L’intervista a Glenn Rand e Tim Meyer, autori de Il ritratto fotografico, è andata diversamente dal previsto, rivelando punti di vista a volte persino divergenti. Abbiamo deciso di farne due interviste differenti, quasi con le stesse domande.
Oggi tocca a Glenn Rand, più conciso e netto; domani sarà la volta di Tim Meyer, più discorsivo e sui dettaglio. Si capisce come da due personalità tanto diverse sia uscito un libro completo e capace di svelare ogni aspetto della tecnica del ritratto. Ma veniamo al primo degli autori.
Apogeonline: Che cosa pensi faccia grande un ritratto?
Glenn Rand: Un grande ritratto salta all’occhio. La grandezza viene definita da come composizione, illuminazione, posa, istante dello scatto eccetera contribuiscono a catturare l’attenzione di chi vede. Il pubblico è la chiave della grandezza di un ritratto. La tecnica è sì importante, ma da sola non genera un grande ritratto.
Composizione, luce, umore, sfondo… quali di questi elementi sviluppi per primo quando lavori a un ritratto?
La cosa più importante per me è il concetto. Quali saranno lo scopo e la costruzione visiva del ritratto. Questo orienta le fasi successive del lavoro.
Quanti ritratti hai dovuto scattare per considerarti un esperto? Quanti scattarne per uscire dallo stadio del principiante?
Non sono un ritrattista specializzato, anche se ho realizzato ritratti per diverse pubblicazioni. Un bravo ritrattista deve voler scattare ancora un ritratto in più, sempre.
Meglio leggere ciascun capitolo de Il ritratto fotografico sequenzialmente oppure saltare di argomento in argomento in funzione dell’informazione che si sta cercando?
Non c’è bisogno di seguire un ordine di lettura. I capitoli sono essenzialmente autocontenuti. È però preferibile partire dai primi capitoli per i fotografi con meno conoscenza ed esperienza di ritratto.
I selfie sono diventati molto diffusi e in fondo sono una forma di autoritratto. Hai consigli per scattarne uno buono?
Autoritratto, ma non ritratto. Il concetto del selfie riguarda la qualità dell’immagine molto meno che l’attestazione della propria presenza in un luogo o di qualcosa che si sta facendo. Consiglio si scattare in bei posti e quando si fanno cose interessanti, con il proprio smartphone, senza preoccuparsi d’altro. Conta più il ricordo che il risultato.
Le fotocamere degli smartphone sono diventate sempre più evolute negli anni e alcune dispongono di una modalità ritratto. Sono state usate anche per foto di copertina. Pensi che sia possibile scattare ritratti di alta qualità con uno smartphone? Quali sarebbero i pro e i contro di una scelta come questa?
Credo non sia possibile. La tecnologia a bordo degli smartphone è buona, fatta eccezione per gli obiettivi. Questo pone limiti alle possibilità di governare illuminazione ed esposizione.
Domani pubblicheremo le risposte di Tim Meyer, coautore con Glenn Rand de Il ritratto fotografico.