Identity Theft: cerchiamo di vederci chiaro
Come avevo promesso, mi rifaccio vivo con un argomento tristemente scottante. Ma innanzitutto è importante scindere i dati che vengono presentati. Da un lato si hanno le cifre che si riferiscono ad una analisi ottenuta tramite proiezioni conseguenti ad una ricerca eseguita per telefono su un campione non dichiarato di cittadini Statunitensi, dall’altro abbiamo cifre di effettive denunce alla polizia per avvenuto fatto. Perché la differenza tra le une e le altre è clamorosa.
L’indagine, eseguita per telefono, parla, per il 2003, di cifre da capogiro, di quelle che sempre giustificano un buon titolo in prima pagina. Negli ultimi cinque anni, circa 27,3 milioni di americani del Nord sarebbero stati vittima di Furto di Identità; 9,9 milioni solamente nel 2003. Solo per quanto riguarda lo scorso anno, 48 miliardi di dollari sarebbero andati in fumo. In queste cifre sono considerate anche quelle risultanti dalla credit card del padre presa a “prestito” dal figlio per soddisfare certe sue stravaganze, ed altri incidenti “più o meno domestici” del genere. Di quelli che poi non finiscono nella stazione di polizia perché si risolvono a porte chiuse. Infatti, per quanto riguarda il 2003, il 51% degli intervistati che hanno dichiarato essere stati vittima di un Identity Theft, affermano di conoscere l’identità del ladro.
Questa ed altre analisi la trovate sul sito dell’FTC, oppure su Consumer.gov.
Purtuttavia, sono cifre considerevoli, vicine ai bilanci di intere nazioni del Terzo Mondo.
Crescita del 30% delle denunce nel 2003
Qui invece vediamo quelli che sono i dati USA forniti dal Consumer Sentinel lo scorso gennaio. Si tratta delle denunce fatte alla polizia, dei procedimenti penali aperti, risolti oppure no: non sono più proiezioni, ma dati reali. Le cifre sono molto più modeste, ma pur sempre preoccupanti. Da tenere presente che la fonte di ambedue le statistiche è la stessa, la “Federal Trade Commission for the consumer”, che si occupa, appunto, del problema, sempre crescente, dell’Identity Theft. Preoccupante al punto che ho già visto dei cartelloni pubblicitari che invitano la gente a fare attenzione alle facili promesse di servizi o denaro…
Eccoci ai dati delle denunce. I paragoni fatti con i due anni precedenti danno una chiara idea di come le cose stanno procedendo: a fiume. Come tutte le attività di molto lucro e poco lavoro, la truffa dilaga allegramente, e la accresciuta facilità di comunicazione involontariamente aiuta. Ho focalizzato i dati su quello che viene definito Identity Theft, lasciando da parte gli altri tipi di truffa. Tutti questi dati sono relativi a denunce fatte al Consumer Sentinel, e io ve li presento paro paro.
Identity theft negli anni 2001-2002-2003
2001- denunce: 86.212
2002- denunce: 161.836
2003- denunce: 214.905 – di cui 166.617 relative ad attività Internet. Circa 200 milioni di dollari finiti nelle tasche dei truffatori Internet.
Crescita del 30% circa rispetto al 2002, ma “attività” che rappresenta il 42% delle truffe riportate, mentre nel 2002 era il 40%.
Lettura di questi dati? Le truffe in genere aumentano, e quelle Internet pure, ma queste ultime sono tutto sommato stabili rispetto al quadro globale.
In questo quadro le aste Internet la fanno da padrone con il 48% dei casi, poi si parla del 20% per vendite tramite catalogo, 8% per i servizi di accesso Internet, 6% per siti porno ed un incredibile 4% di “Offerte di Denaro dall’Estero”. Ebbene sì, i famosi messaggi “… sono la vedova del presidente dello Zimbabwe, ecc. ecc.”. C’è ancora chi ci casca! Stiamo parlando di circa 6.500 “polli” che nel 2003 hanno abboccato! (Ma cosa lavoro a fare io?).
E poi le cifre vanno a scendere: 2% computer e 2% opportunità di lavoro. In ogni caso, resta il fatto che, come molto traffico di merci e denaro passa attraverso le aste online (eBay, ecc.) è qui che si ritrova la maggior parte di pescatori di gonzi da spennare. Apro una parentesi: per chi ancora non lo sapesse, il nome eBay deriva dal fatto che la ditta ha sede a San Francisco, e quindi ecco la “e” che tanto spesso si trova nei nomi di attività Web, + il “Bay”, la Baia di San Francisco, per l’appunto. Chiusa parentesi. Vista così direi però che la situazione non stupisce: pur con tutte le sicurezze attivate, il rapporto non diretto tra le persone e l’anonimato favoriscono sempre l’inganno. Una volta era il vicolo buio: passi di lì, ti danno una botta in testa e ti portano via il portafoglio. I tempi cambiano.
