Quello delle reti a fibre ottiche è un settore in rapida espansione grazie a Internet e, più in generale, allo sviluppo delle telecomunicazioni e del multimediale.
Solo in Italia, una stima approssimativa, parla di un valore di 51 mila miliardi di lire del mercato delle Tlc nazionale, con un tasso di investimento del 15 per cento del fatturato in ricerca e sviluppo. E siamo solo all’inizio di un mercato domestico che, grazie ai nuovi accordi sulla piattaforma digitale siglati da Telecom, Rai, Mediaset, Cecchi Gori e Telepiù, porterà la televisione digitale nel 20 per cento delle case italiane entro il 2005.
Intanto, da oltre oceano, è iniziata una lenta espansione nel mercato delle reti a larga banda e alta velocità. Come nel caso della Gts (Global telesystem) che ha acquistato la britannica Esprit; con il risultato di gestire una rete a fibra ottica di 9.200 chilometri che unisce 12 paesi e 20 città in Europa e verrà estesa ad altri 16 paesi e 45 città entro il 1999.
Gts non è l’unica compagnia americana ad approfittare della liberalizzazione delle telecomunicazioni in Europa.
Mci-Worldcom raddoppierà la sua rete passando dagli attuali 3.200 chilometri ai 7.150 previsti per il 1999, rafforzando la sua presenza in Francia, Gran Bretagna e Germania. La Qwest ha invece scelto la strada della joint venture con l’olandese Kpn Telecom, investendo 700 milioni di dollari per costruire e sfruttare una rete europea che sarà operativa da gennaio e abbinata alla rete gemella in America del nord. Stessa scelta della Viatel, un’azienda newyorchese, che ha realizzato “Circe”una rete a fibra ottica di 5.500 chilometri, che da marzo unirà Francia, Germania, Olanda, Belgio e Gran Bretagna.
E le compagnie europee di telecomunicazioni?
Telecom Italia sta uscendo solo adesso da una situazione di monopolio che ha frenato non poco lo sviluppo di nuove tecnologie. La triste sorte di Socrate, il progetto che avrebbe dovuto portare la banda larga nelle case degli abitanti di 140 città italiane, legato a doppio filo con le vicissitudini dei vertici dell’azienda, è sotto gli occhi di tutti. Il risultato è che rincorrere la concorrenza non è semplice e si cerca di recuperare terreno facendo accordi con le aziende straniere fornitrici di programmi.
Punto forte è la proprietà delle reti a fibre ottiche di città, mentre si fa già sentire la concorrenza interna dei nuovi gestori di telefonia fissa. La complessiva arretratezza di infostrutture (strutture per l’Informazionee la comunicazione) ha frenato anche gli investimenti esteri: solo il 3,5 per cento (pari a 7.000 miliardi) della cifra complessiva di investimenti esteri in Europa è stato speso nel nostro paese, contro il 25 per cento della Gran Bretagna, il 16 per cento della Francia e il 7 per cento della Germania.
Intanto al di là delle Alpi, France Telecom ha annunciato la decisione di costruire un European Backbone Network (Ebn) in partenariato con Deutsche Telekom e gli operatori di Belgio, Olanda, Italia, Svizzera, Spagna, Gran Bretagna, Danimarca e Ungheria. L’obiettivo è di mettere in servizio questa rete entro il secondo semestre 1999 collegando 40 città.
L’esplosione di Internet ha fatto nascere la necessità di sviluppare reti di comunicazione ad alta capacità di trasmissione rispetto alle tradizionali reti commutate o realizzate con i cablaggi classici (ISDN). La fibra ottica rimane in ogni modo il mezzo ottimale per utilizzare il protocollo Internet e per rispondere a più esigenze partendo da una sola piattaforma di comunicazione.
Vince chi realizza per primo una vera rete transeuropea e a concorrere sono molti.
“Noi abbiamo l’esperienza del mercato americano – dice Glen Davidson, responsabile della statunitense Viatel – Con la liberalizzazione del mercato in Europa ci sarà bisogno di reti come le nostre”. Ma anche se liberalizzato, il mercato europeo non sarà senza regole. La principale riguarda la proprietà delle reti a fibra ottica e l’interconnessione. Non dovrà esistere un proprietario unico e tutti dovranno garantire lo scambio e la libera circolazione delle informazioni. Solo così nel giro di otto anni si potranno realizzare nel Vecchio continente i previsti 1 milione e 300 mila posti di lavoro nel settore delle telecomunicazioni.