È terminato appena prima delle vacanze con un divorzio consensuale quello che, sin dal principio, è stato visto dai più come un matrimonio difficile. Ne dà notizia Ian Hickson – editore, non più unico, della specifica – con il suo solito strisciante sarcasmo. La mail con cui illustra quanto accadrà inizia così:
If you’ve been happily ignoring the W3C’s involvement with HTML these past few years, you can stop reading now.
Da una parte WHATWG, sigla impronunciabile dietro cui si nasconde l’ente che dal 2004 a oggi si è speso per portare avanti l’evoluzione di un linguaggio nel quale il W3C non credeva più. Dall’altra il W3C, appunto, che dopo aver dato per morto HTML trova la forza di accantonare quel disastro che va sotto il nome di XHTML 2.0 e tornare sui suoi passi per dare il proprio convinto sostegno ad un progetto di indubbio successo.
Seppure d’accordo sui grandi obiettivi, i due enti hanno sempre messo in pratica un metodo diverso per raggiungerli. Il WHATWG ha mostrato insofferenza per gli aspetti più burocratici del venerabile processo di gestione della specifica del W3C: troppo lento, inutilmente complicato, in grado di perdersi in dettagli di poco conto. Il W3C, dal canto suo, non ha mai digerito il living standard, un modo di manutenere la documentazione che contempla cambiamenti frequenti, spesso di piccola portata, il tutto per tenere traccia in modo tempestivo del grado di concreta adozione della specifica tra i principali browser.
Gli screzi fra i due enti non sono mai mancati; alcuni sono anche stati clamorosi come la decisione di Ian Hickson che, il giorno dopo la presentazione del logo HTML del W3C con un 5 all’interno di uno scudo, scrive un articolo per dichiarare che il nuovo nome di HTML5 sarà, da lì in avanti, semplicemente HTML dismettendo il numero di versione.