A pranzo con un imprenditore dei nuovi media e con un importante dirigente di una grossa Internet company italiana si è parlato ovviamente anche del clima nelle aziende, della formazione dei ragazzi che si affacciano al lavoro, degli skill cruciali oggi e di numerosi altri argomenti ancillari. Solo adesso mi rendo conto che abbiamo commesso tutti e tre un errore profondo e di natura sistemica, trascurando il valore della poesia.
Daniel W. Rasmus mi ha chiarito le idee in proposito attraverso un articolo imperdibile su Fast Company:
American state and national legislators and leaders relentlessly harp on the need for STEM (an acronym for Science, Technology, Engineering and Math that suffers as a marketing tool due to its meaningless abstraction), but this mindset does not recognize the need for well-rounded, culturally connected, researchers and readers who extend themselves beyond simple categories of knowledge in order to create innovation. Poetry does not find valor under the auspices of STEM. Our future is as much threatened by the lack of imaginative connection making as it is from a dearth of engineers or mathematicians.
È solo un paragrafo, ce ne sono molti altri. Il valore dei dettagli (la poesia riguarda la scelta delle parole, l’innovazione quella delle idee), la criticità del design (The iPod rose not because it played MP3 music, but because it did so through a unique design…), l’informatività delle strutture, la necessità continua e pressante di tagliare, sfrondare, accorciare, ripulire, toccare l’essenziale. Eccetera.
Per chiudere questo pezzo al meglio posso solo riportare l’ultimo consiglio di Rasmus: Endings Make all the Difference. E sottolineare quanto valga anche tutto il resto. Lettura raccomandata.