L’incertezza che da qualche caratterizza il mondo delle dot-com non poteva non colpire anche il l’universio Linux. Tra cadute in borsa e ristrutturazioni aziendali dei maggiori distributori, la tedesca SuSE manda a casa 30 dei 45 impiegati che, in quel di Oakland, California, gestivano l’ufficio nord-americano. Pur senza precisare il numero dei licenziati, identica la decisione presa nei giorni scorsi sia da Turbolinux che Linuxcare, che sperano di rifarsi con l’ormai prossima fusione. Nel frattempo sembra che Microsoft stia reclutando sviluppatori Linux in Australia, mentre il Dipartimento di Giustizia USA apre un altro fascicolo a suo carico: stavolta per via del cospicuo investimento ottobrino in Corel, possibile preludio a ulteriori pratiche anti-competitive.
La nuova ondata di licenziati in aziende Linux fa seguito a similari manovre di mesi addietro. A maggio, Turbolinux aveva tagliato 52 dipendenti e a settembre ne contava poco più di 250, con un andamento negativo direttamente proporzionale a guadagni in chiaro ribasso. Anziché crescite pari al 100 per cento e più, la norma fino a un paio d’anni fa, ora i portavoce della società si accontentano di un più 35-40 per cento annuale, e intanto si danno fare con ristrutturazioni e fusioni. È infatti in dirittura d’arrivo l’annunciato inglobamento da parte della stessa Turbolinux della vicina Linuxcare, la quale da parte sua ha appena licenziato 10 per cento dello staff, ovvero una quindicina di addetti ad amministrazione e assistenza clienti.
Una soluzione che potrebbe rivelarsi assai positiva per entrambe le società, visto il panorama in discesa del settore, pur a fronte degli attuali problemi gestionali di entrambe. In particolare, Turbolinux troverebbe nuova linfa dopo l’inizio della procedura per entrare in borsa avviato in autunno, nella speranza di tirar su almeno 60 milioni di dollari. Le recenti diminuzioni nelle entrate i licenziamenti non hanno certo inciso positivamente sui potenziali investitori, e la fusione con Linuxcare potrebbe rinvigorirne l’immagine da una parte e far risparmiare dall’altra. Da ricordare che anche i top distributori hanno i loro problemi in questo senso. A dicembre Red Hat aveva licenziato 20 impiegati, mentre VA Linux ha ripetutamente annunciato crescite inferiori al previsto.
Inseguendo il medesimo obiettivo di ridurre sui costi, anche la tedesca SuSE taglia (drasticamente) il personale dell’ufficio statunitense, pur precisando che ciò non avrà effetto alcuno sul lavoro di programmazione. Quest’ultimo viene svolto in Germania, dove la società primeggia in ambito Linux, e dove d’ora poi dovranno rivolgersi anche i clienti nord-americani bisognosi di assistenza. “L’operazione non porta ad alcun mutamento della strategia operativa per il mercato USA,” precisano i portavoce di SuSE, la quale “manterrà attivo il supporto 24 ore su 24 e proseguirà le partnership in corso con Compaq e IBM.” Ma secondo alcuni esperti la manovra rivela una certa volontà di centralizzazione sul controllo gestionale, con possibili conseguenze poco piacevoli tra i partner in terra statunitense. Rischi forse non ben calcolati, visto che SuSE rientra tra le sole quattro società Linux che vantano accordi per l’assistenza clienti a livello mondiale con IBM ed altri grossi produttori. Le altre sono Red Hat, Caldera Systems e Turbolinux, con la parigina MandrakeSoft che spinge per entrare nel pool.
In tal senso va comunque segnalato che nel corso del recente LinuxWorld Conference & Expo di New York la stessa SuSE ha annunciato l’allargamento della partnership con IBM, la cui divisione globale s’appoggerà direttamente agli esperti dell’azienda tedesca per risolvere problemi che involvono cambiamenti nel codice di programmazione.
Dulcis in fundo, un paio di flash sulla solita Microsoft. Si prevede intanto che il nuovo responsabile anti-trust dell’amministrazione Bush (l’avvocato Charles James, ancora da proporre formalmente al Congresso) se la prenderà comoda con l’annoso procedimento giudiziario. In parte ciò si deve al nuovo corso presidenziale, poco o nulla propenso a sollecitare frazionamenti o divisioni della mega-azienda di Redmond. È inoltre vero che, calmatesi le pressioni popolari, un po’ tutti si auspicano l’arrivo di decisioni meno drastiche da parte della corte d’appello (che prenderà in esame il caso a fine febbraio), rispetto a quanto prospettato mesi addietro dall’aggressivo giudice Jackson.
Nel frattempo gli investigatori di Washington hanno aperto un’ulteriore indagine nei confronti di Microsoft, sempre in tema di anti-trust. Come ha spiegato la portavoce del Ministero di Giustizia, “stiamo verificando la transazione in cui Microsoft ha investito 135 milioni di dollari in Corel lo scorso ottobre, considerandone in particolare i possibili effetti sulla competizione commerciale.” In pratica, visto che Gates & Co. già dominano il mercato con il pacchetto Microsoft Office, un tale investimento potrebbe portare all’affossamento del diretto concorrente, il software di Corel WordPerfect Office — tra l’altro disponibile anche in versione Linux. Del tutto fiduciose le prime dichiarazioni di entrambe le aziende interessate: “non abbiamo nulla da temere.”
Infine, una notizia che arriva dalla comunità open source australiana: al lavoro di rifacimento del Windows di prossima generazione pare che finiranno per collaborare perfino dei programmatori open source. Sembra infatti che Microsoft voglia assoldare sviluppatori interessati a far parte del team che si occupa del cuore del networking di Windows, con preferenza per quanti abbiano buone esperienze in ambito Linux e dintorni. Sarà mica il caso di crederci?