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Le basi della narrazione fotografica

31 Maggio 2023

Le basi della narrazione fotografica

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Dallo scattare immagini a costruire una narrazione fotografica c’è il cammino di una vita, fatto di studio, applicazione e tanta esperienza.

Una fotografa e la sua visione

1. Apogeonline: Quali sono gli elementi più importanti nella tua narrazione fotografica? Ci sono degli aspetti tecnici o intangibili che ti premono più di altri?

Sara Munari: Il mio percorso ha avuto una significativa evoluzione nel corso degli anni e se prima mi concentravo sulla forza del singolo scatto, oggi sono più concentrata sull’energia narrativa di ogni lavoro nel suo complesso.

Mi interessa che le persone siano coinvolte nella storia e si lascino trasportare dalla narrazione, che nei miei ultimi lavori è sempre più articolata. Non ho mai provato un particolare legame per l’aspetto tecnico del lavoro, sebbene utilizzi anche tecniche complicate per realizzarli. Rimango convinta che questa sia esclusivamente il modo più funzionale che l’autore sceglie per rappresentare al meglio l’idea che ha in testa. La tecnica è sempre funzionale al messaggio, quindi non ho aspetti tecnici ai quali sono particolarmente legata.

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Quando però il lavoro si trasforma nella tecnica che usi per realizzarlo, essendo qualsiasi tecnica riproducibile, si corre il rischio di facile copia. La fotografia, a causa, o grazie alla sua riproducibilità, ha già portato grandi stravolgimenti nel mondo dell’arte. Se aggiungiamo alla riproducibilità insita nel mezzo, la riproducibilità di contenuto estetico e visuale, corriamo il rischio di lavori clonati prodotti da lavori clonati. Che effettivamente è un pochino l’andazzo contemporaneo.

2. Scrivi che l’intelligenza narrativa richiede la conoscenza del proprio sé emotivo. È un processo che si autoalimenta? Voglio dire, dalla narrazione fotografica hai ricavato nuova conoscenza emotiva di te, che poi ha ispirato le narrazioni successive…?

Ho sempre pensato che ogni lavoro prodotto fosse per me un passo avanti dal punto di vista umano e di crescita personale. La fotografia è sicuramente un mezzo per scavare all’interno di sé stessi, per conoscere e riconoscere il mondo che si racconta. Grazie all’approfondimento relativo ad ogni tema trattato, abbiamo l’opportunità di esplorare con molta intensità dentro di noi. Questo procedimento serve all’autore per capire, semplificare, ricostruire e poi proporre al fruitore finale, temi a volte complessi. Portare alla sintesi per poi riproporre può essere un lavoro multiforme che regala comunque conoscenza e comprensione di sé stessi e delle cose del mondo.

3. Che cosa ti serve più nella tua attività di quello che hai imparato a scuola?

Le materie che sicuramente mi hanno condizionato maggiormente a livello autoriale sono state due:

  • La storia della fotografia, grazie alla quale, pur ispirandomi costantemente, evito di produrre lavori che concettualmente o visivamente sono già stati proposti 50, 60 o 100 anni fa. Ho insegnato storia della fotografia per 10 anni all’Istituto Italiano di Fotografia e assicuro che, a livello autoriale, è stato uno dei vantaggi più grandi che potessi avere.
  • La comunicazione visiva, dal canto suo, mi è servita a comprendere i linguaggi migliori e più funzionali da applicare ai lavori che producevo.

Campo da calcetto davanti alla colata di lava dell'eruzione del Vulcano Cumbre Vieja a La palma, Canarie

Campo da calcetto davanti alla colata di lava dell'eruzione del Vulcano Cumbre Vieja a La palma, Canarie.

L’insegnamento di queste due materie mi ha davvero molto aiutata nel percorso personale come fotografa.

4. La postproduzione è un elemento creativo o lo strumento per adeguare alla narrazione fotografica immagini che hanno bisogno di un intervento?

