La prima osservazione da fare è di contesto: i musei americani sono in crisi. Colpiti dalla crisi del turismo seguita all’11 settembre e dai tagli drammatici di bilancio imposti dal governo Bush alla cultura e alla scuola, i musei statunitensi sono oggi costretti a rivedere al ribasso i propri budget di cifre importanti, che spesso significano licenziamenti e riduzione dei progetti.
Nonostante questa situazione di crisi generalizzata, il livello medio dei progetti web presentati è sempre piuttosto alto; anzi, si può dire che anche il web culturale si stia avviando ad una fase di maturità, in cui i risultati educativi e comunicativi contano quanto, e forse più, delle tecnologie impiegate per raggiungerli.
Infine, è completamente superata la fase “motivazionale”. Nessuno oggi si chiede perché un museo debba avere un sito; tutti i musei rappresentati nella conferenza investono un quantitativo notevole di risorse nel proprio sito, e lo considerano un ambito importante della propria comunicazione; per i musei più grandi il sito rappresenta anche una voce di bilancio significativa anche per le entrate, grazie alle vendite e alle membership online.
Se dovessimo identificare delle tendenze generali tra gli oltre 70 paper presentati, potremmo identificare alcune aree fondamentali di interesse:
innanzitutto, l’adeguamento ai web standard. Non a caso il paper di apertura in sessione plenaria, il posto tradizionalmente più importante che dà il tono all’intera conferenza, è stato affidato non ad un museale ma ad un web designer, Jeffrey Zeldman, profeta dei web standard ed animatore del celebre sito di design A List Apart. Il messaggio di Zeldman è stato netto: “usate XHTML e i CSS e non ve ne pentirete”. Il paper di Zeldman ha riscosso apprezzamento unanime, anche se non è facile stabilire quanti metteranno subito in pratica i suoi suggerimenti.
Altro tema caldo, l’accessibilità. In numerose nazioni è in atto un tentativo culturale e legislativo volto a migliorare l’accessibilità dei siti web tramite l’adesione agli standard W3C di accessibilità; in Italia con la legge Stanca, negli USA con la Section 508, ecc. Per questo diversi paper erano dedicati al tema, tra i quali uno particolarmente interessante era italiano, di Paolini, DiBlas, Speroni e Capodieci. In sostanza nel paper si contestava l’approccio “tecnicistico” al problema dell’accessibilità; non c’è vera accessibilità se le pagine sono tecnicamente leggibili dagli screen reader ma non sono usabili e sono prive di significato per l’utente. Un approfondimento su questo tema verrà presto pubblicato sul sito dedicato alle nuove tecnologie nei musei italiani, recentemente ampliato e rinnovato.
È da circa due edizioni che i palmari occupano un posto di primo piano tra i paper presentati a Museums and the Web. Molti musei stanno guardando con attenzione alle sperimentazioni compiute sia in USA (Smithsonian Museum) sia in Europa (tra gli altri, Tate Modern e Museo del Cinema di Torino). Al Getty Museum di Los Angeles è in fase di avviamento la prima applicazione su larga scala (circa 400 palmari a disposizione del pubblico). In sostanza l’idea è quella di una audioguida multimediale, che permette al visitatore di ricevere sul proprio palmare testi e filmati interattivi riguardanti l’opera che ha di fronte, e al museo di tracciare i comportamenti dei singoli visitatori ricavandone dati preziosi per capire meglio la propria utenza. In teoria un ottimo strumento, in pratica ancora fortemente limitato dall’immaturità della tecnologia; i palmari sono ancora troppo costosi e le batterie si consumano troppo in fretta per permettere applicazioni su larga scala, almeno fino a questo momento; il rapido tasso di evoluzione della tecnologia fa però ben sperare in applicazioni disponibili già nel prossimo futuro.
Infine, un tema che ha sempre accompagnato la professione museale, ma che adesso risulta di rinnovato interesse è quello dei metadati. Da molto tempo infatti curatori museali e bibliotecari lavorano con i dati che servono per classificare le opere: autore, titolo, anno, ecc. Oggi che molta attenzione è rivolta al web semantico e all’utilizzo di linguaggi come XML per la classificazione dei contenuti, l’antico sapere dei bibliotecari gode di rinnovata importanza, e viene trattato in numerosi paper, tra i quali uno, molto interessante, del National Museum of Australia sull’uso dei database delle collezioni per scopi educativi/culturali.
Quasi tutti i paper presentati sono online sul sito della conferenza.