Dopo un periodo di relativa calma, successivo alla sentenza del governo americano che ha sancito lo squartamento in due della casa di Redmond, l’estate sta portando nuove ondate di problemi giudiziari tra i big dell’informatica. La vicenda che ha coinvolto nelle ultime settimane Microsoft e Oracle ha preso un taglio forse nuovo per le grandi querelle giudiziarie del mondo dell’Information Technology; una via di mezzo fra la spy story e la cronaca scandalistica.
Ricostruiamo i fatti, per chi se li fosse persi o fosse stato un po’ distratto.
Il Wall Street Journal e il New York Times, in contemporanea, pubblicano un articolo in cui si racconta che Oracle ha assoldato investigatori privati allo scopo svolgere importanti investigazioni durante il “caso Microsoft”, per dimostrare che due associazioni coinvolte nella vicenda come testimoni a difesa di Gates & C. sono finanziate e controllate dalla casa di Redmond. A questo punto non si sono fatte attendere le ire funeste di Microsoft che ha tuonato contro la mancanza di scrupoli di Larry Ellison. Secondo Bill Gates, si tratta certamente della punta di un iceberg di scorrettezze messe in atto illegalmente per screditare il suo operato.
A sua volta Oracle per bocca dello stesso Larry Ellison ha ammesso le indagini, ritenendole, però, legittime per l’accertamento della verità nel caso antitrust. Lo stesso Ellison si è esibito in una dichiarazione da azzeccagarbugli in carriera: “Non stavamo spiando – ha detto -, stavamo cercando di portare alla luce le azioni di Microsoft”. Pare che in effetti gli investigatori al soldo di Oracle si siano introdotti in una serie di computer e passato al setaccio persino la spazzatura di Microsoft per verificare le implicazione dell’azienda nelle azioni dell’Association for Competitive Technology e dell’Americans for Technology Leadership, le due associazioni in questione.
Sicuramente Oracle ha usato metodi un po’ disinvolti e ai limiti della legalità. Peraltro per avere informazioni che sarebbe stato facile procurasi con sistemi più leciti. Nella saga del caso antitrust è stata chiara e spesso trasparente, la faraonica opera di lobbyng messa in piedi, in perfetto stile americano, da Microsoft. Un’azione che ha coinvolto decine di associazioni o enti che chiamati a difendere le sue tesi morali e operative. Al limite, occorre verificare se questo spionaggio in casa Gates non avesse anche altri fini, decisamente più strategici.
Tutto il caso ha però portato alla luce un mondo sconosciuto al grande pubblico: quello della cosiddetta competitive intelligence tra le aziende informatiche, una pratica abituale tra le grandi del settore, una vera e propria guerra fatta di controlli e intercettazioni che ormai non ha nulla da invidiare ai film polizieschi. Su queste battaglie in puro spy style, si innestano anche manovre per orientare il consenso del grande pubblico contro i rivali. A questo punto la guerra tra le due aziende ritornerà agli avvocati e alla giustizia che dovrà verificare se esistano reati da contestare a Oracle. Nel frattempo sembra che l’onda lunga di successi dell’azienda di Larry Ellison – che ha quadruplicato il suo valore in Borsa negli ultimi 12 mesi – stia incontrando le prime difficoltà. Segnale da non sottovalutare, le dimissioni del presidente di Oracle, Ray Lane, uno degli uomini d’oro dell’IT americana.