In qualche modo si tratta del primo dato tangibile dell’amministrazione Obama, qualcosa che è possibile confrontare con le promesse della lunghissima campagna elettorale. I precedenti, inoltre, sono di livello altissimo: il lavoro innovativo svolto dallo staff di Obama farà scuola sia per quanto riguarda la campagna elettorale che nel periodo di passaggio di consegne tra elezione e insediamento. In quasi due anni di campagna MyBarackObama.com è riuscito a dare vita a un social network che ha aggregato, motivato e mobilitato un numero di persone senza precedenti.
In soli due mesi e mezzo Change.gov – il sito che lo staff di Obama ha realizzato tra l’elezione e l’insediamento per comunicare coi cittadini – è forse andato anche oltre, con una piattaforma di comunicazione e di confronto aperto, costantemente aggiornato sull’operato del gruppo al lavoro impegnato nelle operazioni di transizione. Le aspettative, insomma, sono elevatissime e le analisi del nuovo sito istituzionale non si sono fatte attendere, tra entusiasmo iniziale e critiche nemmeno troppo velate per l’approccio non così innovativo come sperato.
Il sito obamizzato
La prima considerazione è di impatto: il sito della Casa Bianca si è «obamizzato», sostiene il consulente repubblicano Patrick Ruffini facendo riferimento alla grafica del sito della campagna elettorale del neo-presidente e di Change.gov. A eccezione del logo della Casa Bianca e di un analogo schema di colori di fondo, in effetti il nuovo sito non somiglia a quello precedente. Al centro c’è un banner di immagini e messaggi e, subito sotto, tre colonne con gli ultimi post del blog, i temi più importanti del momento e, almeno per ora, il video del Train Tour, il viaggio verso la capitale che il presidente ha fatto in treno in occasione delle cerimonie di insediamento.
Oltre alle sezioni più classiche sul governo e la sua agenda, è in evidenza la cosiddetta Briefing Room, un’area dedicata alla comunicazione che comprende un blog, la presentazione dei 43 presidenti precedenti, i messaggi settimanali alla nazione sotto forma di video (Obama aveva già cominciato nel periodo del passaggio di consegne) e altre pagine che conterranno atti e documenti ufficiali della presidenza Obama.
C’è ancora qualche bug e Ruffini fa qualche lieve critica, ma in generale apprezza l’organizzazione del sito, efficace nel veicolare messaggi di rilievo, e il metodo con cui il tutto viene portato avanti. L’ex-consulente della campagna elettorale di Bush nel 2004 non risparmia però una frecciata nel finale: WhiteHouse.gov è un sito costruito utilizzando un formato proprietario di Microsoft, che cosa ne penseranno gli entusiasti di Obama appartenenti alla community dell’open source?
Il nuovo rapporto con i cittadini
«Questo è solo l’inizio del nostro impegno per dare a tutti gli americani una finestra sull’operato del governo». La promessa non potrebbe essere più chiara e impegnativa, specie perché viene ribadita nel post inaugurale del primo blog presidenziale. Questa sembra essere la grande novità, sia per lo strumento che per l’approccio al rapporto con i cittadini. Il blog verrà gestito da varie persone e il primo post è affidato a Macon Phillips, direttore della sezione New Media della Casa Bianca. Secondo Philips, l’azione del governo Obama su internet si articola secondo tre aspetti: comunicazione, trasparenza e partecipazione.
Il blog promette di comunicare tempestivamente le novità di rilievo. Phillips segnala la disponibilità di un feed Rss per il blog e invita a iscriversi agli aggiornamenti che saranno inoltrati via email da parte del presidente e dell’amministrazione. I primi contenuti riguardano il discorso dell’insediamento con la pubblicazione del testo e del video (proveniente dal canale ufficiale della Casa Bianca su YouTube) e quello in ricordo di Martin Luther King risalente al 19 gennaio scorso. In questo momento, però, i post non sembrano essere ordinati nel consueto ordine cronologico inverso: resta da vedere se si tratti di una scelta definitiva o provvisoria, forse dettata dal voler mettere in evidenza il primo post di spiegazione.
Durante la campagna elettorale e nei mesi di transizione si è puntato moltissimo sulla trasparenza amministrativa, promettendo la disponibilità di documenti online, organizzati in modo semplice. L’impegno è anche quello di esporre con chiarezza le decisioni e priorità governative, grazie alla pubblicazione delle decisioni presidenziali. Fino ad ora le decisioni sono andate nella giusta direzione, ma questa politica verrà messa alla prova molto presto, sostengono i commentatori.
Quanto alla partecipazione: nel primo post viene anche segnalata la decisione di pubblicare tutti i provvedimenti non urgenti e di consentire per cinque giorni la possibilità di controllarli e commentarli: una sfida significativa in termine di gestione delle informazioni, probabilmente senza precedenti. Questo tipo di azione riprende in realtà diversi tentativi di progetti collaborativi indipendenti per la revisione delle leggi e l’apertura al contributo dei cittadini: il più importante è PublicMarkup, creato dalla Sunlight Foundation, una fondazione molto attiva sul fronte della trasparenza dell’apparato pubblico.
