In molti si chiedono, soprattutto da quando i temi dell’Open Source e del free-software sono al centro dell’attenzione, cosa può spingere una persona e a maggior ragione un’impresa, a sviluppare un software per distribuirlo gratuitamente, senza ricavarne nulla direttamente.
In particolare, in Italia, Paese dove la fiducia nel prossimo non fa parte del carattere nazionale, rimane sempre il sospetto che si tratti di operazioni con doppi fini, che dietro alla gratuità si nasconda un trucco. Oppure che il prodotto in questione sia di scarso valore. Infine, in una società ormai votata al “cinico perseguimento” degli interessi economici, appare poco credibile che ci siano persone interessate a lavorare solo per la gloria.
Eppure, molti sviluppatori lavorano proprio per la soddisfazione di vedere il loro programma diffondersi. E a volte la gloria porta con sé anche dei vantaggi economici. La fama acquisita da Linus Torvalds per aver creato Linux è inferiore ormai solo a quella di Bill Gates, e c’è da credere che se la diffusione del sistema operativo libero continuerà con i ritmi attuali, i vantaggi – seppur indiretti – per il suo ideatore cresceranno proporzionalmente.
Il piacere di vedere il proprio programma diffondersi deve procurare certamente grandi soddisfazioni se la Nintendo ha deciso di organizzare ogni anno, in Giappone, un concorso per i migliori videogame. I vincitori non guadagnano nulla, ma hanno la soddisfazione di veder pubblicato e distribuito il proprio video gioco dalla Nintendo stessa. La gloria è una motivazione ancora abbastanza forte per spingere un individuo o una società a sviluppare un prodotto. La fama, d’altronde, come già dimostrato, spesso porta con sé piacevoli effetti collaterali.
La gratuità, inoltre, può essere uno strumento formidabile anche durante una dura battaglia commerciale. È l’arma che ha usato Microsoft per sconfiggere Netscape in quella che passerà alla storia come La Guerra dei Browser (Internet Explorer è rimasto gratuito mentre Netscape Navigator diventava a pagamento) ed è quella usata successivamente da Netscape, che ha offerto il codice sorgente del suo browser gratuitamente a tutti gli sviluppatori, per recuperare il terreno perduto.
L’obiettivo di Netscape è di fare del proprio sito uno dei centri nevralgici della Rete (obiettivo in parte raggiunto) e di aumentare così le proprie entrate pubblicitarie. I modelli di business basati sulla gratuità, come si vede, sono sempre più ingegnosi, spesso complicati.
La TCX, una società informatica svedese specializzata in database, offre gratuitamente il codice sorgente del suo principale prodotto e realizza i propri profitti con il servizio di assistenza.
Ma possono essere anche altri i motivi che spingono un’organizzazione a sviluppare un software senza fini commerciali. Il programma del quale c’è bisogno, ad esempio, semplicemente non esiste. Molte università americane negli anni ’80 – quando Internet era utilizzata solo in ambito accademico e nessuna azienda sviluppava prodotti per la Rete – hanno dovuto creare in proprio molti programmi. È il caso di John Norstad, della NorthWestern University, che ha creato NewsWatcher, un lettore di News per Macintosh, il cui codice sorgente è stato distribuito gratuitamente ad una vasta comunità di sviluppatori e di utenti che hanno potuto così contribuire a migliorare il programma.
Gli esempi potrebbero continuare, ma la morale è evidente: con l’informatica di massa e, soprattutto, con Internet, i modelli di business sono cambiati e in continua evoluzione. Non sempre quello che rende nell’immediato è un buon affare e non sempre ciò che è gratuito non è un business. Si potrebbe rispolverare un vecchio slogan del ’68: “L’immaginazione al potere”, ma forse appare più calzante quello nato nelle comunità Open Source francesi: “Liberté, Egalité, Business”.