Acc! Qualcuno si è appropriato della mia identità. E cosa se ne fa?
In linea di massima l’identità rubata viene sfruttata per creare una nuova carta di credito (19,2%. Era il 24% nel 2002) oppure usarne una già esistente (12%, stabile). Oppure per telefonare a nostre spese soprattutto con il cellulare (10,4%) mentre un altro 10,6% resta al telefono fisso, gas, luce ed altro. Tutto questo stabile rispetto al 2002. Altro uso possibile è il trasferimento di fondi, la creazione di nuovi conti bancari ecc.: un 17% (idem 2002) che offre una chiara idea di come non sia sempre necessario mettere mano al portafoglio per vedere scomparire i nostri soldi. Parmalat insegna, ma questa è altra storia.
Abbiamo poi i crimini legati al lavoro, 11,1%, oppure infrazioni varie relative a tasse, patenti di guida ed altri documenti contraffatti: un totale dell’8%, tutto stabile rispetto al 2002. E poi altri utilizzi vari dell’identità altrui che vanno a fare un 25%. Troviamo anche un 8% di “tentato furto di identità”: questi li hanno presi, o almeno fermati, prima che potessero fare danni. Meglio di niente.
Ma chi sono questi (babbaloni) che si fanno fregare?
Gente normale, nessuna sorpresa, nessuna categoria particolare. Per il 4% al di sotto dei 19 anni, mentre la fascia maggiore del 75% va per chi è in “età produttiva”, dai 20 ai 50 anni, e poi scende. Rubare l’identità a chi ha 60 anni e più, non viene molto considerato, viste le statistiche.
Forse il truffatore valuta che si tratta in genere di persone che hanno troppo tempo libero per controllare il proprio estratto conto e quindi non sono molto vantaggiosi. Ma, a parer mio, desterebbe subito maggiori sospetti la permanenza di un mese nel migliore hotel di Paris, l’acquisto di una super moto o di un laptop ultima generazione.
Sta di fatto che il target preferito è nella fascia di età di chi guadagna e spende di più, e soprattutto ha e si crea più bisogni per spendere e investire. Quindi, ha più rapporti con istituti finanziari. Ma in ogni caso stiamo sempre parlando di gente comune, perlopiù di persone con una buona situazione di credito, e non necessariamente con un conto in banca con molti zeri.
Ma che paura! E cosa posso fare per proteggere me e i miei risparmi?
Proteggere? Non se ne parla neanche. Forse può ancora funzionare il metodo antico, quello della pentola con i dobloni d’oro dentro, seppellita in giardino. In un mondo dove il denaro circola liberamente e dove nulla è più segreto, e dove tutto è “facilmente” raggiungibile, il rischio ci troviamo a doverlo correre tutti.
Neanche il fatto di non avere una carta di credito può aiutare più di tanto. Qui negli USA le banche offrono una buona copertura per chi si è trovato in questi casini, e la polizia è efficace. Per quelli che sono i casi in cui sono entrato in contatto (o direttamente capitati…) tutto si è poi risolto per il meglio. Tanto il danno delle banche finirà tutto nelle spese generali, come per i furti al supermercato.
E neanche demonizzare Internet serve, alla fine, perché se non ci fosse Internet (e voi riuscireste a farne a meno? Ah! Voglio vedere!) ci sarebbe sempre il telefono (con i telemarketer aggressivi o insinuanti, o gentili, e poi vi fottono…) e senza il telefono, ci sarebbe la posta (… hai vinto un milione di dollari! Telefona subito al numero verde…) e alla fine, rinchiusi nella nostra cascina sui colli Romani, potremmo sempre vedere spuntare da una curva della strada un’auto nera di un fantomatico “Monsignore” che viene a cercare il tesoro nascosto da un peccatore pentito, guarda caso proprio nel nostro orto, tanti anni prima…
Chi non ha acchiappato il riferimento, può vedere qui, o qui.
E se proprio vogliamo possiamo andare a comprarci il software “Identity Protector”, che per 39,99 dollari promette di proteggere i nostri dati personali.
Ma per il resto, tiriamo a campare, e beviamoci su un bel bicchiere di latte fresco!
Per approfondire si veda Consumer Sentinel