Ad ogni modo le dichiarazioni sul primo post e da parte dello staff fanno però pensare che questo sia davvero solo un inizio e che ancora altro verrà fatto in termini di apertura alla partecipazione dei cittadini.
Le critiche
«La Casa Bianca dovrebbe rimandare a posti dove le nostre menti possano essere nutrite con nuove idee, prospettive, luoghi, punti di vista, cose da fare, modi in cui possiamo fare la differenza. Dovrebbe prendere rischi perché questa è la realtà: siamo tutti enormemente a rischio». L’osservazione viene proprio dal padre dei blog, Dave Winer, certamente non impressionato nel vedere questo strumento usato all’interno del sito del governo del suo paese. Lo scetticismo di Winer è motivato dal suo desiderio che il sito del governo americano diventi uno spazio pubblico, un luogo di dialogo tra governo e cittadini, un punto di incontro tra gente proveniente da diversi settori affinchè possa entrare in contatto. Certo, conclude Winer, «non deve essere necessariamente su whitehouse.gov ma perché no? Perché aspettare?».
La prima e più evidente critica è la mancanza di commenti: come si può parlare di comunicazione innovativa se non c’è dialogo? Il dibattito avviene già nei commenti allo stesso post di Winer e riprende varie posizioni presenti in Rete. Un sito come Whitehouse.gov creerebbe moltissimi problemi nella gestione dei commenti, sia per la quantità che per il tipo di commenti che potrebbero arrivare: in molti notano come sul blog della Casa Bianca questa gestione richiederebbe un enorme dispendio di tempo e attenzione, oltre a una precisa policy sui commenti con numerose implicazioni legali.
La fondamentale differenza con la presenza di un candidato, o anche di un presidente, su varie piattaforme è che queste non sono siti del governo e, quindi, non sotto la sua diretta responsabilità. Senza entrare in interpretazioni del Primo Emendamento, che garantisce la libertà di espressione ai cittadini, basti considerare, per contro, il fatto che generalmente non ci si aspetta che lo staff di Obama risponda ai commentatori su piattaforme esterne come YouTube: l’account ufficiale è stato in effetti aperto tre giorni fa lasciando i commenti aperti ai video inseriti.
Altri fanno notare che Obama non usa questi nuovi strumenti per dialogare con i cittadini, ma utilizza canali innovativi per comunicare con loro. Secondo queste voci il cambiamento dell’amministrazione si misurerà quando ci saranno leggi e temi importanti in discussione e il governo dovrà davvero dare seguito alle promesse di trasparenza: la sfida più grossa, dicono in molti, sarà rendere altrettanto trasparenti anche i siti delle altre agenzie governative.
Le novità e le opportunità
Sul versante copyright il cambiamento è rilevante e già molto celebrato: la policy del sito stabilisce che i contenuti di terze parti siano sotto licenza Creative Commons 3.0, che consente di distribuire e adattare contenuti, purché ne sia citata la fonte. Si tratta della licenza più ampia a disposizione, si fa notare con comprensibile orgoglio dal blog di Creative Commons. Non va dimenticato, inoltre, che i contenuti prodotti dal governo statunitense sono – per legge federale – già di pubblico dominio e non soggetti a copyright.
Ma i pionieri del web guardano ancora oltre: Tim O’Reilly considera, ad esempio, il potenziale di innovazione dal punto di vista delle piccole aziende che si occupano di tecnologia. Tutto il lavoro dietro lo sviluppo di questo sito non è stato affidato alle solite agenzie con grossi contratti col governo ma da piccole società che hanno curato i vari aspetti. Secondo O’Reilly è la dimostrazione delle effettive possibilità di raggiungimento di risultati con il lavoro di piccoli gruppi, purchè abili e ben coordinati: «Penso che nei prossimi anni per chi si occupa di tecnologia ci saranno molte opportunità per fare la differenza e aiutare la nostra pubblica amministrazione a raggiungere i suoi ambiziosi obiettivi».
L’amministrazione Obama avrà un ruolo importante nel determinare le prossime mosse ma il contributo di tutti sarà di grande importanza, spiega Timothy O’Brien in uno dei blog della community O’Reilly, facendo appello agli sviluppatori di applicazioni. Molto lavoro di questo tipo viene già utilizzato in progetti indipendenti per incrementare la trasparenza sulla spesa pubblica e sui finanziamenti ai membri del Congresso. Rendere l’informazione accessibile è un obiettivo ambizioso e non lo si raggiunge in un giorno, conclude O’Brien, portando come metro di paragone il più celebre esempio in ambito tecnologico: Google, un motore di ricerca nato dal lavoro di due studenti e diventato il leader nel settore.
Una storia per certi versi simile a quella di Barack Obama, il candidato outsider che diventò presidente degli Stati Uniti.