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Non tutto il software viene per nuocere

06 Novembre 2013

Non tutto il software viene per nuocere

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L'obiettivo e non il modo di raggiungerlo. È l'approccio che abbraccia tanto il mondo degli atomi quanto quello dei bit.

Da quando esiste il microprocessore, il mondo ha chiesto due professionalità distinte: hardwaristi e softwaristi. Gli uni fermamente convinti che gli altri fossero la fonte dei loro problemi. Oggi, forse, inizia un’era differente.

Probabilmente anche i limiti tecnologici in gioco, nell’una e nell’altra metà del campo, hanno aumentato per decenni un notevole divario di conoscenza. Solo una maggiore conoscenza reciproca avrebbe potuto cambiare i punti di vista e forse, oggi, abbiamo parecchi strumenti in più perché ciò avvenga, grazie alle semplificazioni che l’uno e l’altro mondo hanno introdotto. Le nuove possibilità di integrazione e le nuove filosofie di approccio ai problemi consentono più creatività e sperimentazione. Lo dimostra un interessante intervento di Quinn Dunki, softwarista applicata alla produzione di giochi per trent’anni, cioè da poco meno di quando è presumibilmente nata, che afferma:

Sono stata una sviluppatrice di software per un bel po’. Quando si dedica del tempo abbastanza a lungo a un mondo specifico è facile chiudersi in una prospettiva sempre più ristretta. […] Comunque è sempre bene allargare i propri orizzonti e risolvere quanti più problemi diversi sia possibile. A tal fine, di recente ho iniziato a interessarmi dell’elettronica amatoriale. Il viaggio è stato molto illuminante per parecchi motivi.

È un altro tassello a quanto credo che si possa ormai affermare con notevole certezza: lo sviluppo di schede come Arduino o Galileo di Intel possiede un merito epocale. Perché, fornendo facilmente strumenti di creatività, costringe a guardare alle cose nella loro globalità, puntando all’obiettivo e non al modo specifico necessario per raggiungerlo. È l’approccio dei makers, creativi di nuova concezione, non difensori di vecchie divisioni. Conoscere un linguaggio di programmazione e insieme sapere di interfacciamento di una scheda di sviluppo al mondo reale dovrebbe fare parte del bagaglio culturale di ciascuno, qualunque sia la destinazione lavorativa o la provenienza scolastica.

T-shirt "sorgente per cambiare il mondo"

Nuove basi di cultura generale, dalle quali partire per cambiare il mondo.

Anche le ricerche di personale dovrebbero diventare più furbe, senza chiedere esperienze annuali a un laureato appena sfornato, ma piuttosto applicazioni fluenti di sketch (le particelle in linguaggio C che servono a corredare una scheda Arduino-compatibile), anche apprese da autodidatta. La cosa segnalerebbe una preziosa passione per la creatività tecnologica, più che una preparazione a imbuto verso mondi troppo tradizionali.

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