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La saga SCO: campanello d’allarme per l’open source e oltre?

14 Giugno 2004

La saga SCO: campanello d’allarme per l’open source e oltre?

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Retroscena e ricadute del caso SCO. Bruce Perens lancia un appello a organizzarsi per evitare possibili repliche

“Abbiamo bisogno di un’entità di difesa collettiva per l’open source, con buoni capitali e neutrale tra i distributori, finanziata non da questi ultimi ma da grandi aziende, coinvolta nella maggior parte degli attuali casi di difesa legale sull’open source, in modo da poter gestire le varie situazioni con il denaro necessario e la maggiore esperienza possibile.” Questa la posizione di Bruce Perens, nota figura del mondo open source e direttore di Software in the Public Interest. Una vera e propria chiamata alle armi che deriva chiaramente dalla saga legale relativa alla vicenda SCO-Linux. Una vicenda che va facendosi ancora più annodata, se fosse mai possibile — e su cui getta luce un libro italiano appena pubblicato presso Stampa Alternativa: “No SCOpyright: il caso SCO contro Linux – Storia di malaffare nella Società dell’Informazione”.

Anzi, forse meglio partire da quest’ultima pubblicazione (aggiornata al marzo 2004) per avere una panoramica di ampio respiro sul tutto. Il volume raccoglie infatti le vicende storiche, sociali e tecnologiche che hanno portato e fanno da sottofondo al tentato assalto di SCO contro Linux e più in generale contro il mondo del software libero/open source. Come bene illustrano le note introduttive: “Il testo ripercorre la storia di una piccola azienda informatica dallo storico passato (la ex-Caldera, rinominata Santa Cruz Operations, SCO), che, condannata all’oblio dal mercato, cambia ragione sociale e si appresta a rifarsi una credibilità abbandonando il proprio storico business, i sistemi operativi Unix, ormai dominati da Linux. Ma una spericolata operazione finanziaria trasforma la manovra in un piano ambizioso e malvagio, raccattando vaghi diritti di proprietà intellettuale e resuscitando lo storico marchio. Grazie al lauto finanziamento del più grande produttore di software proprietario, SCO diviene così allo stesso tempo una minaccia e una barzelletta, che pur di nuocere a Linux e ai suoi utenti sfida il disprezzo e il ridicolo, e forse la galera. Una divertente e orrorifica storia di come non si fanno affari nella Società dell’Informazione prossima ventura. O forse sì?”

Disponibile online sotto licenza Creative Commons, il libro fornisce la cruciale introduzione ad un caso di attualità che va scuotendo non solo l’ambito del software libero/open source, ma anche l’intero mondo informatico. E che, insiste Bruce Perens, rischia di essere replicato prima di quanto immaginiamo. Il pericolo, appunto, è che qualcun altro potrebbe decidere di seguire le orme di SCO, nel tentativo di “fare affari” nel corrente scenario dell’Information Society, ultra-zeppo di normative (in atto e in fieri) su copyright, brevetti, segreti industriali e quant’altro rientra sotto la vasta dicitura di proprietà intellettuale. Ecco perché, si chiede ancora Perens: come possiamo difenderci? Già, perché in futuro le entità Linux di ampie proporzioni possono divenire un boccone prelibato di altri soggetti, informatici o meno, desiderosi di veder crescere il valore delle proprie azioni, attirare cospicui investimenti, conquistare possibili spazi di mercato o comunque attivare analoghe operazioni finanziarie su larga scala.

Ma non basta: “è a rischio chiunque usi qualsiasi software a livello di corporation, di società di alto profilo e danarose — non soltanto in ambito open source,” ribadisce Perens. Il quale delinea brevemente i fattori-chiavi dell’attuale scenario: il fallace sistema dei brevetti USA che consente querele speciose e “permette agli utenti di essere denunciati per usare software che non hanno creato, come SCO ha fatto con AutoZone”; lo stesso mercato open source, divenuto “assai lucrativo per nomi quali IBM e Red Hat”; l’inclusione di brevetti soggetti a royalty negli standard industriali, tipo “la modifica proposta allo standard TCP/IP coperta da un brevetto di Cisco.” Ne consegue la necessità di un approccio pro-attivo e coordinato onde prevenire simili eventualità — tutt’altro che remote, pur senza voler fare l’uccello del malaugurio. “Soltanto con questa concentrazione di risorse avremo la forza di prevalere contro aggressori dai mezzi finanziari enormi tipo Microsoft,” conclude l’intervento di Bruce Perens.

In attesa di vedere gli effetti di questa la chiamata alle armi, vale quindi la pena di segnalare le ultime novità sulla saga legale avviata da SCO nell’ormai lontano 6 marzo 2003. La scorsa settimana la stessa SCO ha presentato ai giudici un Memorandum per chiedere di visionare ulteriori parti di codice del sistema AIX di IBM, perché quello sottoposto finora non “contiene alcun commento storico, e quindi SCO ha difficoltà a determinare tutte quelle porzioni di AIX che sono state prese da UNIX System V.” Ci si arrampica ancora sugli specchi, insomma, non diversamente da altri episodi nel corso di questa baraonda. Non a caso l’infaticabile Pamela Jones di Groklaw, nell’illustrare questi ultimi sviluppi, chiarisce: “Dimentichiamo le infrazioni al copyright, non abbiamo bisogno di provarlo, dicono ora in casa SCO… il caso riguarda il contratto industriale, e ogni trasferimento di codice AIX o Dynux verso Linux infrange tale contratto… Sostenevano di avere delle prove pur senza averle individuate, e ora che paiono sul punto di scoprirle, sembrano dire che non hanno niente per le mani. E che vogliono vedere altro codice.” Semplice, no? Chissà cosa succederà adesso…

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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