La prima cosa che rimane in testa, una volta usciti dall’edizione 2013 di If Book Then, è un’assenza. Di formati, di standard, di ePub, HTML e XML non si è parlato praticamente mai. Lo stesso vale per ePub 3 o HTML5 – argomenti centrali dei convegni dello scorso anno – per le applicazioni – intese come strumento tecnologico – e per le API, uno degli argomenti cardine dell’ultimo TOC, che si è svolto poco più di un mese fa a New York.
La tecnologia viene data per scontata e la sensazione è di una maturità e consapevolezza finalmente conquistate: quasi che l’attenzione si sia spostata dal che cosa fare – quali prodotti, usando quali tecnologie – al come partecipare alla costruzione di un settore nuovo, non tanto strettamente legato ai libri (o agli ebook), quanto basato sulla distribuzione di servizi e contenuti, a prescindere dal loro contenitore.
Che un mercato digitale esista, del resto, è ormai un assunto. Ma è un mercato variegato, niente affatto dominio degli ebook, composto di contesti d’uso diversi e quindi di prodotti diversi, e le cui cifre parlano chiaro: il suo peso e la sua importanza crescono ovunque, anche più di quanto ci si aspettava. A essere in crisi è piuttosto l’editoria in generale, su scala globale.
L'india è anche l'unico Paese ad avere un mercato in crescita nel 2012 (+16%). L'italia segna -10.3% #ibt13
— Apogeo Editore (@apogeonline) March 19, 2013
Come se non bastasse, i margini di guadagno per gli editori continuano a diminuire: i libri costano sempre meno, gli ebook hanno da sempre margini piuttosto bassi e i ricavi delle loro vendite non sono sufficienti a compensare il calo generale.
Il modello di business classico – quello basato sulla vendita di contenitori, libri o ebook – non può portare il settore fuori da questa impasse. Servono soluzioni nuove: la più indicata vede gli editori trasformarsi in fornitori di servizi, soggetti in grado di distribuire contenuti diversi (o forme diverse dello stesso contenuto) per soddisfare esigenze variegate.
@javiercelaya: l’industria editoriale smette di essere basata sui contenuti, diventa un’industria di servizi (tecnologici) #ibt13
— Apogeo Editore (@apogeonline) 19 marzo 2013
Come raggiungere questo obiettivo? I dati sono uno dei due fattori che compongono la risposta a questa domanda.
I primi dati di cui c’è bisogno – buzzword a parte – sono quelli su cui costruire conoscenza e consapevolezza del contesto in cui ci si muove: dati di vendita, conversazioni online, condivisioni sui social network, comportamento dei propri concorrenti diretti e così via. Sulla base di queste informazioni è possibile pianificare strategie editoriali basate su indicazioni reali, riducendo i rischi e le possibilità di errore e andando incontro alla domanda dei nostri potenziali lettori: è il caso di Guardian Books, raccontato da Nick Sidwell. Detto in altre parole, i dati possono aiutarci a decidere sia cosa pubblicare sia come pubblicarlo meglio. Talvolta – è il caso del data journalism, di cui si parla da un po’ – i dati possono essere i contenuti veri e propri.
I dati fanno anche da ponte verso il secondo fattore determinante: i lettori. I metadati – lo ripetiamo da tempo – devono essere gestiti nel modo migliore possibile, utilizzati come strumento per aiutare e guidare le persone durante i loro acquisti online:
I lettori pensano ai metadati, anche se a modo loro, usando altri termini: è il prossimo libro che vogliono leggere #ibt13
— Apogeo Editore (@apogeonline) 19 marzo 2013
L’attenzione nei confronti dei lettori passa di sicuro anche attraverso la cura e la qualità dei prodotti: ne ha parlato a lungo Kassia Krozser, e a quanto pare è qualcosa che non si ricorda mai abbastanza. Del resto – osservando con sguardo più ampio – la prossima editoria cerca soprattutto di recuperare in ogni modo il valore fondante della comunità dei lettori, degli autori e dei professionisti del settore, riconoscendo in lei la sua vera forza, una risorsa insostituibile.
Inizia a prendere forma una tendenza forte per il futuro: persone al centro, collaborazione, apertura, confronto #ibt13
— Apogeo Editore (@apogeonline) 19 marzo 2013
È il caso di SocialBook, strumento di social reading nato per la didattica e l’apprendimento, che amplifica la naturale tendenza alla collaborazione e alla trasmissione di conoscenze e competenze tra studenti di corsi e anni diversi, o di Valobox, che ha in mente di ampliare il mercato, rendendo – potenzialmente – ciascuno di noi il nodo di una rete di vendita diffusa, fondata sulla presenza online di ognuno.
Il modello è: ognuno vende i libri che vuole – sul suo sito, sui social network, e ci si spartiscono i ricavi #ibt13
— Apogeo Editore (@apogeonline) 19 marzo 2013
In mezzo a tutto questo, qualcosa che hanno ripetuto in molti e a cui nessuno – a quanto pare – è disposto a rinunciare né mettere in discussione: il ruolo – il valore, l’importanza – dell’editore e del proseguimento della sua funzione, seppure con altri mezzi. Perché, come ha ricordato Edward Nawotka,
I dati possono dire il cosa. Il perché – perché si pubblica un libro – è compito degli editori #ibt13
— Apogeo Editore (@apogeonline) 19 marzo 2013