caso nei documenti di background rilasciati per l’occasione dalla Free Software Foundation, si legge tra l’altro: «Le modifiche alla GPL, proposte per qualsiasi motivo, non devono danneggiare il sottostante movimento mirato ad un più libero scambio di conoscenza. Riguardo quelle misure tecnologiche o legali che il movimento ha identificato come possibili pericoli contro tali libertà, quali il ‘trusted computing’ o l’ampliamento nella portata delle norme sui brevetti, la GPL deve affrontare simili questioni in base alle prospettive dei principi politici e delle necessità del movimento, non rispetto alle relative conseguenze industriali o commerciali». Altrettanto cruciale il fatto che «il processo di revisione della GPL divenga occasione per un auto-esame», onde focalizzare e seguire le «migliori pratiche possibili sia per gli avvocati che per la gente comune».

A livello più tecnico, Stallman ha spiegato che la nuova versione affronterà e chiarirà svariati punti specifici evidenziatisi in questi anni, tra cui: una clausola per proteggere il software sotto GPL dai pirati armati di brevetti, ovvero il divieto all’uso della licenza per quelle aziende che abbiano denunciato programmatori colpevoli di aver scritto codice contenente infrazioni ai propri brevetti aziendali; un meccanismo atto a gestire l’uso di pacchetti GPL sugli apparecchi dotati di quelle tecnologie Drm (Digital Rights Management) in grado di limitare le libertà su tale software; opzioni rispetto all’uso di software GPL su server che offrono servizi pubblici su Internet, dove comunque le modifiche siano consentite solo se il programma viene liberamente ri-distribuito sempre sotto GPL; clausole ad hoc per fare in modo che la GPL sia maggiormente compatibile con altre licenze adottate per il software libero e open source (tipo le varietà della BSD del giro Apache).

In attesa di seguire gli sviluppi di quello che si preannuncia come un dibattito necessariamente lungo e acceso, va infine segnalata anche la programmata revisione della Lesser General Public License (LGPL), variante che consente di collegare tra loro parti di codice libero e proprietario, area questa di crescente interesse per sviluppatori e aziende di entrambe le parti. Il tutto sempre con la premessa di salvaguardare la libertà-base dell’utente (il codice deve poter essere visibile, copiato, modificato e ridistribuito) e dare prioprità al principio secondo cui il software libero è una faccenda di libertà e non di prezzo (as in freedom, not in free beer).

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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