La postproduzione è sicuramente un elemento creativo che come accennavo prima, non va confuso con la motivazione per cui si fa il lavoro. Intervenire sulle immagini è un processo assolutamente normale che accompagna la fotografia dalla sua nascita. Pensare di intervenire sulle immagini, per dar senso alle immagini stesse, è un errore diffuso. Non so se si può dire in un’intervista, ma uno dei miei motti è sempre stato: una foto di merda ritoccata bene, rimane una foto di merda!. Quindi, adeguare le foto alla narrazione in termini di linguaggio fotografico e omogeneità visiva è certamente normale, pensare che il tipo di ritocco sostituisca il contenuto e/o il messaggio della foto è secondo me, un errore.

5. Il fotografo oggi deve sapersi promuovere e i canali a disposizione sono innumerevoli, dal web ai social ai concorsi alle fanzine e così via. Le risorse di tempo ed energia non è detto siano sufficienti per tutto. Come imposteresti una strategia ridotta all’osso di autopromozione?

Questa risposta dipende molto dal settore fotografico nel quale il fotografo di cui si parla, desidera inserirsi. Per tutti la cosa migliore è avere un buon sito Internet, semplice senza fronzoli e una buona pagina Instagram.

Se al fotografo interessa iniziare un cammino nel settore commerciale, sicuramente la strada più breve è preparare un portfolio dei lavori migliori e tentare di mostrarlo ad agenzie, clienti privati o a photoeditor di giornali e riviste. Questa strada non è sempre semplice (nessuna lo è) perché nell’ultimo periodo tutte queste figure sono oberate da centinaia di proposte.

Bambino davanti ad un acquario, Napoli

Bambino davanti ad un acquario, Napoli.

Dal punto di vista autoriale, invece, la possibilità di partecipare alle letture portfolio o premi, prima nazionali e poi internazionali, nella speranza di vincere qualcosa, è ancora una strada percorribile.

Anche se l’essere notato è frutto di vittorie ottenute per almeno tre o quattro anni consecutivi. Quindi ci si deve rimboccare le maniche, tenere la testa bassa e lavorare.
Un’altra alternativa sarebbe quella di proporsi direttamente alle gallerie d’arte e di fotografia, in questo caso si deve letteralmente cercare un appuntamento coi direttori o curatori delle stesse.

6. Hai viaggiato molto. Che cosa hai fatto particolarmente tuo in termini di concezione delle immagini, della narrazione, dai luoghi e dalle culture che hai scoperto?

La possibilità di viaggiare mi ha cambiato soprattutto dal punto di vista umano. Ho visitato molte parti del mondo e questa opportunità mi ha fatto ragionare e mi ha insegnato ad affrontare le cose tentando di considerare più punti di vista. A livello fotografico ho imparato a rispettare il soggetto prima di ogni mia necessità come autrice. Avere la macchina in mano non ci dà licenza di fotografare sempre tutto e dappertutto. Proteggere i nostri soggetti da una sorta di sciacallaggio visivo è un dovere.

Ho imparato a rispettare le usanze e le tradizioni dei luoghi che ho visitato e questo mi ha portato a godermi più momenti senza avere l’obbligo di fotografarli. I ricordi più belli che ho sono nella mia mente, non certo nei miei scatti, anche perché i primi sono liberi e si modificano nel tempo, i secondi sono incastrati in un riquadro fotografico.

7. È interessante la fotografia da smartphone? Non tanto lato tecnico, ma rispetto all’idea di racconto per immagini?

Prima che nascessero gli smartphone chi voleva fotografare doveva avere una macchina fotografica con sé e questo non era così usuale. Oggi tutti hanno una macchina con sé, anche se non vogliono averla. La conseguenza è stata uno stravolgimento dell’utilizzo della fotografia che prima aveva spesso un’utilità sociale e oggi, a differenza, ha un’utilità personale. Fotografiamo di tutto, ogni attimo della nostra vita. I social network si sono trasformati in quello che prima erano gli album di famiglia, che allora era stampato in un’unica copia e mostrato in sporadiche occasioni.

Oggi il racconto che ognuno costruisce di sé si basa su piccoli eventi apparentemente poco significativi. Si scatta sempre più spesso per la necessità di condividere piuttosto che per mostrare cose mai viste dai più, o per interpretare situazioni alle quali i più non possono arrivare. Questa modalità si allontana dalla necessità di racconto tipica del fotografo. Rimango dell’idea che se una persona ha effettivamente qualcosa da dire, il mezzo che usa non è importante, fondamentale rimane il messaggio o la necessità comunicativa, di conseguenza ben venga l’utilizzo di smartphone per raccontare consapevolmente con la fotografia.

