Twittermoms.com è un network di madri connesse su Twitter. E sono tante, oltre 27.000 – la maggior parte delle quali si può vantare di avere centinaia di follower. Collettivamente, una straordinaria macchina di influenza socio-mediatica. Da rete “labile” si è coesa in una struttura organizzata, con un proprio brand, una propria riconoscibilità, una propria influenza su aderenti, lettrici, donne. Da poco, questo gruppo ha deciso di instituire un Seal of Approval, una sorta di marchio di garanzia da attribuire a prodotti “certificati” dalle twittatrici del gruppo come validi ed appropriati.
Review collettiva
Il processo di certificazione avviene attraverso una review collettiva sulla base di specifici criteri e si conclude con l’emissione del bollino di qualità che sicuramente può aiutare parecchio il prodotto approvato. E che dovrebbe sopratutto aiutare nella scelta, su internet e sul punto vendita, delle donne… sempre che siano sufficientemente tecnologiche da saper leggere un QR code (che è la forma fisica del sigillo apposto sul prodotto esposto nei negozi). Al momento il gruppo ha già approvato un “mop” (uno di quegli strofinacci evolouti per la pulizia dei pavimenti) anche se sembra si stia formando una coda fuori dalla porta, con in prima fila il gigante dei prodotti per la casa Procter&Gamble.
Per evitare poi inciuci strani, il network ha deciso che il bollino di qualità sarà a pagamento per le aziende: se vorranno far valutare il prodotto dovranno pagare una tassa, i cui proventi andranno alle madri (normalmente un panel di almeno 25 donne) che si prenderanno l’onore e l’onere di testare a fondo il prodotto.
Passaparola positivo
Non è il caso di stare a scomodare, per l’ennesima volta, cifre e ricerche che dimostrano come le persone, in rete, si fidano delle altre persone – specialmente quando si tratta di recensioni di prodotti. È un fatto della vita, ormai. Sempre più le nostre scelte d’acquisto sono orientate da forme di comunicazione e raccomandazione personali. Proprio quelle scelte d’acquisto che sono l’obiettivo del marketing delle aziende, che sulle nostre scelte d’acquisto vivono o periscono. Naturale dunque che il passaparola positivo, lo user generated marketing siano da tempo nel mirino delle aziende che (sottolineamolo, anche lecitamente se il prodotto è buono) hanno iniziato a capire come a volte valga di più un buon numero di commenti positivi di una campagna pubblicitaria. Cui la gente sembra credere in maniera progressivamente minore – e, anche qui, bisogna operare dei distinguo e non fare di tutta l’erba un fascio.
Da che mondo è mondo, ben prima di internet e ben prima della stampa, una buona parola può fare miracoli per rassicurarci delle virtù di un prodotto, specialmente se la buona parola viene da una persona influente. Nel mondo della pubblicità si sono percorse, in questa direzione, almeno tre strade: il testimonial famoso – che però spesso non c’entra nulla con il prodotto (anzi ci meraviglierebbe se lo usasse davvero) e non ha le competenze “tecniche” per dire cose sensate sulle sue qualità; il testimonial scientifico e autorevole, come un medico o un tecnico, che sembra essere ben attrezzato per rassicurarci sul prodotto; e il consumer della strada, quello che (almeno cosi ce lo propongono) usa davvero il prodotto ed essendo uguale a noi è ben titolato a dirci come stanno davvero le cose. Solo che, essendo impiegato nella pubblicita e quindi venendo probabilmente pagato per dire certe cose, la sua credibilità è quello che è.
Rischi e regole
Per chi poi ha figli, l’attenzione è probabilmente ancora maggiore. E per chi ha figli e crede nel valore di Internet come portatore di verità e obiettività, un’operazione come quella delle Twittermom rischia di essere davvero irresistibile. Naturale quindi che l’attenzione verso il potenziale di un endorsement così qualificato faccia gola alle aziende. Con il solito rischio: riuscirà questo eminente gruppo di donne a restare al di sopra delle tentazioni commerciali? E se anche esistono aziende eticamente abbastanza corrette, di certo ne esistono di quelle che lo sono meno, e che magari (forse le cose sono correlate) hanno a disposizione più fumo che arrosto, ovvero prodotti che si basano più sulla comunicazione che sulla sostanza. Un gruppo di influenza così rilevante è un invito alla seduzione. Del resto negli Stati Uniti non è di oggi la polemica sulla cooptazione dei blogger e la scrittura di regole su che cosa si può o meno fare, eticamente, nel mondo social-internettaro, influence oriented.