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L’hard disk del futuro sarà un batterio

21 Giugno 2007

L’hard disk del futuro sarà un batterio

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Impiantare dati importanti in un batterio a prova di nucleare e lasciarlo riprodurre. Sarà questo il modo di salvaguardare i nostri dati per qualche milione di anni?

Rieccoci a parlare un’altra volta di microbi e batteri. Scommetto che nessuno di voi ha mai pensato seriamente alla possibilità di usarli come unità per l’archiviazione di dati. Attenzione però: non si tratta di pensare a un futuro in cui avremo colture batteriche proliferanti nei nostri portatili. Qui parliamo di soluzioni diverse, non adatte (probabilmente) per un uso quotidiano di accesso e salvataggio di dati di uso corrente, di sistemi che potrebbero garantire una memorizzazione di dati importanti con alta sicurezza e con una durata di milioni di anni.

Il microbo presenta una serie innegabili di vantaggi, come già visto in articoli precedenti: piccolissimo, poco ingombrante, poco esigente. Molto più efficiente, in termini dell’occupazione di spazio, del silicio. In un millilitro di liquido possono comodamente trovare posto un miliardo di batteri, ognuno dei quali portatore (sano) di nostri dati. A qualcuno, infatti, è venuta l’idea di metter le mani sul Dna di questi animaletti per codificarci informazione da proteggere.

Il principio di questa tecnologia sta nella natura stessa del Dna. Si tratta infatti di una molecola composta da quattro basi, quattro molecole che, a seconda del modo in cui sono combinate nella spirale elicoidale, formano il codice genetico di una specie. Il Dna è lo strettissimo equivalente di un software, il programma che un organismo vivente deve eseguire per crescere, replicarsi, funzionare. Oggi sono disponibili le tecnologie per assemblare queste molecole a nostro piacimento, scrivendo noi il codice – in sistema quaternario anziché binario, certo.

Il Dna è però una molecola un po’ delicata, ma l’idea geniale è quella di modificarlo e reimpiantarlo all’interno del batterio. Lì dentro, al calduccio, il Dna e i nostri dati sono molto più protetti. Anzi, entrando a far parte del patrimonio genetico della specie, i nostri dati si riprodurrebbero con il batterio, di modo che tutti i suoi discendenti, per tempi senza fine, si portino dietro sempre recuperabili i dati che noi abbiamo deciso di salvare.

A quanto ci dicono gli scienziati, il Dna di molte specie ha la capacità di contenere una quantità incredibile di informazioni e ha un sacco di spazio libero, per così dire – tanto che si ritiene che si potrebbe tranquillamente immagazzinare tutta la Bibbia in un singolo gene di un batterio, senza che questo nemmeno se ne accorgesse e senza che la cosa ne alteri le caratteristiche e i comportamenti. Insomma, un po’ come i metatag in un codice Html, che non modificano la pagina e interessano solo chi li sa leggere. E l’aspetto più interessante è che i dati resterebbero vivi e il microbo trasferirebbe il proprio codice genetico alla discendenza, e con esso i nostri dati.

Ovviamente i processi di lettura dei dati codificati in un pezzo del DNA inserito in un batterio non hanno la stessa velocità di quelli di un hard disk, per non parlare della velocità di scrittura. Si tratta di un processo che solo un laboratorio biologico bene attrezzato può realizzare e al momento non si vedono ancora applicazioni desktop all’orizzonte. D’altra parte, basta poco per cancellare i nostri dati da un disco fisso, mentre nel caso dell’archiviazione nel Dna per perdere i dati bisognerebbe portare all’estinzione un’intera specie.

Questo tipo di applicazioni non sono di certo pensate, dunque, per i nostri meri quattro conti, il backup della posta o dei filmini delle vacanze. Qui si parla di proteggere dati criticamente importanti e da aggiornare poco. E che devono resistere per sempre. Si parla di biblioteche dello scibile umano, archivi scientifici o memorie storiche, come dati anagrafici o altre informazioni che costituiscono la storia di una nazione. Parliamo del database di un intero paese. Parliamo di un backup di una sicurezza e di una durata mai vista, forse anche centinaia di milioni di anni.

Tra le principali aree applicative, dunque, si sta ragionando sulla costituzione di archivi a prova di catastrofe naturale o nucleare, in modo che se anche un asteroide colpisse la Terra o scoppiassero la terza, quarta e quinta guerra mondiale, ci sarebbe la sicurezza di avere sempre una copia di informazioni cruciali per il genere umano (o per la tanto famigerata “sicurezza nazionale”).

Non a caso si sta sperimentando, tra i vari ceppi batterici, l’inserimento di Dna modificato all’interno del Deinococcus radiodurans, un animaletto tostissimo, in grado di sopportare dosi di radiazioni migliaia di volte più forti di quelli che friggerebbero un umano, di sopravvivere a livelli di temperatura, siccità, luce ultravioletta e pubblicità televisiva tali da sopprimere la maggior parte delle forme di vita conosciuta. E non a caso, tra i maggiori sponsor di questo tipo di progetti sta il Dipartimento dell’Energia (DOE) americano, l’ente responsabile, tra l’altro, del nucleare americano. Infine la codifica di dati nel DNA aprirà (sicuramente) nuovi affiscinanti aree di sviluppo per la crittografia e l’occultazione di dati sensibili.

Si tratta dunque, ancora una volta, di tecnologie di punta, che avranno probabilmente un inizio a livello militar/governativo per diffondersi poi fra e grandissime aziende e di lì man mano scendere per la scala fino ad arrivare a noi consumer. Di certo, quando si parla di organismi geneticamente modificati, qualche brivido per la schiena scende sempre. Anche se ci rassicurano sulla sicurezza della tecnologia, il nightmare scenario ce lo siamo già immaginati tutti. Un copione in cui una malvagia azienda inserisce il proprio bilancio consolidato nel Dna di un batterio. Un batterio che muta, evolve e si trasforma in una razza di microbi commercialisti, superintelligenti, che prende il controllo della specie umana attraverso la burocrazia fiscale.

(A proposito, dato che sono alle prese con la mia dichiarazione dei redditi: siamo proprio sicuri che non sia già successo?)

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