8. I sistemi di generazione di immagini alla ribalta in queste settimane sembrano a prima vista un prototipo di narrazione fotografica: narro una storia in un prompt di testo e ottengo una immagine che la riassume. È una cosa che ti torna?

L’evoluzione che ha portato all’utilizzo dell’intelligenza artificiale in termini fotografici non mi preoccupa in generale. L’utilizzo di un testo per generare immagini è l’ennesima semplificazione che avvicina le masse alla possibilità di produzione. Tutto quello che propone l’intelligenza artificiale può essere fatto (ed è già stato fatto) attraverso l’utilizzo di Photoshop. Ciò che cambia e appunto la disponibilità di mezzi alla portata di tutti, la facilitazione nell’utilizzo, che Photoshop non presenta.

A livello artistico non vedo il problema che invece potrebbe rivelarsi pericoloso a livello informativo o documentario. Nel tempo dovremmo essere in grado di capire quando un’immagine reale oppure costruita dal computer. Per fare questo è necessaria una nuova cultura visiva che si basi sulla comprensione di tutti i mezzi utilizzabili per l’elaborazione di un’immagine.

9. Fuori da noi stessi, chi è il miglior critico del nostro lavoro?

Dal mio punto di vista dipende dalle aspettative di ognuno. Il miglior critico può essere il lattaio appassionato di fotografia o il curatore di fama nazionale, a seconda delle necessità dell’autore. L’errore è attribuire lo stesso valore alla lettura che viene fatta da ognuno dei due soggetti.

Raccontare per immagini, di Sara Munari

Come parlare attraverso le fotografie e costruire una narrazione chiara e coinvolgente, dall’analisi degli aspetti visuali e narrativi che compongono uno scatto fino alle possibili modalità di presentazione e pubblicazione del progetto finito.

Spesso, quando mi vengono mostrati i lavori alle letture portfolio, gli avventori mi dicono che lo stesso lavoro è già stato esposto, sottintendendo che questo dimostri il valore del progetto stesso. La verità è che ci si deve sempre chiedere chi espone i nostri lavori, qual è la sua cultura in termini fotografici, che posizione ha nel mondo della fotografia e che valore ha il contesto nel quale il nostro lavoro è stato proposto.

Il lavoro prende valore a seconda del target, del contesto e del periodo storico in cui è mostrato. Non esiste quindi una risposta univoca alla tua domanda.

10. Scrivere Raccontare per immagini ha cambiato qualcosa nel come ti vedi in quanto fotografa e narratrice? Come è stata questa esperienza?

Ogni volta che scrivo un libro lo faccio per mettere a disposizione dei lettori la mia esperienza come autrice nel mondo della fotografia. Vorrei che fotografi più acerbi non facessero gli stessi errori che io stessa ho già fatto. Portando la mia esperienza tento di sollevarli da tutti i freni che m’hanno impedito di correre più veloce.

La lama - Giardiniere taglia a mano i rami in un giardino pubblico - Shanghai

La lama – Giardiniere taglia a mano i rami in un giardino pubblico – Shanghai.

La necessità di condivisione è la prima spinta e anche questa esperienza mi è servita moltissimo per mettere a fuoco degli elementi che mi sono chiari mentre produco i miei lavori, grazie all’esperienza, ma che effettivamente non riesco a focalizzare subito in termini di condivisione con chi si avvicina alla fotografia. Scrivere aiuta a sintetizzare e mettere a disposizione il succo del discorso è stato il tentativo anche nell’occasione di Raccontare per immagini, una fantastica opportunità.

Immagine di apertura originale dell’autrice.

L'autore

  • Sara Munari
    Sara Munari, autrice e fotografa vincitrice di numerosi concorsi nazionali e internazionali, ha esposto i suoi scatti presso gallerie, festival e musei d'arte contemporanea in Italia ed Europa. Docente di Linguaggio e Costruzione del racconto fotografico e di Storia della fotografia e comunicazione visiva presso l'Istituto Italiano di Fotografia, nel 2019 ha aperto Musa Fotografia, uno spazio dedicato a corsi, presentazioni e mostre.

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