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In Italia non decolla l’e-government

27 Novembre 2001

In Italia non decolla l’e-government

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La Brown University, in collaborazione con il World Market Research, ha effettuato una ricerca sulla diffusione dell'e-government nel mondo. Ne è emersa la classifica dei 20 Paesi più avanzati nel governo elettronico. L'Italia si conferma maglia nera non comparendo nemmeno in graduatoria

La mappa del mondo nell’era digitale e la classifica dei governi più evoluti da questo punto di vista, dà un’immagine dell’Italia molto deludente. Anzi, non ne fornisce nessuna, perché il Belpaese, nell’elenco delle 20 nazioni più evolute dal punto di vista dell’e-government, semplicemente, non compare. Sono questi i risultati di una ricerca condotta nell’estate del 2001 dalla Brown University (Rhode Island, USA) in collaborazione con il World Market Research, centro di ricerca con sede a Londra, Hong Kong e negli Stati Uniti.

Dalla combinazione dei dati utilizzati dagli autori della ricerca è risultato che la Top 20 è così composta:

  1. Stati Uniti
  2. Taiwan
  3. Australia
  4. Canada
  5. Gran Bretagna
  6. Irlanda
  7. Israele
  8. Singapore
  9. Germania
  10. Finlandia
  11. Francia
  12. Lesoto
  13. St. Kitts
  14. Vaticano
  15. Bahamas
  16. Malesia
  17. Islanda
  18. Belgio
  19. Bolivia
  20. Argentina

Nello svolgimento dell’inchiesta sono stati esaminati 2.288 siti appartenenti ai governi di 196 Paesi. Il risultato della classifica è stato ottenuto prendendo in considerazione una serie di criteri, qualitativi e quantitativi, corrispondenti a 22 diverse funzioni dei siti. Per ottenere il 100% del punteggio fra i requisiti richiesti risultavano, fra gli altri: la presenza di contatti, di indirizzi e pubblicazioni, il collegamento a un portale, funzioni audio e video, una politica di protezione dei dati e un accesso protetto.

Gli Usa sono al primo posto, avendo soddisfatto il 57,2% dei requisiti adottati nell’inchiesta. Nel complesso, dal documento risulta che il 72% dei siti esaminati ha una versione inglese e il 45% ha più versioni linguistiche. Il 6% è collegato a un portale principale. Il 71% fornisce l’accesso diretto o tramite link alle pubblicazioni. Ma soltanto il 6% dei siti riporta un regolamento di protezione dei dati. Infine, una delle funzioni meno diffuse (2%) è l’accesso facilitato agli handicappati.

Ma dall’inchiesta risultano altre classifiche. In particolare, prendendo in analisi il numero dei servizi online offerti dai siti pubblici, come ad esempio il pagamento delle imposte o la compilazione di moduli e formulari, Taiwan occupa il primo posto (65% dei siti interessati) seguita dalla Germania (59%). Per quanto riguarda il trattamento dei dati personali, la prima classificata è Sainte Lucie, isola dello Stato delle Piccole Antille.

L’assenza dell’Italia, che certo non brilla per l’efficienza delle sue strutture pubbliche colpisce, ma non stupisce. Colpisce perché in molti pensavamo che l’e-government, nel nostro Paese, avesse, comunque, fatto più passi avanti che in Bolivia o in Lesoto. Non stupisce, perché ormai ci siamo abituati a certe performance del cosiddetto sistema-paese. Anche se i commenti, in casi come questi, risultano del tutto superflui.

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