Ha suscitato giustamente grandi entusiasmi l’apertura di Montecitorio agli hacker buoni per lavorare sul patrimonio di open data della pubblica amministrazione. Qualcosa si è mosso nella direzione migliore.
A livello nazionale. In Europa, smaltito il frastuono elettorale, mi imbatto durante una ricerca nella pagina del sito dell’Unione relativa all’accordo politico per abbattere i costi di installazione della banda larga, che affronta quattro problemi fondamentali:
Assicurare che ogni edificio nuovo o ristrutturato sia broadband-ready; aprire l’accesso a costi e condizioni ragionevoli a condotte, tombini, tubature, armadietti, torri, installazioni di antenna; mettere fine alla carenze di coordinamento dei lavori di ingegneria civile e consentire a qualsiasi operatore di rete di negoziare accordi con altri fornitori di infrastruttura; semplificare la burocrazia dei permessi con la garanzia di una risposta entro sei mesi.
Che si sia votato o non votato, e se sì da che parte, diventa improvvisamente questione secondaria. Se sei mesi per ottenere (o sapere di non avere) un permesso sono una semplificazione. E se non è possibile aprire l’accesso ai tombini a meno che l’Unione emani una direttiva. Non dico un sindaco, ma basterebbe un governo nazionale.
Mentre leggo appare una finestra supplementare: la richiesta di partecipare a un sondaggio. Da cittadino europeo mi presto alla bisogna. Qui sotto appare la pagina relativa alla prima domanda. Si noti l’invito a dare retta all’istinto e impiegare al massimo cinque minuti.
L’organismo che legifera sulla banda larga concepisce, progetta, implementa e comunica attraverso Internet in questo modo. Allora i conti non tornano, e non c’entra l’astensionismo.